Scomparsi i cordoni ombelicali

Nella banca di sangue cordonale vengono conservate le unità di sangue cordonale. E' anche la struttura che si occupa della loro distribuzione presso il Centro Trapianti di Midollo dov'è ricoverato il paziente per il quale l'unità di sangue è stata selezionata. Le cellule staminali emopoietiche sono le cellule che hanno la capacità di generare le cellule del sangue e i suoi elementi (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Tali cellule sono presenti nel midollo osseo, che è il principale organo emopoietico, nel sangue periferico, e nel sangue cordonale.  E’ una nuova frontiera della bioetica che riguarda migliaia di famiglie italiane al di fuori dei confini nazionali, perché da noi è possibile conservare il cordone ombelicale solo in strutture sanitarie pubbliche. “E' stata denunciata dall'Ufficio federale della Sanità pubblica elvetico (Ufsp) per violazione della legge sui trapianti e inadempimento degli obblighi di notifica e di cooperazione la Cryo-Save, un'azienda privata che si occupa della conservazione di sangue da cordone ombelicale con sede in Svizzera – riferisce l’Ansa -. Nella vicenda potrebbero essere coinvolte 15 mila famiglie italiane che, a pagamento, vi hanno depositato il sangue cordonale e non ne hanno più notizia”.

Trasferimento di sede in Polonia

La Cryo-Save di Plan-les Ouates, ricostruisce l’Ansa, disponeva dal 2016 di un'autorizzazione per l'importazione, l'esportazione e la conservazione di cellule staminali ricavate dal sangue cordonale ma già in agosto è stata radiata poiché la filiale era stata cancellata dal registro di commercio del Canton Ginevra. La società infatti aveva trasferito in Polonia le cellule staminali conservate, secondo le sue stesse indicazioni, e i referenti non risultavano più raggiungibili dalle autorità. La vicenda, che al momento riguarda i clienti di Cryo Save, apre tuttavia nuovi scenari poiché in Italia sono più di 40 mila le famiglie che negli ultimi dieci anni hanno deciso di far conservare in una banca del sangue estera il cordone ombelicale raccolto al momento del parto. I numeri, precisa l’Ansa, vengono forniti dalle regioni ma, spiegano al Centro nazionale Sangue, sono frammentari e sicuramente sono più alti di quelli comunicati. Si aggirano invece intorno alle 50 mila le cosiddette donazioni autologhe, ossia i prelievi di sangue cordonale che, secondo i casi previsti dal decreto ministeriale del 2009, possono essere utilizzati per il neonato con una patologia al momento della nascita, o per un consanguineo con una malattia per il quale risulti appropriato l'utilizzo di cellule staminali da sangue cordonale.

Nessuna evidenza scientifica

“In assenza di patologie, la raccolta autologa di sangue cordonale per un futuro utilizzo non ben specificato in Italia non è prevista, ecco perchè le famiglie decidono di fare la conservazione all'estero”, spiega all’Ansa il direttore del Centro nazionale Sangue Giancarlo Liumbruno. “Ma – sottolinea – al momento non c'è alcuna evidenza scientifica sull'utilità di mettere da parte il sangue cordonale per possibili future patologie, cioè per un utilizzo profilattico”. Sul caso interviene anche il vice-ministro della Salute Pierpaolo Sileri: “Personalmente sono d'accordo nel dare la possibilità a tutti di donare con maggiore semplicità ed avere una banca solidale molto più ampia”, dice. “Bisogna però ricordare che si è sempre cercato di scoraggiare un sistema di raccolta individuale e privato per due motivi fondamentali: è improbabile che chi decide di conservare le cellule staminali ne abbia davvero bisogno personalmente in futuro e le prove scientifiche dimostrano che i risultati migliori provengono dalle cellule di un soggetto compatibile ma diverse dal paziente stesso”. E chiarisce, “Poi se una patologia insorge nel bambino a distanza di poco tempo dal taglio del cordone ombelicale il sangue potrebbe contenere già cellule malate. Penso dunque che vada incentivata la raccolta di unità di sangue cordonale per aumentare la varietà genetica considerando che già oggi la grande maggioranza dei pazienti trova un compatibile”. In Italia i punti di prelievo sono 270 e si trovano nei reparti di ostetricia. Le banche cordonali sono 18 in dieci regioni e le sacche possono essere conservate per dieci anni. All'estero, dove il servizio è a pagamento, la conservazione può durare per sempre.

Ingenuità

“È davvero utile conservare per sé le cellule staminali presenti nel sangue del cordone ombelicale? – si chiede Famiglia Cristiana -. La polemica a livello internazionale è scoppiata violentemente quando a scagliarsi contro gli interessi delle banche private del cordone ombelicale è stato un luminare della medicina rigenerativa americana come Irving Weissman, direttore dell’ istituto di Biologia delle cellule staminali  dell’ università americana di Stanford. L’ accusa ha fatto subito il giro del mondo: dietro promesse di miracolosi poteri terapeutici si nasconderebbe un business che sfrutta la disinformazione e l’ ingenuità di tanti genitori in apprensione per salute dei figli”.

Le promesse delle banche

“Ma allora che fare del cordone ombelicale?”, si interroga il settimanale dei Paolini in un dossier dedicato al tema. Donarlo “altruisticamente” o conservarlo per il proprio figlio? E’ il dilemma in cui può imbattersi la futura mamma poco prima del parto. Qual è la scelta più giusta e, insieme, più utile? Per il mondo della scienza non ci sono dubbi: l’ unica opzione sensata è la donazione a fine solidaristico. Ma, da qualche tempo, molte sono le madri che decidono di conservare il sangue cordonale per sé, affidandolo, a pagamento, a biobanche private  estere, con la  convinzione che le cellule staminali “emopoietiche” contenute nel cordone posseggano enormi poteri terapeutici. Ma le promesse delle banche sono supportate da rilevanze medico-scientifiche? Pare di no, e secondo gli specialisti del settore, l’ unica certezza dietro alle campagne promozionali pro-conservazione del cordone, con tanto di ingaggio di testimonial, sarebbe un appetibile  giro d’ affari per chi si offre di congelare il sangue cordonale (SCO) a colpi di migliaia d’ euro. “Fino a qualche tempo fa la questione non si poneva nemmeno: il cordone ombelicale era un’appendice, che al momento della nascita di un bambino non aveva più ragion d’essere e, perciò, veniva gettato – evidenzia famiglia Cristiana -. Da anni, invece, si sa che il sangue contenuto in esso contiene una buona quantità di cellule staminali “emopoietiche” di origine midollare, cioè che possono dar vita ad altre cellule di sangue, in grado di rigenerare un midollo osseo colpito da gravi malattie o esposto a trattamenti radio e chemioterapici”.

I dubbi della scienza

“Negli ultimi 15 anni il trapianto di midollo osseo è divenuto un’ importante possibilità terapeutica per gli ammalati di leucemia, linfomi e mielomi. Da dieci anni si è osservato che il prelievo del midollo osseo poteva essere sostituito con la semplice raccolta delle sole cellule staminali ematopoietiche di un donatore sano, quelle appunto del sangue contenuto  nel cordone ombelicale di un neonato”, spiega al settimanale della San Paolo il dottor Martino Introna, direttore del laboratorio di terapia cellulare “G. Lanzani” presso la divisione di Ematologia agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Da qui la costituzione di banche per la conservazione del cordone ombelicale (a oggi, nel mondo, sono circa 400 mila i campioni crioconservati e disponibili al trapianto, in un centinaio di banche. E sono oltre 28 mila quelli conservati nelle banche pubbliche italiane).

Tre tipi di donazione

Esistono tre tipi di donazione di Sco quella volontaria e altruistica (detta “allogenica solidale”), che si effettua, in Italia, presso una banca pubblica e che mette a disposizione questo sangue per chi un giorno potrebbe averne bisogno, attraverso un Registro internazionale dei donatori; la conservazione “allogenica dedicata”, su precisa indicazione medica, in favore di un familiare malato del donatore; e infine la conservazione “autologa”, fatta cioè per poter utilizzare le cellule cordonali per curare lo stesso donatore in un secondo momento. Ma, precisa Famiglia Cristiana, se l’ impiego “solidale” delle cellule staminali cordonali “è ormai ampiamente consolidato dalla letteratura scientifica, con comprovata documentazione d’ efficacia”, come afferma il presidente di Gitmo (Gruppo italiano per il trapianto del midollo osseo) Alberto Bosi, “lo stesso non si può affermare per la conservazione autologa”. Il Gitmo, infatti, ha ribadito anche di recente la “non utilità” di questa opzione poiché non esiste finora alcuna evidenza che le cellule staminali del SCO conservate possano essere d’ utilità per lo stesso neonato donatore. Nonostante ciò, le strutture private accreditate alla conservazione delle cellule  cordonali continuano a  “bancare” le sacche di sangue di chi opta per l’ uso autologo: nel 2009 sono state 18 mila le donne italiane che si sono rivolte alle banche estere. In Italia, infatti,  la legge vieta questa possibilità, e in base alle nuove disposizioni dettate da un decreto ministeriale del 2009, prevede esclusivamente la donazione altruistica presso strutture pubbliche, salvo l’ eccezione di poche malattie genetiche per le quali è consentita la “conservazione familiare dedicata”.

Il giro d’affari all’estero

Contro le biobanche private estere, puntualizza famiglia Cristiana, sono scesi in campo autorità mediche, le associazioni di volontariato (Adoces, Adisco e Admo), quelle che raccolgono i familiari dei pazienti emopatici neoplastici. “Finora nessuna unità di sangue raccolta e stoccata nelle banche private ed esportata all’ estero è stata utilizzata dal donatore. Si tratta, quindi, di una commercializzazione del corpo umano purtroppo permessa dalla legge italiana attraverso il meccanismo dell’ autorizzazione ministeriale. Una specie di truffa legalizzata. In Francia, per esempio, la legge è molto più restrittiva e vieta in modo assoluto l’esportazione del sangue cordonale”. La denuncia è di un “esperto del ramo” come il professor Licinio Contu, già professore ordinario di Genetica medica dell’ Università di Cagliari e professore associato di Ematologia all’ Università di Cagliari e di Parigi, uno dei massimi esperti scientifici in materia di donazione del sangue del cordone ombelicale, nonché presidente della Federazione Italiana AdoCeS (Associazione italiana donatori cellule staminali), che promuove tra l’ altro anche la donazione delle cellule staminali emopoietiche da cordone ombelicale, spiega Famiglia Cristiana: “Prima di effettuare una donazione a favore di una banca pubblica vengono fatti accurati controlli sulla donna che deve partorire. Ad esempio non possono donare donne che hanno avuto una gravidanza inferiore alle 36 settimane. Vi è quindi una prima scrematura delle possibili donazioni. Successivamente vengono fatte analisi sul sangue cordonale, con il risultato che sul totale delle donazioni fatte quello effettivamente stoccato è compreso fra il 25% e il 30%”.