Rivive San Venanzio, basilica-simbolo del cratere

Camerino

Agiugno ha fatto il giro del mondo l’immagine di Papa Francesco col caschetto di sicurezza tra i terremotati di Camerino, in preghiera nella cattedrale inagibile. Agli sfollati il Pontefice, visibilmente commosso, sospirò: “Il rischio è che, dopo il primo coinvolgimento emotivo e mediatico, le promesse vadano a finire nel dimenticatoio”.

Segno di rinascita

Un primo segno di rinascita di un territorio martoriato dal sisma arriva adesso dalla riapertura della Basilica di San Venanzio, fortemente danneggiata e resa inagibile dal sisma del 2016. Il 15 dicembre torna a risplendere di nuova luce, dopo i lavori di ricostruzione e la cerimonia sarà presieduta dall’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, nunzio apostolico in Italia. “E’ un avvenimento molto importante per la nostra comunità e non solo per i credenti- afferma a In Terris l’arcivescovo di Camerino-San Severino Marche e amministratore apostolico di Fabriano-Matelica-. E’ un importante segno di rinascita per tutto il territorio. La basilica è la più grande chiesa di tutta la diocesi e una delle più grandi di tutto il cratere. La ricostruzione è stata possibile grazie alla donazione di una fondazione privata”.  Monsignor Massara, alla guida delle due diocesi marchigiani, è alle prese con una doppia emergenza: la ricostruzione post-sisma a Camerino e la piaga della disoccupazione dovuta alla deindustrializzazione a Fabriano.

Boom di suicidi e morti precoci

L’arcivescovo Massara evidenzia “la grandezza di questo gesto in un territorio con 350 chiese inagibili su 500 e con oltre 3 mila opere d’arte nei depositi”. Il sisma, aggiunge, “ha distrutto chiese e case canoniche” e , come ha segnalato anche Papa Francesco nella sua visita di cinque mesi fa all’arcidiocesi marchigiana, “mancano centri di aggregazione, punti sociali di incontro”. Inoltre, puntualizza il presule, “in questi tre anni, e senza che i mass media abbiano riferito i contorni di questa immane tragedia collettiva, ci sono stati oltre venti suicidi, un aumento del 73% di antidepressivi e del 53% di decessi degli anziani”. E ciò perché “i terremoti sono stati tre”, evidenzia il presule: “Il terremoto strutturale, i cui effetti tangibili sono sotto gli occhi di tutti, il terremoto interiore che coinvolge l’anima e la mente di chi ha vissuto il sisma e il terremoto delle promesse che calpesta la dignità delle persone”.

In tempi brevi

La riapertura di San Venanzio, che “è la chiesa più grande del territorio e del cratere”, è stata “offerta da una fondazione privata del Nord Italia che ha preferito non dare pubblicità al proprio sincero gesto di carità”. Il fatto che la basilica marchigiana riviva, puntualizza l’arcivescovo Massara, “rappresenta un segno di luce e speranza per tutte le zone colpite dal sisma” ma è anche “la dimostrazione che la ricostruzione post-terremoto può essere realizzata in tempi brevi”. I lavori a San Venanzio, infatti, “sono iniziati a marzo e sono stati ultimati adesso con un costo pari alla metà di quanto previsto dai finanziamenti stimati dallo Stato”.

Costi dimezzati

Era stata fatta dalla macchina pubblica della ricostruzione una previsione di spesa di 4 milioni di euro, mentre  San Venanzio è stata ristrutturata con due milioni e duecentomila euro di investimento. Un modello per il resto del cratere. “Non sprechiamo denaro, abbiamo concluso i lavori nei tempi stimati e oltre a riaprire al culto un importante edificio di culto si offre alla popolazione un’opera di socializzazione in un territorio nel quale, dopo il sisma, mancano completamente i punti di aggregazione e di incontro”.

Per il futuro dei giovani

L’arcivescovo ringrazia “chi ha offerto la ristrutturazione, il parroco, le maestranze e i volontari che hanno collaborato a partire dalle piccole cose spicciole, come garantire le pulizie quotidiane nel cantiere”. La ricostruzione “non è un’illusione o un sogno da rincorrere e realizzare con il contributo di tutti, dalle istituzioni ai singoli cittadini”. Così il sogno, spiega monsignor Massara, “è divenuto realtà per il futuro dei nostri giovani”.  Inoltre, aggiunge il presule, “la comunicazione è fondamentale perché non muoia il nostro territorio”. Monsignor Massara ha appena incontrato il premier Giuseppe Conte richiamando nel colloquio la necessità di sostenere un tessuto socio-economico messo in ginocchio dal sisma perché “case e chiese senza attività produttive si riducono a musei vuoti, a edifici senza vita”.

Un presule in prima linea

Un anno e mezzo fa papa Francesco ha nominato come nuovo arcivescovo monsignor Francesco Massara, del clero della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, fino al luglio 2018 parroco di San Pantaleone Martire a Limbadi (in provincia di Vibo Valentia). Massara è nato a Tropea (provincia di Vibo Valentia), in Calabria, il 1° luglio 1965. Dopo aver conseguito la licenza liceale classica presso il Liceo Pasquale Galluppi di Tropea (1983), ha intrapreso gli studi universitari di filosofia presso La Sapienza di Roma e quelli di biblioteconomia ed archivistica presso l’Archivio Segreto Vaticano, conseguendo, nel 1988, il relativo diploma. Essendo già presente a Roma per ragioni di studio, nel 1988 è entrato nel Pontificio Seminario Romano Maggiore come alunno della sua diocesi natia ed ha frequentato la Pontificia Università Lateranense, dove ha conseguito il baccellierato in teologia (1992) e la licenza in dogmatica (1994). È stato ordinato sacerdote il 17 aprile 1993, incardinandosi nel clero di Mileto-Nicotera-Tropea. È stato assistente del Pontificio Seminario Romano Maggiore di Roma dal 1992 al 1995; direttore del Centro diocesano vocazioni della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea dal 1995 al 1998; parroco della parrocchia di San Nicola Vescovo a Vazzano (Vv) dal 1996 al 2004; membro del Consiglio presbiterale diocesano dal 1996 al 1999; membro del Consiglio pastorale diocesano dal 1996 al 1999; collaboratore Caritas diocesana dal 1996 al 2003; fondatore e responsabile delle cooperative di lavoro diocesane dal 1997 al 2003; responsabile dell’Ufficio amministrativo diocesano dal 1999 al 2003; revisore dei conti Idsc dal 2001 al 2004; economo generale del Pontificio Seminario Romano Maggiore e segretario del Consiglio amministrazione associazione missionari imperiali dal 2006 al 2017. Dal febbraio 2017 è parroco di San Pantaleone Martire a Limbadi (Vv) e vice-direttore dell’Ufficio amministrativo diocesano; membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Don Mottola e membro eletto del Consiglio presbiterale e regionale.

Doppio incarico

Lo scorso luglio Papa Francesco lo ha nominato amministratore apostolico della diocesi di Fabriano-Matelica. La diocesi marchigiana era retta da monsignor Stefano Russo, diventato segretario della Cei, rimasto tre mesi come amministratore apostolico. La Santa Sedenon ha ancora deciso   cosa accadrà: l’arcivescovo Massara potrebbe rimane in attesa della nomina di un nuovo vescovo per la diocesi di Fabriano-Matelica oppure si procederà, più avanti, all'unificazione delle diocesi e alla rivisitazione dei confini. “Le due diocesi, seppure sotto la guida di un unico vescovo, continueranno a portare avanti in modo separato le reciproche amministrazioni – ha scritto monsignor Russo in una nota – in vista anche di una diversa conformazione territoriale, che porterà a una revisione dei confini”. Mons. Russo saluta e ringrazia tutti per quanto fatto in questi anni. “Ringrazio il Signore per avermi dato la possibilità, seppure per un tempo limitato, di guidare come pastore questa Chiesa locale, ricca di fede e di storia, che ha saputo portare frutti abbondanti al bene comune dell'intera società”. Della possibile soppressione della Diocesi Fabriano-Matelica si parla da anni.