Righini (YSBC Urbino): “Con la cooperazione si può realizzare una società più giusta”

L’intervista di Interris.it alla professoressa Elisabetta Righini, referente scientifico dello Yunus Social Business Centre dell’università di Urbino

L’economia che segue principalmente la logica del profitto ormai concentra la gran parte della ricchezza nelle mani di pochi e non sembra essere in grado di dare risposte efficaci ed efficienti alle urgenti questioni che la realtà contemporanea pone davanti agli occhi di tutti, dalle fortissime disuguaglianze economiche e sociali all’insicurezza alimentare e alla malnutrizione. Dai conflitti sparsi per il mondo allo sfruttamento incontenibile delle risorse, umane e materiali, di quella che papa Francesco ha definito, nella sua enciclica “Laudato Si’”, la nostra “casa comune”. Tutte crisi che si trascinano da anni e che hanno conosciuto un’esplosione e un’accelerazione con la crisi generata dalla pandemia di Coronavirus su tanti livelli, sanitaria, sociale, economica, occupazionale. Il Pontefice ci esorta ad assumere il paradigma dell’ecologia integrale, un modello che riunisce l’attenzione all’ambiente con quella per l’uomo, e a dare un’anima all’economia. E questa la si può trovare nell’altruismo,nella solidarietà, nella cooperazione. Il premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, l’economista bengalese insignito del prestigioso riconoscimento nel 2006 per aver ideato e realizzato il microcredito moderno, ritiene che l’attuale sistema tenga conto solo dell’agire egoistico degli individui, trascurando le spinte altruistiche proprie di ciascuna persona: l’altruismo può rappresenta la chiave di volta per un’economia che punti a un benessere sociale collettivo diffuso. Yunus ha quindi teorizzato il social business, con cui si intende un modello di impresa che punti, attraverso la sostenibilità e l’autosufficienza economica, a raggiungere obiettivi sociali vantaggiosi per le comunità. Dall’idea del business sociale è nata la rete internazionale degli Yunus Social Business Centre, organizzazioni che seguono lo sviluppo di imprese sociali tese a risolvere i problemi del loro territorio, studiano, approfondiscono e divulgano le teorie del “banchiere dei poveri”. Tra queste, ci sono anche quattro università italiane, quella di Firenze, quella della Basilicata, la Ca’ Foscari di Venezia, la Carlo Bo di Urbino. Il Centro di ricerca dell’Ateneo della città che ha dato i natali al “divin pittore”, Raffaello, è nato cinque anni fa. Ne racconta la genesi a Interris.it la professoressa Elisabetta Righini, referente scientifico del Centro che fa capo al  Dipartimento di Giurisprudenza. “Nel 2018 Yunus era in visita in Italia e lo incontrammo, presentandogli il nostro progetto ‘Impresa e cultura. La cultura come motore per lo sviluppo economico e sociale’. Si dimostrò interessato e ci coinvolse nel suo network”. “Le attività del Centro”, spiega ancora la docente, “sono quelle di ricerca scientifica, con ricadute positive sulla didattica e la divulgazione esterna tramite iniziative culturali aperte a tutti”.

L’intervista

Professoressa Righini, quali sono le teorie economiche di Yunus?

“E’ colui che ha inventato il microcredito moderno e il business sociale, oltre che essere lui stesso, a conti fatti, un imprenditore sociale. Se già nel tardo Medioevo con il Monte di pietà i francescani erogavano prestiti a condizioni eque, negli anni Settanta in Bangladesh Yunus ha messo in pratica l’idea di dare dei finanziamenti alle persone più povere e analfabete dei villaggi rurali confidando nelle loro capacità lavorative, invece che sulle garanzie, e negli anni Ottanta ha fondato la Grameen Bank, la cosiddetta ‘banca dei poveri’. L’istituto dava credito attraverso il finanziamento comunitario a gruppi composti da cinque donne, poiché riteneva le donne moltiplicatrici di ricchezza, in cui ciascuna di loro riceveva un prestito ma erano responsabili in gruppo. Il tasso di restituzione dei finanziamenti raggiungeva il 98%. Per Yunus il social business può aiutare il mercato a rinnovarsi in senso sociale perché si basa su una spinta di carattere altruistico e ha a sua volta un effetto moltiplicatore. Il business sociale può consentire di risolvere problemi di vario tipo, sociali, ambientali, sanitari, occupazionali, a costi sostenibili per le persone destinatarie dei servizi, mentre gli eventuali profitti vengono reinvestiti per migliorarne l’efficienza”.

L’economista bengalese auspica un cambiamento in chiave altruistica dell’economia e papa Francesco ci esorta a darle un’“anima”. Quali sono i punti di contatto tra i loro messaggi?

“Uno è il rispetto per l’uomo e per gli ultimi. Per Yunus i poveri non sono diversi dagli altri e non dobbiamo scartare nessuno, come dice il Papa. Un altro è l’ambiente, perché i danni del cambiamento climatico fanno sentire i propri effetti innanzitutto sulle popolazioni più povere. Il pontefice, inoltre, lo ha anche chiamato a partecipare alla sua iniziativa Economy of Francesco. Yunus ritiene che il motore delle azioni umane è quello che ci muove interiormente, è attraverso il cambiamento interiore che possiamo cambiare il mondo. Secondo lui oggi le economie parlano solo dell’egoismo dell’uomo, ma le persone agiscono anche in termini pro-sociali”.

Rincari, diseguaglianze, effetti del cambiamento climatico, salute. Con quale approccio si può cercare una soluzione a questioni di tale rilevanza?

“Il mondo richiede soluzioni unitarie e complesse, per arrivare a una società più giusta dobbiamo pensare ad agire in cooperazione e non in competizione. La globalizzazione è un fenomeno con tante ricadute che non sappiamo sempre gestire, siamo abituati a pensare che ha aiutato lo sviluppo di alcuni Paesi e l’impoverimento di altri, mentre da un lato la ricchezza si concentra e le diseguaglianze aumentano. E su queste agiscono fenomeni destabilizzanti come la pandemia e il cambiamento climatico. Si deve affrontare ogni singolo problema per dare un aiuto nell’immediato, ma al livello internazionale occorre cooperare”.

Il vostro centro si trova a Urbino, la città che ha dato i natali a Raffaello. Quale relazione può tenere insieme l’economia, l’arte e la cultura?

“Urbino è una città paradigmatica, resa importante da Guido da Montefeltro, dove si è verificato il ‘rinascimento matematico’, una riflessione filosofico-matematica alla ricerca di una regola nella natura e nel mondo: la regola della bellezza. Urbino è un centro sviluppatosi in maniera armoniosa e dovrebbe essere preso a modello. La relazione che le tiene insieme è il dialogo tra la scienza, la tecnologia, l’umanesimo e la filosofia. Dobbiamo riuscire a cogliere il positivo delle nuove tecnologie e la ricchezza che nasce dall’educazione e dalle doti umane”.

Quali sono i vostri progetti e le vostre iniziative per far conoscere temi come il microcredito e l’educazione finanziaria anche ai non “addetti ai lavori”?

“Di recente abbiamo curato un’opera lirica teatrale, ‘I dimenticati’, dove si parla di questi temi. In generale cerchiamo di far ricadere le nostre attività accademiche anche a livello sociale. Organizziamo corsi di formazione per docenti delle scuole superiori, organizziamo webinar, collaboriamo col Comitato nazionale dell’educazione finanziaria”.