Ricerca e assistenza: una Biobanca contro la Sla

Tremilaseicento pazienti in Italia, addirittura mille ogni nuovo anno: sono i numeri che stimano, in modo piuttosto preciso, la diffusione nel nostro Paese della sclerosi laterale amiotrofica, meglio nota come Sla. Una malattia considerata rara ma che, negli ultimi anni, ha iniziato a essere meglio conosciuta negli ambienti sanitari italiani, dove i ricercatori continuano senza sosta il loro lavoro per tentare di trovare un argine agli effetti neurodegenerativi che porta, affliggendo le condizioni di vita nel paziente ma incidendo in modo significativo anche su chi a esso è vicino. Secondo l'associazione Viva la Vita onlus, che offre programmi di sensibilizzazione e assistenza sulla malattia, la distribuzione è piuttosto eterogenea a livello geografico, più settoriale sul piano demografico, considerando che colpisce prevalentemente una fascia adulta della popolazione. Ma, al di là dei numeri, ciò che davvero assume rilevanza è come, nell'opera di contrasto, si inserisca non solo il settore della ricerca (fondamentale) ma anche e soprattutto quello assistenziale: fornire ascolto e ridurre la distanza non solo fra medico e paziente, ma anche con la sua famiglia.

Studio e umanità

Creare un filo diretto, fatto di vicinanza concreta a chi vive il dramma della malattia, è un passaggio importante, forse il più delicato per chi agisce in contrasto alla malattia sia per coloro che l'affrontano. Un nesso che richiede anzitutto un'informazione dettagliata, una consapevolezza sugli effetti e sul decorso… Ma anche un'assistenza morale, un supporto concreto che possa prestare orecchio a quanti sentano il bisogno di condividere il peso di difficoltà così grandi. In questo si inserisce il progressivo sviluppo della ricerca sulla malattia, che possa fornire adeguate risposte ai dubbi di quanti vivono, direttamente o indirettamente, le drammatiche conseguenze di un male di cui, nella stragrande maggioranza dei casi, non si conosce l'origine e per il quale non esistono cure note. Un incentivo alla ricerca è quello che ci si propone con la creazione della prima Biobanca nazionale sulla Sla, situata al Policlinico Gemelli e presentata nella giornata di ieri alla presenza del premier Giuseppe Conte. “Un'infrastruttura di ricerca”, fondata dall'Associazione sclerosi laterale amiotrofica (Aisla) e inaugurata per fornire un supporto fondamentale alle attività di laboratorio, dal momento che conserverà i campioni biologici (dna, cellule, plasma) dei pazienti affetti dalla malattia: “La nostra gente guarda al futuro con speranza – ha spiegato il presidente Aisla, Massimo Mauro – e, ad oggi, l’unica risposta possibile è la ricerca”.

Ricerca trasversale

Un network della ricerca in sostanza, accessibile agli scienziati impegnati nello studio della Sla e mirata non solo alla standardizzazione del processo e dello stoccaggio dei campioni ma anche a costituirsi come un punto di partenza per la sperimentazione di possibili farmaci di contrasto: “La Biobanca – ha spiegato Giovanni Raimondi, presidente di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs – è un nuovo importante tassello di questo mosaico di struttura d’avanguardia, la cui realizzazione è un esempio di fruttuosa sinergia tra industria, strutture ospedaliere e associazionismo per il raggiungimento di risultati nella ricerca di cure contro la Sla”. Una spinta importante a creare una maggiore consapevolezza sugli effetti della malattia, utilizzando i dati a disposizione per lavorare in direzione di uno sviluppo di possibili terapie, “sempre nel rispetto dei criteri di corretta gestione e conservazione dei campioni, sia dal punto di vista etico che di gestione dei dati sensibili, clinici e biologici, dei pazienti”.

Un passo avanti

Non è un caso che il progetto Biobanca si ponga come trasversale rispetto a tutte le realtà sociali impegnate nella lotta alla sclerosi laterale amiotrofica, coinvolgendo tutti quegli aspetti (da quello assistenziale a quello sanitario) di cui il paziente e la sua famiglia hanno bisogno. E questo nonostante l'infrastruttura lasci trasparire quasi esclusivamente dei connotati tecnici, necessari però in quanto costituiscono la pietra angolare sulla quale costruire il resto della struttura organizzativa di supporto agli affetti dalla malattia, dall'opera di sensibilizzazione fino all'informativa sulla ricerca, allo scopo di non lasciar mai spegnere la speranza, come spiegato dal presidente dei Centri Clinici NeMO, Alberto Fontana: “NeMO pone al centro ogni giorno il bisogno della persona, mantenendo sempre lo sguardo rivolto al futuro. E, con la nascita della prima Biobanca nazionale per la ricerca sulla Sla, non possiamo che festeggiare un importante passo avanti nella ricerca. Una ricerca che parte dal contributo e dal valore di ogni persona che vive la malattia”.

Portatori di speranza

Aspetti tecnici a parte (10 contenitori per la crioconservazione capaci di contenere fino a 380 mila campioni biologici, conservati a vapore d’azoto con una temperatura compresa tra i -20°C e i -190°C), del progetto Biobanca resta il fondamentale contributo all'organizzazione dell'attività di ricerca, in grado in tal modo di rendersi accessibile a chiunque sia in grado di offrirle un contributo, sviluppando il percorso di studi su un piano orizzontale e accessibile. Nel suo libro “Attaccante nato”, Stefano Borgonovo definiva questa malattia “un inquilino silenzioso (abita dentro di me ma l'affitto glielo pago io)”. Una frase divenuta un emblema, poiché ben descrive un male che colpisce senza farsi sentire e sulle cui cause si lavora ogni giorno, tentando di dare una risposta a quella che, per ora, si conosce solo come una degenerazione della cellula motoneuronale e che, ogni anno, arriva a colpire mille persone, incidendo però inevitabilmente sulla vita di molte di più. Su coloro che lottano per chi amano, naturalmente, combattendo sconforto e sofferenza per essere a loro volta portatori di speranza.