Prostituzione, quella rete criminale che lega l'Italia alla Libia

C'è persino l'ombra dei riti voodoo fra i capi d'accusa che pendono sul capo di cinque nigeriani, portati davanti alla Corte d'assise di Perugia per tratta di essere umani finalizzata alla prostituzione. Secondo l'accusa, i cinque avrebbero soggiogato diverse giovani donne introducendole “illegalmente in Italia” e, quindi, costringendole a prostituirsi.

La vicenda

I fatti si riferiscono al biennio 2015-17, quando il gruppo di presunti criminali avrebbe avuto contatti con diverse donne, alcune delle quali minorenni, al solo scopo di indurle alla prostituzione. Le vittime, provenienti dalla Nigeria, erano inserite in questa “rete criminale” sin dal loro Paese d'origine. Nel periodo antecedente la traversata dalle coste libiche, le donne sarebbero state sottoposte a ripetute violenze e privazioni che ne avrebbero minato l'integrità fisica e psicologica. La sudditanza psichica, unita alla giovane età, avrebbero giocato un ruolo determinante nella sottomissione delle donne ai loro carnefici.

Una rete criminale

Giunte in Italia attraverso imbarcazioni di fortuna, le donne erano spostate in diversi centri d'accoglienza prima di essere condotte a Perugia, dove erano venivano costrette a prostituirsi. Questa ricostruzione svelerebbe una rete criminale ramificata in Libia e Italia, che consentiva ai carnefici – secondo quanto ricostruisce l'accusa – un rapporto indiretto con le famiglie delle stesse vittime per costringerle a saldare il debito contratto alla partenza. Attraverso riti voodoo, infatti, le donne erano irretite spinte dal timore di una ritorsione verso i loro cari. Stando all'accusa, ad alcune di loro era anche fornito un prontuario su come rispondere davanti alla commissione per il riconoscimento dello stato di rifugiato o del diritto d'asilo.

Violenza estrema

Le testimonianze di alcune delle vittime tracciano resoconti di estrema violenza. Alcune donne – riferisce PerugiaToday – erano schiaffeggiate o prese a morsi perché consegnassero l'incasso di una giornata intera. Altre ricordano la somministrazione di farmaci ed alcol che potessero provocare l'aborto in caso di gravidanza inattesa. 

L'impegno di don Aldo

È per porre fine a questa tratta indiscriminata delle donne che don Aldo Buonaiuto, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, continua il suo accorato appello alle istituzioni della società civile perché si fermi questa “piaga vergognosa della tratta”. Per sollecitare il dibattito pubblico e mediatico, il sacerdote di frontiera, protagonista in prima linea del difficile e doloroso cammino di molte donne, ha pubblicato il libro Donne CrocifisseIl testo gode della prefazione dello stesso Papa Francesco, che condanna l'atto criminale della tratta come “un vizio schifoso, che confonde il fare l'amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme”. 

È possibile acquistare il libro Donne Crocifisse al seguente link: www.donnecrocifisse.it