Noa: “E’ stato deciso di lasciarmi andare”

Troppe persone qua da noi si buttano sotto i treni e la gente si lamenta. Lo Stato ha preso in mano la vita delle persone. Non c’è famiglia, non c’è Dio”, una fonte olandese di In Terris ha descritto con queste parole il contesto in cui Noa Pothoven è morta. La ragazza era nata nel 2001 nella città di Arnhem. Da anni soffriva di depressione post traumatica in seguito a delle violenze subite in età adolescenziale che le causava anoressia e insonnia. Domenica scorsa, nel letto di ospedale allestito nel salotto della sua casa, la ragazza è morta di stenti, assistita da un’equipe di medici che sembra le abbia indotto una dolce morte. Per questa ragione il ministero della Salute olandese ha avviato “un'ispezione sanitaria per verificare se è necessario aprire un'indagine” per accertare “il tipo di cure ricevute da Noa e se ci sia stato qualche errore”.

“La ragazza era famosa in Olanda – racconta ad In Terris un cittadino olandese che parla italiano – da anni lottava per avere strutture dedicate al ricovero di minori che vivono la sua stessa situazione” a cui il governo di Amsterdam non fornirebbe l’assistenza necessaria. Per raccogliere fondi per questa causa Noa aveva deciso di raccontare la sua terribile esperienza in un libro intitolato “Winning or Learning” (Vincendo o Imparando). “Anche se c’è ancora molta confusione intorno alla morte della ragazza, moltissimi conoscevano la situazione, sapevano che stava affrontando.  Anche domenica stessa i siti ne hanno parlato”, racconta una terza fonte ascoltata da In Terris. La stessa madre, come riporta l’agenzia Sir, aveva parlato più volte con la stampa, accusando il sistema sanitario olandese di “enormi liste di attesa” per ricevere le cure specialistiche e l’assistenza necessaria per gli adolescenti che soffrono degli stessi disturbi di Noa.

L’addio su Instagram

I profili della giovane, dopo la pubblicazione del libro, erano diventati il suo mezzo principale di comunicazione, da lì la scelta di affidare ad Instagram il suo testamento: “Dopo anni di combattimenti la guerra è finita. Dopo molte conversazioni e valutazioni è stato deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile. È finita. Non sono davvero viva da così tanto tempo, sopravvivo, e nemmeno quello. Respiro ma non vivo più”.

I numeri

In Olanda nel 2017, oltre ai 6.585 casi di eutanasia, si sono suicidate 1.900 persone e altre 32mila sono arrivate alla morte con sedazione terminale molto anticipata. Come scritto in una inchiesta del The Guardian un quarto di tutte le morti nel Paese (150mila circa) sono state indotte dall’uomo stesso. Come rileva La Bussola Quotidiana: su 6.126 casi nel 2018 “quasi 70 persone hanno ottenuto l’eutanasia non solo pur non essendo malate terminali, ma anche non soffrendo di alcuna patologia che non fosse relativa a condizioni psichiatriche”.

Le reazioni

La legge sull’eutanasia è entrata in vigore dal 2001, “fino ad oggi però almeno ufficialmente non si era verificato un caso come quello di Noa, caratterizzato da disturbi psichiatrici. Evidentemente la breccia apparentemente aperta solo per alcuni casi, ha trascinato con sé molto di più di quello che aveva stabilito” ha commentato a In Terris Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita. “Fa riflettere quanto scritto da Noa su Istagram: ‘non ero viva da troppo tempo, sopravvivevo e ora non faccio più neanche quello. Respiro ancora, ma non sono più viva’. Quanti potrebbero dire la stessa cosa, in momenti difficili della vita dove l’angoscia e il buio sembrano prendere il sopravvento? La risposta non dovrebbe assecondare la morte organizzandola, né in ospedale né a domicilio, ma ridare, per restare in tema, la vita a chi si trova nella sofferenza: cura e amore; amore e cura”. 

Una questione affrontata anche da Emilio Carelli, senatore del Movimento 5 Stelle, in un post su Facebook: “La libertà di decidere non ci esime dall’obbligo di fare tutto il possibile per spingere una ragazza di 17 anni a vivere – spiega l’ex direttore del Tg5 -. Assecondare la morte di una ragazzina significa rinunciare ad aiutare chi ha subito un trauma gigantesco. La vita è un dono unico Non possiamo rinunciarvi. Spero che la legge italiana non consenta mai una possibilità del genere”. 

Parla di sconfitta la leader di Fratelli di Italia Giorgia Meloni, che in un post su Facebook si è detta sconvolta: “Noa Pothoven ha chiesto e ottenuto l’eutanasia. Noa aveva 17 anni. Era stata stuprata, e non si era mai ripresa. La sua morte è una sconfitta per tutti: è la sconfitta di un’intera civiltà che ha smesso di difendere la vita, è la sconfitta di un’Europa che non riesce a stare a fianco alle donne vittime di violenza. Con la morte di Noa il suo stupratore ha vinto due volte. E non è giusto”, ha concluso Meloni. 

Anche il tweet della Pontificia Accademia per la vita parla di una sconfitta: “La morte di Noa è una grande perdita per ogni società civile e per l’umanità. Noi dobbiamo sempre affermare le ragioni positive per la vita”.

Dello stesso tenore le dichiarazioni di Antonio Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente del Congresso di Verona e di Pro Vita & Famiglia. “Non si parli di ‘civiltà’, perché piuttosto come dice il Papa l’umanità è chiamata a non abbandonare mai chi soffre. In Italia, a parte questo caso, sta per arrivare la legge sull'eutanasia e fa davvero rabbia, di fronte a questo straziante ‘spreco di vita’ e di sofferenza vedere come, in questi giorni, i soliti giornali fanno a gara a chi è più allineato col pensiero unico. Noi ci stiamo preparando a una campagna senza precedenti contro chi vuole una legge letale parlando di rispetto per la libertà. Statene certi: nessuno di noi sarà rispettato, saremo tutti inutili e soli appena ci sentiremo fragili o saremo depressi”.

La senatrice Pd Giuditta Pini, invece, parla apertamente di fake news messe in circolo da esponenti politici: “Non è quindi un caso che oggi in Italia molti quotidiani abbiano ripreso in maniera scorretta la vicenda. Non è un caso che lo si faccia riportando acriticamente una falsa notizia postata da Giorgia Meloni. Ovviamente Noa non si è suicidata con l'eutanasia, che le era stata negata. La storia è più triste e complessa di così” scrive su Facebook la senatrice.

Anche Papa Francesco ha espresso un pensiero sulla vicenda in un tweet: “L'eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza“.