Luca Polidori: “Il Papa e Greta? Un ponte tra due mondi”

E'uno dei tanti ragazzi italiani che è andato all’estero per lavorare e mettersi in gioco. A Bruxelles, oltre all’impiego, ha conosciuto Greta Thunberg. Ma soprattuto è uno dei giovani che ha fatto nascere l’hashtag “fridaysforfuture” in Italia.

Luca Polidori, partiamo dall’inizio: come ha conosciuto Greta?

“Al nostro primo incontro, che si è svolto nella capitale belga, ero insieme a molte altre persone. Abbiamo parlato solo di tematiche ambientali e problemi climatici. Non di strategie per raggiungere i nostri obiettivi. Per dirla con Machiavelli, si è discusso del fine ma non del mezzo. Infatti spero che Greta continui ad usare le parole che l’hanno fatta diventare un vero e proprio catalizzatore, senza cambiare la sua visione d’insieme. Altrimenti sarebbe pericoloso”.

Cosa ci dice dell’incontro tra Papa Francesco e Greta?

“Non è la prima volta che vediamo il Papa sposare la tematica ambientale. Un po’ ce l’aspettavamo, avendo visto come si era attivato in passato. E' stato un incontro importante perché riconosce anche dal punto di vista religioso che il mondo è uno e che dobbiamo rispettarlo. Se da una parte dobbiamo comportarci secondo i valori cristiani, dall’altra servono soluzioni scientifiche per risolvere il problema del cambiamento climatico. L’ho visto come un ponte molto bello tra questi due mondi”.

Qual è il rapporto tra Greta e l’Italia?

“Il suo viaggio ci ha motivato veramente tanto, perché ha incontrato tanti di noi che le hanno dato il benvenuto. Vuol dire che non abbiamo soltanto colto le sue parole. Infatti, in seguito al 15 marzo (giorno dello sciopero che ha riempito tutte le piazze italiane ndr), ha apprezzato molto come ci siamo mossi per avere il maggior seguito possibile”.

Che sensazione ha avuto nella tre giorni di Greta a Roma?

“E' stato stupendo vedere che le istituzioni hanno accolto quello che è nato pochi mesi fa. Il messaggio di Greta, in modo repentino, ha penetrato un po’ tutti gli strati del sistema Italia”.

Cosa ha fatto e sta facendo il nostro Paese per il cambiamento climatico?

“L’Italia non può essere paragonata ad altre nazioni europee, specialmente a quelle del Nord del continente. Per esempio, certi articoli di stampa hanno confrontato Italia e Olanda. Comparazione inutile. L’attuale governo è sicuramente più concreto rispetto ad altri: penso al decreto salva mare che speriamo possa diventare legge il prima possibile. Aggiungo anche che abbiamo un tavolo di lavoro che dialoga con l’esecutivo”.

Scusi in che senso?

“Il progetto è nato grazie all’incontro tra 25 ragazzi che avevano scioperato il 15 marzo, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa e il premier Giuseppe Conte. In pratica c’è un gruppo Whatsapp dove la portavoce del ministro è molto attiva. Infatti avanziamo proposte, a titolo individuale, che vanno direttamente sulla scrivania del Ministro. E questo dialogo ci rende felici”.

Dai numeri sembra che le nuove generazioni italiane siano realmente consapevoli e interessate alla sfida posta dal clima. È davvero così?

“Pochi sono consapevoli. In realtà è facile capire il tema, facile mobilitare le persone dicendo “moriremo tutti”. Però, approfondendo il discorso un numero esiguo di persone, soprattuto i giovani, sa dire cosa c’è da fare esattamente. La consapevolezza in realtà è l’unica arma che oggi possiamo utilizzare per far sì che questi mesi di lavoro non finiscano nel dimenticatoio. Perché adesso non basta più dire: “Non state facendo niente”. L’approccio deve diventare più preciso e spinto verso le soluzioni”.

Come funziona il “fridaysforfuture” italiano?

“A livello internazionale quando si parla di “fridaysforfuture, tutte le persone sanno che non è direttamente collegato a Greta. È un altro movimento che si ispira a Greta, come ce ne sono tanti altri. In Italia questa visione non c’è più perché non si sa a chi ci riferiamo quando parliamo del caso italiano. Una situazione che è andata in contrasto con quello che aveva fatto attivare me ed altri ragazzi. Cioè l’appello di Greta di partire dal basso, andando con il proprio cartellone in piazza, senza capi”.

In che modo si radunano 25mila persone a Piazza del Popolo?

“Fare quello che abbiamo fatto in un tempo senza internet sarebbe stato probabilmente impossibile. Quando lavori con i social network lanci delle iniziative, parole chiave che portano in maniera facile e comprensibile a capire perché bisogna andare in piazza. Voglio sottolineare che il 15 marzo è stata una palla di neve che ha avuto un effetto valanga, dove alla base di questa valanga c’è Greta. Poi un grande aiuto ci è stato dato dalla campagna di comunicazione che siamo riusciti a realizzare. La semplicità, inoltre, è stato un altro elemento di questo successo. Infine la stampa ci ha dato un’enorme mano a far vedere che ci stavamo muovendo.”