Lavoro nero nelle campagne, giro d'affari da oltre 4 miliardi

Oltre trentamila persone in tutta Italia vengono trattate come schiave per lavorare la terra; circa un'azienda agricola su quattro ricorre alla mediazione dei caporali per reclutare lavoratori; donne e bambini costretti a lavorare sotto il sole per più di dieci ore “retribuiti” con soli venticinque euro al giorno. E' la fotografia scattata dall'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil che ha presentato il Quarto Rapporto su Agromafie e Caporalato. Il testo, come i precedenti, fa il punto sull’economia illegale nel settore alimentare. A due anni dall'ultimo report, i numeri non sono cambiati: sfruttamento e caporalato in agricoltura producono un giro d’affari pari a 4,8 miliardi di euro. Altri 1,8 miliardi all’anno, invece, riguardano l’evasione contributiva.

Il report

La ricerca condotta dall'Osservatorio ha coinvolto 14 Regioni e 65 province con l'obiettivo di tracciare i flussi stagionali di manodopera e gli epicentri delle aree a rischio caporalato e sfruttamento lavorativo. Censiti oltre 80 epicentri di rischio, di cui 36 ad alto tasso di sfruttamento lavorativo, da nord a sud. Il caporalato è fortemente diffuso su tutto il territorio nazionale: oltre alle Regioni del Sud Italia (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), forte l'esplosione del fenomeno al Centro-Nord, in particolare in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Lazio. Sempre di più il caporalato si associa ad altre forme di reato (gravi sofisticazioni alimentari, truffa e inganno per salari non pagati, contratti di lavoro inevasi, sottrazione e furto dei documenti, gestione della tratta interna e esterna dei flussi di manodopera, riduzione in schiavitù e forme di sfruttamento lesive persino dei più elementari diritti umani). Circa 400 mila persone in tutta Italia, di cui circa 100 mila (prevalentemente stranieri) sono costrette a subire forme di ricatto lavorativo e a vivere in condizioni fatiscenti. Il caporalato in agricoltura, dunque, ha un costo per le casse dello Stato in termini di evasione contributiva non inferiore a 420 milioni di euro l'anno, con tanto di quota di reddito (circa -50% della retribuzione prevista dai contratti nazionali e provinciali di settore) sottratta dai caporali ai lavoratori, che mediamente percepiscono un salario giornaliero che si attesta tra i 25 euro e i 30 euro, per una media di 10-12 ore di lavoro, tutto nell'illegalità o nel sommerso parziale. I caporali, però, imporrebbero anche le proprie tasse giornaliere ai lavoratori: 5 euro per il trasporto, 3,5 euro per il panino e 1,5 euro per ogni bottiglia d'acqua consumata. Da gennaio a novembre del 2012 sono 435 sono le persone arrestate per reati che vanno dalla riduzione in schiavitù alla tratta e commercio di schiavi, dall'alienazione e acquisto di schiavi. Dall'entrata in vigore della norma che istituisce il reato di caporalato le persone denunciate o arrestate sono solo 42. La metà degli arresti al centro-nord.

Illegalità nel settore agroalimentare

Le principali attività illecite delle mafie in relazione al settore agroalimentare: estorsioni, usura a danno degli imprenditori, furti, sofisticazioni alimentari, infiltrazione nella gestione dei consorzi per condizionare il mercato e falsare la concorrenza. Emergono numerose inchieste della magistratura su questi fronti, ma nel mirino della magistratura inquirente anche la gestione dei mercati generali, del trasporto e della logistica in tutta la filiera, dell'export dei prodotti di qualità commercializzati in tutto il mondo. Purtroppo, però, ci sono anche quelli di pessima qualità nel mirino della criminalità organizzata. La contraffazione alimentare è aumentata del 128% negli ultimi dieci anni, un giro d'affari di circa 60 miliardi quello legato al fenomeno dei prodotti definiti Italian sounding e alla speculazione dell'Italian branding. Sono 27 i clan2 che si occupano attivamente di business legati alle ecomafie, alle agromafie e al consumo del territorio dovuto all'abusivismo edilizio e sversamento illegale dei rifiuti. Un giro d’affari, quelle delle Agromafie dunque, che secondo operatori istituzionali e della società civile si aggira tra i 12 e i 17 miliardi di euro l'anno, circa il 10% dei guadagni della criminalità mafiosa, così come quantificato dalla Commissione Antimafia. 

La voce delle Istituzioni e il Sindacato di strada

Nell'ultima parte del report si possono trovare due interviste ai procuratori capo di Caserta e Foggia, due dei territori maggiormente coinvolti dai fenomeni di sfruttamento lavorativo e dal caporalato in agricoltura. Poi due storie di lavoratori che hanno deciso di ribellarsi al ricatto, denunciare i propri sfruttatori e trovare un'alternativa nella legalità, come raccontano Ioana e Tonino. Poi le testimonianze dirette dei sindacalisti impegnati nelle tante frontiere italiane: dalle esperienze di un nord sempre più coinvolto rispetto al passato, a quelle di un sud in cui l'assenza dello Stato spesso vede proprio nel sindacato uno dei primi e unici punti di riferimento. È il caso del sindacato di strada, dei tanti progetti avviati sui territori in rete con tante realtà associative e della società civile, a partire da “Invisibili delle campagne di raccolta”.