La trappola delle sette

Fare del male agli altri mi faceva sentire importante, accettato. Per la prima volta nella mia vita non mi sentivo solo. Solo oggi mi rendo conto di quanto, invece, lo fossi e di quanto dolore ho causato”. Andrea (il nome è di fantasia) descrive così la lunga discesa all'inferno che lo ha portato, per anni, a essere membro attivo di una setta satanica. Un'infanzia difficile la sua. Lutti, complessi rapporti familiari. Quella rabbia covata nel profondo, la voglia di rinnegare tutto. Vuoti nell'anima che si era illuso di colmare dando confidenza a quel gruppo di ragazzi che sembravano interessati a lui, alle sue capacità. Era il prodromo di un abisso da cui oggi sta faticosamente risalendo. 

In trappola

Di vicende come la sua, in Italia, se ne trovano più di quanto è possibile immaginare. Migliaia di persone ghermite, manipolate, sfruttate. Eppure quello delle sette, sataniche e non, è un fenomeno di cui si parla troppo poco sui mezzi di comunicazione. Per l'estrema delicatezza della materia, per il clima di colpevole omertà costruito attorno vittime, ma anche per la paura. Di parlare, raccontare, senza temere per la propria vita o sentirsi assaliti da un profondo, asfissiante, sentimento di vergogna

Il fenomeno

I dati, però, parlano da soli: secondo don Aldo Buonaiuto – sacerdote esorcista e responsabile del servizio antisette dell'Apg23 – al numero verde (800-228866) voluto da don Oreste Benzi per offrire un aiuto concreto alle vittime possono arrivare sino a “15 chiamate al giorno, oltre 5 mila l'anno“. Ma cosa sono e come funzionano queste organizzazioni? Per setta si intende, in generale, un gruppo criminale che sia autore di condotte abusanti nei confronti di altre persone, in particolare attraverso la commissione di reati. Il minimo comune denominatore fra realtà (per scopo e ispirazione) spesso diversissime tra loro è rappresentato dalla manipolazione e il condizionamento mentale, che porta l'adepto a una condizione di alienazione. Ciò avviene, solitamente, attraverso un percorso di allontanamento dai rapporti familiari, sostituiti dalle relazioni esistenti all'interno della comunità. Un processo di indottrinamento, associato talvolta alla presenza di simbologie magiche o pseudo-religiose, serve a consolidare il legame e a eliminare ogni possibile resistenza. Centrale è, poi, la figura del leader, che instaura con le vittime un canale privilegiato di comunicazione. Altro elemento comune è la situazione di isolamento in cui verrà a trovarsi l'adepto, convinto che il senso di appartenza al gruppo vada a soddisfare il suo bisogno di ascolto. C'è poi il controllo mentale, esercitato attraverso un attento monitoraggio dello stile di vita, del pensiero, dei rapporti interpersonali e dei canali di comunicazione. Durante il processo di inserimento, la vittima, perde poi coscienza delle violazioni commesse nei suoi confronti. Il percorso di recupero, per chi ne esce, è lungo e tortuoso: difficile superare il trauma, mentre il rischio di una ricaduta è sempre dietro l'angolo. 

L'evento

Per informare l'opinione pubblica sul fenomeno oggi, presso l'Aula Giubileo dell'Università Lumsa di Roma andrà in scena il convegno “La trappola delle sette“, organizzato dall'Associazione Comunità “Papa Giovanni XXIII”, in collaborazione con Polizia di Stato, Lumsa e Consorzio Universitario Humanitas. Dopo i saluti istituzionali – affidati al Magnifico Rettore dell’Università Lumsa, Francesco Bonini, al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, card. Angelo Becciu, al Responsabile generale dell’Associazione Comunità “Giovanni XXIII”, Giovanni Paolo Ramonda, e al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro, Otello Lupacchini – si sta svolgendo il dibattito, moderato dal giornalista Rai Piergiorgio Giacovazzo. Vi prendono parte il responsabile della squadra antisette della Polizia di Stato, Francesca Capaldo, la professoressa ordinaria di Psicologia presso l’Università La Sapienza di Roma Anna Maria Giannini e don Buonaiuto. Le strategie di contrasto adottate saranno, invece, illustrate da Vittorio Rizzi, direttore della Centrale anticrimine della polizia. Non mancheranno le testimonianze di vittime. L'evento sarà chiuso dall'intervento del ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Obiettivo sarà sensibilizzare sul tema per incrementare segnalazioni e denunce. “Su questi abusi c'è ancora troppa omertà – spiega amaro don Buonaiuto – chi sa deve parlare”.