Kenya: i giudici fermano la chiusura del campo profughi più grande al mondo

Un’Alta Corte del Kenya ha annullato la decisione con la quale il governo aveva disposto la chiusura del campo profughi di Daadab, il più grande al mondo. Secondo i giudici l’ordine dell’esecutivo era discriminatorio, eccessivo, arbitrario e sproporzionato.

Il sito, che ospita oltre 260 mila rifugiati somali, doveva chiudere lo scorso novembre, ma Nairobi aveva disposto una proroga di sei mesi per “motivi umanitari“. Il campo ha infatti dato ospitalità a milioni di persone, in fuga dalle guerre.

Contro il provvedimento del governo si erano mosse diverse ong e gruppi della società civile, avvertendo che l’eventuale chiusura avrebbe prodotto una crisi umanitaria in Somalia, afflitta da lotte intestine e dagli attacchi terroristici dei qaedisti di Al-Shabaab.

Da parte sua Nairobi ha sempre difeso la sua decisione, sostenendo che essa tutelava la sicurezza visto che il campo di Daadab ha spesso offerto rifugio ai miliziani jihadisti.

A protestare contro la chiusura sono stati in particolare due organizzazioni umanitarie come la Commissione nazionale del Kenya per i diritti umani e Kituo Cha Sheria, che hanno potuto contare sul supporto di Amnesty International.

La sentenza è stata accolta con favore da Muthoni Wanyeki, direttore regionale di Amnesty per l’Africa Orientale, il Corno e i Grandi Laghi. “Oggi è un giorno storico. Oltre 250 mila profughi rischiavano di essere costretti con la forza a tornare in Somalia, dove avrebbero potuto subire violazioni dei diritti umani” ha commentato. “Questa sentenza riafferma l’obbligo giuridico costituzionale ed internazionale del Kenya di proteggere le persone che cercano la sicurezza dai pericoli e dalle persecuzioni – ha proseguito – fermare la chiusura del campo profughi di Daadab è un primo passo essenziale per il rispetto e la tutela dei diritti dei rifugiati in Kenya. Ora Nairobi e la comunità internazionale dovranno lavorare per trovare soluzioni alternative per i rifugiati, tra cui quella dell’integrazione“.