“Io, sacerdote, ho dato l'unzione degli infermi ad Alfie”

“Non potevo portare Alfie in Chiesa ma abbiamo portato la Chiesa ad Alfie”. Sono parole di estrema poesia quelle pronunciate a La Nuova Bussola Quotidiana da Thomas Evans, papà del piccolo inglese che i medici e i giudici vogliono far morire per il suo “miglior interesse”. Le ha pronunciate dopo che padre Gabriele Brusco, sacerdote cattolico italiano, si è recato in ospedale e ha impartito l’unzione degli infermi ad Alfie.

Padre Gabriele ha 46 anni, vive a Londra, dove lavora nella diocesi di Westminster. Ha deciso di partire in treno ieri, 16 aprile, per raggiungere l’Alder Hey Hospital di Liverpool e svolgere il suo ministero in una situazione di emergenza, per dare concretezza al concetto per cui la Chiesa è madre. Infatti il piccolo Alfie, cattolico battezzato, può morire da un momento all’altro per il distacco del sostegno vitale e, fino a ieri, non aveva ricevuto l’unzione degli infermi.

“Ho visto l’articolo di Benedetta Frigerio (inviata de La Nuova Bussola Quotidiana a Liverpool, ndr) e ho voluto informarmi”, spiega il prete a In Terris. “Nel caso non avessero incontrato nessun sacerdote – continua -, sarei potuto andare nel mio giorno libero, il lunedì”. Padre Gabriele non aveva alcuna certezza che sarebbe riuscito a raggiungere la stanza di Alfie e impartire il sacramento. “Sarei comunque andato a pregare e a visitare Liverpool. Alla fine non ho visitato Liverpool”, commenta.

Già, perché padre Gabriele è entrato, accolto amabilmente dai familiari, ha impartito l'unzione degli infermi al piccolo, che aveva un Rosario posato su un piedino e una croce in legno tra le braccia. “I genitori sono giovani e battaglieri – racconta -. Amano il figlio, la sua vita non si mette in discussione. La mamma Kate è dolce, Thomas è inquieto ma ha principi chiarissimi”. Inquietudine che, come inevitabile, è aumentata poche ore dopo la visita di padre Gabriele, quando la Corte d’Appello ha autorizzato i medici a rimuovere la ventilazione assistita che consente ad Alfie di vivere. Il martello dei giudici si è abbattuto e ha ostacolato la volontà dei genitori di trasferire il figlio al “Bambino Gesù” di Roma, disposto a farsene carico.

“Si sta attaccando la vita di un innocente con astrusi ragionamenti pagani, e il principio di autorità che origina in Dio ma che si manifesta nella famiglia”, sostiene padre Gabriele. Che aggiunge: “Eliminando Dio, famiglia e sacralità della vita, la nostra società malata non si rende conto che sta annichilendo la sua stessa esistenza. I giudici stanno solo manifestando ciò che si è incubato in anni di relativismo intellettuale e morale”. Il sacerdote, che non esita a definire questo un caso di “eutanasia”, ritiene che l’assurdo stia prevalendo sulla logica: “Come si può dire che sia nel ‘miglior interesse’ del bambino morire anziché avere convulsioni, che per i medici potrebbero avvenire, ma anche non avvenire, durante il trasferimento in un altro ospedale..?”.

Nonostante tutto, la fiamma della fede e della speranza resta accesa. Padre Gabriele guarda metaforicamente al cielo e dice: “L’unzione si fa per la guarigione dell’anima più che del corpo, ma non si esclude il miracolo. Nel quale io spero vivamente”.