Il dramma delle donne in Guatemala

C'è un'emergenza più profonda che si staglia oltre il confine fra Messico e Stati Uniti. È un fenomeno invisibile, portato alla luce da un reportage del The New York Times che ne ha mostrato la drammatica realtà: è la storia di tante donne guatemalteche che fuggono dal loro Paese per sottrarsi alla morte. In Guatemala, i casi di violenza domestica sono aumentati negli ultimi tempi e il problema è affrontato solo marginalmente dal governo guatemalteco.

La storia di Lubia

Il quotidiano statunitense riporta la storia straziante di Lubia Sasvin Pérez, una diciassettenne incinta che ha visto sua madre uccisa dall'ex-ragazzo, Gehovany Ramirez, dopo una violenza perpetrata a colpi di machete. Oggi la mamma di Lubia non c'è più e provvedere al porprio bambino è molto difficile per una ragazza adolescente. Per quanto riguarda il suo aguzzino, invece, i giudici lo hanno condannato a quattro anni di carcere: una condanna da molti ritenuta inadeguata se si considera la sua condotta violenta e pluriomicida. Secondo quanto stabilito dai magistrati, fra tre anni Ramirez avrà il diritto di far visita a suoi figlio, subito dopo il rilascio. 

La giovane Lubia con suo figlio in Guatemala . Foto © Meridith Kohut per The New York Times

Giustizia e diritto d'asilo

Stordito dalla sentenza e scosso dal terrore, il padre di Lubia ha deciso di vendere i suoi averi e partire alla volta degli Stati Uniti. Ora – come riporta il The New York Times – vive a San Francisco e sta cercando di chiedere l'asilo per la figlia e il nipote. Eppure, l'amministrazione Trump ha di recente imposto un rallentamento su tali pratiche ritenendole, spesso, semplici pretesti per ottenere la cittadinanza statunitense. Non sono di questo avviso i legali che si occupano di casi relativi ai migranti: i casi di violenza domestica sono frequenti e spesso gli esiti sono drammatici. “Come può esserci giustizia?” si domanda Lubia, che ora vive nel terrore che il suo ex-ragazzo possa fare nuovamente del male a lei e al suo piccolo.

Femminicidi in aumento

La storia di Lubia getta uno squarcio sul dramma delle violenze alle donne e i femminicidi. Si calcola che ogni anno in America Latina vengano uccise 100.000 persone, molte delle quali nelle zone più periferiche delle megalopoli e città. Mico-criminalità, cartelli del narcotraffico e gang latine alimentano contesti gradualemente sempre più violenti, dove sono spesso le donne a pagarne il fio: in America Latina e nei Caraibi si concentrano 14 delle 25 nazioni col più alto tasso di femminicidi secondo quanto reso noto dal rapporto sulla armi di piccolo calibro. Epicentro di tali violenze è proprio l'America Centrale: in Guatemala, il tasso di omicidi per le donne supera di tre volte la media globale, a El Salvador, sei volte, in Honduras addirittura dodici. In tutta l'area, la violenza delle donne è così diffusa che diciotto Paesi latini hanno approvato un pacchetto di leggi per proteggerle, istituendo una classe di omicidi ad hoc, nota col nome di “femminicidio”, allo scopo di inserire sanzioni più severe.

Le esequie della diciottenne Cristina Yulisa Godínez, ritrovata impiccata e con le mani legate in casa –
Foto © Meridith Kohut per The New York Times

Chiusura al confine

I femminicidi in America Centrale hanno un riflesso sui flussi migratori verso gli Stati Uniti. Per questo motivo, l'ex procuratore generale, Jeff Sessions, lo scorso anno ha imposto come prioritario valutare con più accuratezza i casi di violenza domestica: alla base, v'è l'idea che molti migranti utilizzino quest'espediente per ottenere asilo in suolo statunitense. Secondo i legali che si occupano di migrazione, un precedente esiste: si tratta di un caso che risale a cinque anni fa, quando una donna guatemalteca in fuga dalla violenza domestica è risultata ammissibile per la domanda di asilo negli Stati Uniti: Session ha annullato il precedente e lo scorso anno il procuratore generale, William P. Barr, ha reso ancora più arduo chiedere asilo sulla base del ricongiungimento familiare.
Un caso strettamente analogo a quello di Lubia, che agogna di unirsi al padre insieme a suo figlio per sfuggire a un'onda violenta, e che trova ostacolo non soltanto nei muri tanto declamati, ma anche nella giustizia.