Il dramma dei 'figli dell'Isis' dimenticati

Da quando l'autoproclamatosi stato islamico in Siria è stato disgregato dalle forze curde e da quelle statunitensi, migliaia di miliziani e loro familiari hanno affollato estesi campi profughi. Ora, però, le operazioni militari condotte dalla Turchia contro le forze curde hanno generato una nuova ondata di violenze che ha indebolito il controllo sull'intero settore nord-est del Paese, paventando il rischio di un ritorno del califfato.

Prigioni sempre più affollate

Spesso i media parlano delle condizioni degli uomini adulti, un tempo affiliati al sedicente stato islamico, ora reclusi nelle prigioni curde, ma poco si sa, invece, sui minori, chiusi in carceri piccole dove spesso manca il più basilare rispetto dei diritti umani. Come documenta una recente inchiesta del New York Times, in Siria ci si può imbattere in prigioni con celle affollatissime, dove possono essere stipati centinaia di bambini. In una cella, il reporter statunitense Ben Hubbard ha contato 67 adolescenti: fra loro, un bambino russo di nove anni i cui genitori sono stati uccisi. In un'altra, sono stati individuati 150 bambini dai 9 ai 14 anni reclusi. I genitori spesso portano con sé i loro figli ma capita che vengano uccisi o, nella migliore delle ipotesi, imprigionati. Con l'intervento di Ankara, i guerriglieri curdi hanno spostato molti dei prigionieri da loro catturati in strutture più distanti: questo ha reso fragili i centri di detenzione e può capitare che molti adulti riescano ad evadere, finanche ad essere liberati dagli stessi fondamentalisti. E così, mentre alcuni Paesi europei non vogliono riprendersi connazionali indottrinati per paura di ritorsioni in casa propria, la Siria è diventata una grande pentola a pressione che rischia di far esplodere l'ombra nera del califfato proprio nel momento in cui sembrava essere stata debellata. Altre nazioni, invece, approfittando del cessate il fuoco annunciato dal vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, giovedì scorso, stanno cercando di creare corridoi sicuri per consentire ai minori di rimpatriare. È il caso del Regno Unito dove, secondo il Guardian, funzionari britannici stanno cercando di rimpatriare i figli di genitori britannici legati al sedicente stato islamico.

Un'emergenza cronica

Altrove, però, la situazione è molto critica. Save the Children denuncia che, nei maggiori campi profughi del nord-est della Siria, cioè al-Roj e al-Hol, vi sono tanti minori non accompagnati, fragili e vulnerabili, che rischiano anche di essere affiliati ai fondamentalisti. La prigione per loro è il secondo, urgente problema. Secondo gli standard per la giustizia minorile delle Nazioni Unite, la detenzione di minori sospettati di crimini dovrebbe essere l'ultima possibilità e “condotta nel breve tempo possibile”. Nonostante un documento internazionale, nessun minore detenuto nelle prigioni siriane è in attesa di processo, né sta ricevendo la “necessaria assistenza”, inclusa l'educazione e l'assistenza sanitaria, come invece previsto dal diritto internazionale. Un'alta percentuale di minori non può nemmeno fondarsi sull'aiuto dei propri genitori, perché spesso o sono detenuti o hanno perso la vita. Le spose dei fondamentalisti e madri che sono ancora in vita, cercano di raggiungere i Paesi confinanti con i loro bambini prima d'incappare nelle autorità ed essere recluse. Come ha scritto Marta Serafini sul Corriere della Sera: “Ora […] si ripropone un tema che fin qui l'Europa ha tentato di ignorare”.