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Halloween: c'è chi dice no

Passeggiate per un qualsiasi corso d’Italia, in questi giorni, ed assisterete allo stesso scenario dietro alle vetrine. Zucche intagliate, ma anche teschi, cappelli da streghe e fantasmini imperversano sugli scaffali di quasi tutti i negozi: dalle pasticcerie, che gongolano per l’usanza “dolcetto o scherzetto”, fino addirittura alle lavanderie. Se qualche anno fa, anche nell’ambito del commercio, opporsi alla festa di Halloween poteva sembrare piuttosto comune, oggi equivale a un gesto di nicchia, se non persino di coraggio. È la legge del mercato, che corre verso i nostri costumi – per stravolgerli – sui binari della secolarizzazione e della colonizzazione culturale a stelle e strisce. Privi di solide radici, rischiamo di incamerare qualsiasi input provenga da film, cartoni, serie tv, pubblicità che ci vengono propinati insistentemente. Ecco allora che ci si abitua anche alla volgarità e all’osceno, ovvero a vedere ragazzini travestiti da mostri, con volti sfigurati e schizzi di sangue in una sorta di sagra dello splatter. E ci si abitua anche a sentir parlare di magia ed esoterismo proprio nei giorni in cui il cuore del cristiano dovrebbe raccogliersi intorno al ricordo d’Ognissanti e dei cari fedeli defunti. La moda profana inghiottisce anche il senso religioso e le tradizioni, appioppando l’etichetta di inutile seccatore a chi osa dissentire.

No ad Halloween, festa dell'occultismo

Eppure, non mancano gli esempi di chi non accetta di omologarsi, a costo di andare controcorrente. Da nord a sud in tutto lo Stivale, ma anche nel resto del mondo, è pieno di iniziative che invitano i cristiani a riscoprire l’essenza vera di questi giorni, estirpando ogni propaggine occultista, pagana e/o commerciale. Già diversi anni fa don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris e animatore del servizio “Antisette” della Comunità Papa Giovanni XXIII, organizzava una Processione eucaristica e una fiaccolata nel Circo Massimo, “luogo di martirio dei primi cristiani”, nella sera di vigilia d’Ognissanti. Ma la sua non era e non è un’iniziativa isolata. L’Arcidiocesi di Varsavia, nel 2012, pubblicava sul proprio sito ufficiale una sorta di memorandum per i cristiani in cui si sottolineava che le radici di Halloween risiedono “nell’adorazione pagana degli spiriti e di un dio celtico della morte”. E ancora: “Con la scusa di divertirsi, si invitato i bambini e gli adulti a praticare l’occultismo, e questo è in contraddizione con la Chiesa e con la vocazione cristiana”.

Le scuole che vietano zucche e travestimenti horror

Parole chiare, come quelle usate in questi giorni in un manifesto sottoscritto da 43 dirigenti scolastici e 28 sindaci del Messinese. L'invito nei confronti dei colleghi è a “non seguire le mode d’Oltreoceano” e “a riscoprire le tradizioni siciliane”. Gli istituti aderenti al “manifesto” hanno avviato delle iniziative di sensibilizzazione per la festa di Ognissanti accomunate dallo slogan “viva la cultura siciliana!”. Messina chiama, Palermo risponde. Anche nella zona occidentale della Sicilia presidi e dirigenti hanno deciso di porre l'accento sulle tradizioni locali. “Non sentiamo il bisogno di fare melting pot – spiega Francesca Paola Puleo dell’istituto Rodari, scuola di Villabate – non serve. Non c’è una guerra tra le due feste, ma è importante far conoscere presto ai bambini il valore delle loro radici. Anche le nuove norme scolastiche sul recupero della cultura siciliana ci spingono in questa direzione”.

No ad Halloween, difendiamo le nostre tradizioni

DI valori da riscoprire parla anche Paolo Trancassini, sindaco di Leonessa (RI) e deputato di Fratelli d’Italia. Anche quest’anno parte da questo piccolo centro nel cuore del Belpaese la campagna contro Halloween, lanciata dal primo cittadino su Facebook. “Quando ero piccolo – scrive Trancassini – nei primi 4 giorni di novembre c’era e si festeggiava gran parte della nostra Identità Nazionale: il primo i Santi (il nostro essere Cristiani) il 2 i morti (la famiglia, le radici) il 4 la vittoria nella prima guerra mondiale (la Patria). Ora tutto questo è stato sostituito quasi integralmente da Halloween. Pensaci… passa parola”. Intervistato da In Terris, Trancassini spiega che la sua campagna va avanti ormai da dieci anni, in un primo tempo affiggendo manifesti per le strade del paese e ora, complice la diffusione dei social, attraverso gli schermi. “Avendo perso i nostri valori di riferimento – le parole del sindaco di Leonessa – Halloween è entrata in questi quattro giorni come una lama nel burro“. Secondo Trancassini, ciò è “l'emblema di una situazione più generale”, in cui “l'identità e le nostre tradizioni rischiano di essere archiviate”. E – riflette ancora Trancassini – “tanti problemi che noi abbiamo derivano proprio dall'incapacità di essere una comunità nazionale“.

Le feste cristiane e i gesti di coraggio

A tenere la barra dritta tante parrocchie, disseminate in tutta Italia, che propongono per i bambini feste alternative al macabro rituale di Halloween. Non si contano, ormai, le iniziative di parroci che invitano i bambini a festeggiare il primo novembre vestendosi da angeli o santi, scegliendo quello di cui il bimbo porta il nome o che lo interessa di più. Analogo l’intento di Holyween, iniziativa lanciata anni fa dalle Sentinelle del Mattino – e che oggi ha preso piede – di esporre fuori chiese e abitazioni private le immagini di santi nella notte tra 31 ottobre e primo novembre. L’alternativa ad Halloween, dunque, non è un vezzo snob, ma un semplice gesto di recupero delle nostre tradizioni. Un gesto che richiede talvolta coraggio. Ne sanno qualcosa quei lavoratori che finiscono per discutere con il datore di lavoro o, peggio, per essere licenziati a causa della loro riluttanza a schierarsi tra le fila di chi cede all’imposizione di Halloween. Negli anni scorsi un giovane cameriere, rifiutando di indossare una tunica bianca da fantasmino, ha perso il posto. Una pasticcera, invece, ha convinto i suoi principali, a costo di un aspro confronto, che sfornare dolcetti a forma di occhio insanguinato o dita mozzate non fosse un biglietto da visita invitante per il locale. Insomma, la moda avanza ma c’è chi resiste.

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