Eritrei e sudanesi espulsi in massa

Vita dura per i profughi del Corno d'Africa in Israele. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha emesso un'ordinanza per espellere dal Paese rifugiati e richiedenti asilo provenienti da Eritrea e Sudan. Il Governo fornirà loro fino a 3.500 dollari ciascuno per lasciare il Paese entro aprile di quest’anno e tornare nella propria terra d’origine o in un Paese terzo.

L'aut aut di Netanyahu

“Gli 'infiltrati' – così Netanyahu ha definito gli immigrati clandestini, come riportato dal Guardian – devono fare una semplice scelta: o collaborano con noi e lasciano il Paese volontariamente, in maniera rispettabile, umana e conforme alla legge, o saremo costretti a usare tutti i mezzi a nostra disposizione, nei limiti della legge. Spero sceglieranno di venirci incontro”. Mezzi e misure che – secondo Voci Globali – includono l’innalzamento di barriere tra Israele e confini africani e la massiccia deportazione di 40mila persone.

Il richiamo delle Nazioni Unite

Sulla questione è intervenuto l'Alto commissariato onu per i rifugiati (Unhcr): ricordando a Israele di essere membro della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, ha invitato il Paese ad accogliere e proteggere nel proprio territorio le persone in difficoltà. Un impegno che oggi è stato fatto nei confronti di una quantità davvero esigua di persone. Da quando nel 2009 Israele ha assunto la responsabilità diretta di determinare lo status di rifugiato – rileva l'Unhcr – “solo dieci eritrei e un sudanese sono stati riconosciuti come rifugiati”. L'Unhcr esprime quindi “seria preoccupazione” per i piani di ricollocamente forzato annunciati da Israele.

Gli immigrati? Una minaccia per l'identità dello Stato ebraico

Sui motivi che hanno spinto Tel Aviv ad espellere i rifugiati ha provato a chiarire Emmanuel Nahshon, portavoce del ministero degli Esteri israeliano. In un'intervista alla Bbc, egli ha detto che l’alta concentrazione di immigrati che “minaccia la sicurezza e l’identità dello Stato ebraico”. Secondo Nahshon, non si tratterebbe soltanto di accogliere le 50mila persone provenienti da Sudan ed Eritrea già presenti in Israele, perché bisogna considerare il “potenziale”, cioè coloro che potrebbero seguire l'esempio di familiari e amici e mettersi in viaggio alla volta di Israele.