E’ la mancata prevenzione la zavorra della sanità pubblica

La mancata prevenzione è “causa di crescita di costi futuri legata al peggioramento delle condizioni di salute della popolazione”. Questa situazione “si acuisce nelle Regioni coinvolte dai piani di rientro in cui la percentuale di popolazione aderente agli screening è bassa”, denunciano gli operatori del settore. Non tenere conto dei sintomi del diabete espone il malato ad un peggioramento delle sue condizioni ma, paradossalmente, serve prima una diagnosi di diabete conclamato per poter essere curati, per esempio nel Lazio, nelle strutture sanitarie regionali. E’ solo uno degli esempi che confermano la necessità di reimpostare i presidi della salute pubblica. Ed è alta la percentuale di inappropriatezza proprio per i farmaci antidiabetici. 

Le previsioni di spesa

L’associazione dei medici e dirigenti del Ssn (Anaao) ha realizzato con Assomed una capillare indagine su costi e spese riducibili in sanità. Tra le emergenze c’è il problema dell’appropriatezza delle cure. L’uso inappropriato degli antibiotici supera il 30% nelle condizioni cliniche degli adulti . “La sostenibilità del servizio sanitario nazionale da troppi anni oramai viene lentamente erosa ed è prevedibile che, a meno di un netto cambiamento di rotta, il suo indebolimento prosegua e peggiori”, attesta il report. I dati parlano chiaro. In uno studio pubblicato sulla rivista Lancet , è stata elaborata  una previsione di come e quanto si spenderà per la sanità in 184 Paesi fino al 2040. Per l’Italia si ipotizza un tasso di crescita annuale del 2,6%, il che porterebbe nel 2040 ad un’impennata della spesa sanitaria (pubblica e privata) pro-capite a 5.968 dollari di cui l’80% a carico della sanità pubblica ed il restante a carico di quella privata. 

Tagli lineari

“In un contesto di risorse pubbliche limitate, questa previsione di spesa diventa preoccupante ed inevitabilmente si deve pensare a come contenere i costi, incominciando dalla eliminazione o riduzione dei famosi sprechi della sanità”, osserva l’associazione dei camici bianchi. Per “spreco” si intende l’utilizzo improprio di risorse, con conseguenti inefficienze e perdite economiche, o comunque un costo cui non corrisponde un beneficio. Lo spreco si può distinguere in spreco passivo, dovuto ad inefficienze gestionali, ed attivo, Di fatto  in sanità, con l’alibi della “lotta agli sprechi”, sono stati decisi a livello centrale solo tagli lineari, che hanno coinvolto sia le realtà meno virtuose che quelle con buoni standard qualitativi.

Gli effetti demografici sul Ssn

In Italia si assiste ad un malessere demografico, con il rapporto tra numero di giovani (under 14) ed anziani (over 65) invertito a partire dal 1992 ed un costante sbilanciamento a favore della popolazione anziana. L’invecchiamento della popolazione ha causato un aumento delle persone affette da patologie croniche o con più malattie contemporaneamente e una crescita dei bisogni sanitari. Il Censis stima che 4,1 milioni di persone in Italia sono attualmente portatrici di disabilità (il 6,7% della popolazione), nel 2020 diventeranno 4,8 milioni, per arrivare a 6,7 milioni nel 2040.  

Il prezzo della corruzione

Risorse limitate in un contesto che in futuro avrà sempre più bisogno di accesso ai servizi sanitari, un “consumismo” sanitario indotto da internet, ripetute novità tecnologiche costituite da devices e farmaci sempre più costosi, ma non sempre innovativi, fanno sì che il mix possa essere esplosivo. “Identificare e colpire le inefficienze è urgente per poter garantire l’universalismo delle cure che oramai vacilla, ma quantificarle con precisione non è semplice”, rileva lo studio. In Italia il tasso medio stimato di corruzione e frode in sanità è del 5,59%, cioè 6 miliardi di euro l’anno, che aumentano a 25 miliardi se si aggiungono gli sprechi. La corruzione, secondo le rilevazioni di Transparency, viene percepita dal 87,2% del personale delle aziende sanitarie come un problema grave. Buona parte degli sprechi, sottolinea l’associazione dei medici e dei manager sanitari italiani,  è da imputare in modo considerevole a carenze organizzative. E cioè mancata centralizzazione acquisti beni, eccessiva eterogeneità regionale e locale che si ripercuote in diseguaglianze all’accesso dei servizi.