Fare il docente oggi: un mestiere da valorizzare

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A destra il professor Pio Giovanni Sangiovanni. Foto: Syeda_Saira/pixabay

La Giornata Mondiale degli Insegnanti che si celebra oggi è un’occasione per riflettere sul delicato ruolo che i docenti hanno verso le vite degli studenti e delle rispettive famiglie, oltre che della società più in generale. Si tratta di un lavoro silenzioso e costante, che molto spesso passa inosservato. Il suo valore è prezioso ed è fondamentale per costruire rapporti interpersonali collaborativi e nuovi contesti di sviluppo.

L’intervista

Interris.it ha intervistato il professor Pio Giovanni Sangiovanni, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti, che da trentasette anni insegna lettere nelle scuole superiori della regione Calabria.

Professore, l’insegnamento è davvero il lavoro più bello del mondo?

“Sicuramente lo è, in quanto il docente ogni giorno si confronta con gli studenti e le loro storie di vita e per farlo ci vuole un impegno costante e tanta umanità. Questo aspetto è un valore aggiunto per la crescita individuale non solo dello studente, ma anche dell’insegnante stesso. Si tratta, dunque, di una professione che deve affrontare quotidianamente sfide sempre nuove e importanti. Negli ultimi decenni infatti, essa ha dovuto fare i conti con la tumultuosa trasformazione della società”.

Questo mutamento a cui lei fa riferimento, in che cosa consiste?

Uno degli aspetti principali è l’evoluzione tecnologica che ha determinato un cambiamento di abitudini, stili di vita, modalità di comunicazione e di rapporto tra le persone. Una trasformazione che ha coinvolto in modo decisivo anche il ruolo stesso dei genitori. In molti casi purtroppo, essi non sono più in grado di svolgere la loro funzione educativa e formativa in modo adeguato, sereno e imparziale”.

Tutto ciò come si ripercuote sull’ambiente scolastico?

“L’istituzione scuola viene sminuita e spesso viene trattata con un atteggiamento pregiudizialmente negativo. Uno degli esempi più eclatanti è la favola secondo la quale molti considerano i docenti dei lavoratori privilegiati che hanno la fortuna di godere di tre mesi di vacanza all’anno, condizione che, dati alla mano, è assolutamente falsa. Inoltre, e questo è l’elemento più preoccupante, sembra ormai venuto meno il fondamentale rapporto di alleanza e di fattiva collaborazione tra la famiglia e l’insegnante, finalizzato alla crescita culturale e umana dei figli”.

Le nostre istituzioni che cosa dovrebbero fare per valorizzare il ruolo del docente?

“Innanzitutto basterebbe rispettare la funzione che la Costituzione assegna alla scuola e agli insegnanti nella formazione delle nuove generazioni. A cominciare dal giusto riconoscimento, anche economico, a una professione che viene considerata poco appetibile e gratificante per tutti coloro che, dopo tanti anni di studi impegnativi e faticosi, ambiscono a un ruolo da professionisti a tutto tondo. A malincuore, io che ho dedicato tutta la mia vita a questo lavoro, mi accorgo che a volte la scelta di ricoprire il ruolo di insegnante viene fatta come ripiego. Oggi è diventato, ormai non più rinviabile, una vera riforma del sistema di reclutamento dei nuovi docenti, in linea con le indicazioni della Commissione europea, che eviti il perpetuarsi di procedure che sembrano fatte apposta per creare precariato. Accanto ad essa si pone il problema di rivedere strutturalmente la governance della scuola dell’autonomia che abbandoni la sua organizzazione piramidale e dirigistica a favore di una nuova circolarità democratica. Solo in questo modo si potranno evitare le tensioni e conflitti esistenti, migliorando e rafforzando il lavoro degli insegnanti, dando loro adeguate opportunità professionali e di progressione della carriera, metodologie di insegnamento al passo con i tempi e risorse sufficienti per coinvolgere efficacemente gli studenti nella quotidiana azione educativa, incentrata sulle attività di insegnamento/apprendimento”.

Quanto la presenza di docenti poco motivati va a pesare negativamente sugli alunni?

“Purtroppo molto e soprattutto in termini di credibilità e qualità del servizio offerto. Nonostante ciò, ci tengo a precisare che si tratta di casi limite, anche se basta una mela marcia per danneggiare tutto il paniere della frutta. Infatti, la stragrande maggioranza degli insegnanti, anche quelli che hanno deciso in un secondo momento di intraprendere la professione docente, svolge questo lavoro con la massima professionalità e competenza, rispettando l’importante funzione che viene loro affidata, con dedizione, come una vera e propria missione e non per mestiere”.

Elena Padovan: