Disastro ambientale in Nigeria: Eni a processo

Inizia oggi a Milano il processo che vede sul banco degli imputati l'Eni, accusata di disastro ambientale nel villaggio di Ikebiri, nel Delta del Niger, per una fuoriuscita di petrolio da un oleodotto della sua sussidiaria Nigerian Agip Oil Company (Naoc) avvenuta nel 2010.

A portare in Tribunale l'azienda italiana degli idrocarburi è stata la comunità locale, sostenuta dall'associazione Friends of the Earth Europe e da Environmental Rights Action/FoE Nigeria. Oggi l'udienza preliminare, durante la quale il giudice ha fissato la prima udienza del processo per mercoledì 18 aprile 2018.

Il fatto

Era il 5 aprile 2010 quando un oleodotto gestito dalla Naoc esplose a 250 metri da un torrente. La fuoriuscita di petrolio si riversò nelle acque e nell'ambiente circostante. La comunità, che afferma di aver subito gravi danni ai raccolti e alle altre sue fonti di sostentamento, chiede ora un risarcimento di milioni di euro, nonché la bonifica dell’area devastata dall’incidente che si estende per oltre 43 ettari e comprende anche un fiume. Finora l’azienda ha pagato 6mila euro di danni come “contributo di primo soccorso”, che però non riguarda la compensazione per i danni subiti.

L'Eni tuttavia sostiene di aver già fatto la bonifica dell'area colpita dal disastro. Su un articolo dell'Espresso, il cane a sei zampe ha reso noto: “Naoc ha avviato un dialogo costruttivo con gli esponenti della comunità Ikebiri, ed è intervenuta in modo tempestivo ed efficace per bonificare i siti interessati, che sono stati oggetto di ispezione da parte delle autorità competenti nigeriane con esito positivo”.

La controversia su un certificato

I legali di Eni hanno mostrato alla controparte il certificato di bonifica il 10 dicembre 2017. Lo ha rilasciato la National Oil Spill Detection and Response Agency (Nosdra), agenzia governativa che ha firmato anche il primo rapporto di Eni in cui si riconosce l’incidente. Gli avvocati della comunità autoctona sostengono però che gli ambienti governativi africani siano corrotti, pertanto contestano la veridicità di quel documento.