Denuncia choc di Amnesty: “Abusi e violenze sui migranti negli hotspot italiani”

Nei centri di registrazione voluti dall’Ue per facilitare l’identificazione dei migranti al loro arrivo sul suolo europeo, molti di loro rifiutano di essere identificati; il che ha spinto alcuni poliziotti nei centri di identificazioni italiani ad agire “al di là della legalità” e a condurre “abusi scioccanti”. E’ la dura denuncia contenuta nel rapporto di Amnesty International dedicato alla politica degli ‘hotspot’ secondo cui ci sono stati “agghiaccianti episodi di violenza” con pestaggi, uso di manganelli elettrici, umiliazioni sessuali e maltrattamenti che, in alcuni casi, sono assimilabili alla tortura.

Lo spiega Matteo de Bellis, coordinatore del rapporto. “Nella loro determinazione a ridurre il perdurante movimento di rifugiati e migranti verso altri Stati membri, i leader europei hanno portato le autorità italiane al limite – e anche oltre – di ciò che è legale”. “Il risultato – prosegue de Bellis – è che gente traumatizzata, che arriva in Italia dopo viaggi drammatici, è stata sottoposta in qualche caso ad abusi scioccanti per mano della polizia, ma anche a espulsioni illegali“.

Delle 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte su un totale di 170 interviste riportante nel rapporto di Amnesty, 16 riguardano episodi in cui qualcuno è stato malmenato. In alcuni casi, i migranti hanno denunciato di aver ricevuto anche elettrochoc. “Mi hanno sottoposto a scariche elettriche con un bastone, molte volte sulla gamba sinistra, poi sulla destra, il petto e la pancia. Ero troppo debole, pensavo di non riuscire a farcela e a quel punto mi hanno messo entrambe (le mani) sulla macchina”, ha raccontato un ragazzo sudanese.

Il rapporto dell’Ong riconosce che la gran parte delle volte la procedura per l’identificazione avviene senza alcun incidente: “Il comportamento della gran parte dei poliziotti resta professionale e la gran parte delle registrazioni delle impronte digitali avviene senza incidenti”, tuttavia alcuni episodi destano “seria preoccupazione“.