Comece: “Protezione internazionale strumento di solidarietà”

Ci sono “obblighi legali che vanno rispettati” quando una persona cerca protezione internazionale all’interno di uno Stato. Lo ricorda oggi, in una nota, la Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece), in relazione alla recente pubblicazione del Rapporto 2019 sull'asilo a cura dell’Ufficio Ue per il sostegno all’asilo (Easo). La Commissione delle conferenze episcopali della Comunità Europea, in lingua latina Commissio episcopatuum Communitatis Europaeae, è un'organizzazione cattolica romana che riunisce i vescovi europei con lo scopo di esaminare la politica e la legislazione dell'Unione europea (UE) dal punto di vista della dottrina sociale della Chiesa cattolica. Gli obiettivi principali sono: monitorare e analizzare il processo politico dell'Unione europea, per informare e sensibilizzare l'opinione pubblica nella Chiesa dello sviluppo della politica e della legislazione dell'UE; mantenere un dialogo regolare con le istituzioni europee.

Il rapporto

Dal Rapporto di 271 pagine emerge che nel 2018 ci sono state 664.480 domande nei 28 Paesi Ue, il che rappresenta un calo del 10% rispetto al 2017. Un terzo delle domande riguardava minori. In Germania, Francia, Grecia, Italia e Spagna sono state presentate i tre quarti delle domande, ma i Paesi che hanno ricevuto più domande rispetto al numero di abitanti sono state Cipro, la Grecia, Malta, il Liechtenstein e il Lussemburgo. Di tutte le domande presentate, il 39% è stata accolta (il 7% in meno rispetto al 2017). “La protezione internazionale è uno strumento concreto di solidarietà nei confronti di coloro che subiscono persecuzioni o violenze nel proprio Paese”, ricorda la Comece su Sir, che “incoraggia gli Stati membri dell’Ue a porre la dignità umana al centro delle loro politiche di asilo e delle decisioni giudiziarie e amministrative”.