Ciambra, viaggio nella favelas d'Italia

Favelas. Una parola dal suono quasi esotico che con la mente ci fa viaggiare fino ad arrivare alle periferie delle maggiori città del Brasile, dove si incontrano immense baraccopoli. Aglomerado da Serra, nel Minas Gerais, Babilonia, Cidade de Deus e Vidigal alle porte di Rio de Janeiro: abitazioni arroccate generalmente su un terreno collinare, costruite con diversi materiali, da semplici mattoni a scarti recuperati nell'immondizia. Quartieri accomunati dal degrado, la criminalità diffusa e i gravi problemi di igiene pubblica. Il nostro viaggio inizia in una strada dove l'asfalto ha visto giorni migliori, montagne di rifiuti ammassati ai lati della strada, carcasse di topi morti, pozze di acqua che sgorga dalle fogne, un agglomerato di case popolari fatiscenti, prive dei servizi essenziali. Dove siamo? In realtà, non in una delle favelas sudamericane sopra citate, ma in Italia, in un quartiere di Gioia Tauro (provincia di Reggio Calabria): la Ciambra. La situazione sembra essere avvolta da una coltre di omertà, ormai quasi nessuno ne parla, il dramma non fa notizia, ma l'estremo degrado rimane. E' così che centinaia di persone vivono in condizioni igienico-sanitarie più che precarie, nell'attesa che l'intera area venga riqualificata se non bonificata. 

Don Antonio: “Non si può parlare di emergenza”

Nel nostro viaggio per dare voce a questa realtà che oramai, sembrerebbe, abbandonata da tutti, abbiamo contattato il parroco del quartiere. Raggiunto telefonicamente, don Antonio ha sottolineato come la sua parrocchia non faccia “nulla di eccezionale”. “Tutti i giorni riceviamo alcuni bambini provenienti dalla Ciambra, pranzano con noi e il pomeriggio abbiamo organizzato per loro un doposcuola. Di questo quartiere ne hanno anche parlato ma non è stato mai risolto niente. Non si può parlare di emergenza – afferma il parroco – questa situazione esiste da oltre venti anni. Le soluzioni vanno ricercate nella politica”. 

Il parere degli assistenti sociali

Di diverso parere sono gli assistenti sociali del Comune di Gioia Tauro. In Terris ha contattato la dottoressa Matilde Pipino. Ci ha raccontato che gli assistenti sociali si recano nel quartiere per i bambini, perché alcuni di loro non vanno a scuola. “E' un 'ghetto' dove vivono solo persone di etnia rom – ha raccontato la Pipino – Ci sono meno di 100 famiglie. La situazione più grave però è in via Asmara dove alcuni vivono in delle vere e proprie baracche che non hanno neanche i servizi igienici. Il bagno è una catapecchia, con una tenda come porta, situata a poca distanza da dove dormono e vivono”. Secondo la Pipino, la responsabilità per la situazione di degrado in cui versano le palazzine sarebbe da attribuire alle persone che le abitano.

L'origine della Ciambra

Ma come si è arrivati a questo punto? A spiegarlo è Giacomo Marino, presidente dell'Associazione “Un mondo di mondi” – il nome richiama il titolo del celebre libro dell'antropologo Leonardo Piasere – che ha come obiettivo quello di contrastare le discriminazioni e la povertà. Come racconta Marino, negli anni '90 l'azienda responsabile per gli alloggi popolari della Regione Calabria, l'Aterp (Azienda territoriale per l'edilizia residenziale pubblica della Calabria), inizia la costruzione di case popolari nel quartiere periferico la Ciambra. Nel cuore di Gioia Tauro esisteva già una baraccopoli di cittadini italiani di etnia rom che, in massa, occupa queste costruzioni. “Sì, sicuramente hanno sbagliato a fare questo – spiega Marino – ma né il comune di Gioia Tauro, né l'Aterp sono intervenuti per risolvere la situazione. L'occupazione delle case popolari ha impedito che fosse terminata la loro costruzione”. Nel quartiere ci sono circa 50-60 famiglie, ipotizzando che ogni nucleo sia composto da circa 4 persone, si può pensare che lì abitino circa 200-250 persone, spiega Marino. 

Il “ghetto”

“Parliamo di 'ghetto', non perché lì si trovano persone di etnia rom, ma perché come spiega il sociologo Wilson a determinare direttamente il degrado sociale e l'emarginazione nei ghetti urbani è la concentrazione di un'alta percentuale di famiglie con basso reddito che non riescono ad accedere ai servizi più basilari”, afferma Marino, spiegando che la soluzione a questo dramma potrebbe essere l'equa dislocazione abitativa, raccomandata anche negli orientamenti della Strategia nazionale per l'inclusione dei Rom Sinti e Caminanti della Comunità Europea e del Por Calabria 2014-2020. 

I tentativi del Comune

Il Comune di Gioia Tauro, con la delibera comunale del 30 settembre 2011, aveva deciso di applicare la politica dell'equa dislocazione per le famiglie rom e aveva iniziato a farlo. Progetto che però non è proseguito con il cambio di sindaco. Con l'amministrazione del primo cittadino Pedà, infatti, più che dislocare le famiglie viene scelto di stanziare milioni di euro per ristrutturare e sviluppare il quartiere Ciambra. Una decisione, secondo Marino, che “non servirà assolutamente a nulla. In questo modo non si includono nella società le persone, ma si rischia di emarginarle ancora di più. Ristrutturare non vuol dire superare la situazione di 'ghetto', ma accentuarla”. 

L'esempio di “Restart Scampia”

Marino racconta come un tessuto sociale così debole come quello di Ciambra possa favorire la nascita della microcriminalità e delle criminalità organizzata. Per questo motivo, oltre al degrado in cui sono costrette a vivere le persone, secondo il presidente di “Un mondo di mondi” sarebbe necessario prendere esempio dal progetto “Restart Scampia“, ossia l'intervento del Comune di Napoli sulle “Vele” grazie ai fondi ottenuti partecipando al Bando “Periferie” indetto nel 2016 dal Governo Gentiloni. Dopo aver sistemato le famiglie in case più decorose che vi abitano la Vela “A” detta anche “Verde” è stata abbattuta. 

Quale futuro?

Non è ancora chiaro quale sarà la sorte delle persone e del quartiere Ciambra, ma quello che appare evidente è l'urgenza di trovare una soluzione. A causa del degrado, la mancanza di un sistema fognario adeguato, quello idrico che assomiglia a un colabrodo, non rendono dell'agglomerato di case popolari situato alla periferia di Gioia Tauro un ambiente salubre. E' necessario ricordare che tutte le persone, indipendentemente dalla loro etnia o estrazione sociale hanno diritto all'abitazione, come sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dove, all'art. 25, viene incluso nel più ampio diritto a uno standard di vita adeguato: “Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari”. Diritti che a Ciambra non sembrano garantiti a nessuno. Ciò che abbiamo raccontato sembra tratto dal resoconto di una favela sudamericana, invece accade ogni giorno in un quartiere a pochi chilometri da quello che doveva diventare il principale polo di sviluppo del Mezzogiorno. Purtroppo i sogni di gloria di Gioia Tauro si sono trasformati negli incubi di degrado e abbandono della “villa miseria” calabrese di Ciambra.