Cassazione contro la cannabis light

La Cassazione fissa dei paletti ai cannabis shop, che negli ultimi due anni sono sorti come funghi in tutta Italia. Sono state, infatti, rese note le motivazioni della sentenza con cui il 30 maggio scorso, a sezioni unite, i giudici hanno affrontato la questione dopo che a Macerata polizia e procura, sulla base di una consulenza di un tossicologo, dalla scorsa estate avevano iniziato a chiudere i negozi che vendevano la cosiddetta canapa light. La Cassazione ha dunque stabilito che devono sparire dagli scaffali di questi negozi foglie, infiorescenze, oli e resine ottenuti dalla cannabis. Nessun divieto, invece, per quanto concerne cosmetici e prodotti alimentari con percentuali di canapa.

Limiti anche ai coltivatori

La sentenza non riguarda soltanto i proprietari di esercizi commerciali, ma anche i coltivatori, i quali non possono ricavare – scrivono i giudici – “hashish e marijuana” dalle piantagioni di canapa, ma soltanto i prodotti consentiti dalla legge, come fibre tessili, carburanti, e così via.

Il nodo thc

Dal maggio 2017 è stata resa legale la vendita di prodotti a base di cannabis, a patto che il contenuto di thc (o delta-9-tetraidrocannabinolo) sia inferiore allo 0,6 per cento. Ne è derivato il sorgere di rivenditori, i cosiddetti cannabis shop. Ora però i giudici hanno stabilito che la percentuale di thc non è così rilevante. “Ciò che occorre verificare – si spiega nella sentenza – non è la percentuale di principio attivo contenuta della sostanza ceduta, bensì l'idoneità della medesima sostanza a produrre in concreto un effetto drogante“. La Cassazione spiega ancora che “l'effettuata ricostruzione del quadro normativo di riferimento conduce ad affermare che la commercializzazione dei derivati della coltivazione della cannabis sativa L, che pure si caratterizza per il basso contenuto di Thc, vale ad integrare il tipo legale individuato dalle norme incriminatrici”. Intervistato due anni fa da In Terris, il fondatore della comunità di recupero Villa Maraini, Massimo Barra, affermò a tal proposito: “Disquisire intorno al limite dello 0,6 per cento di thc è irrilevante. È estremamente pericoloso tutto ciò che attenta al sistema nervoso centrale, che è la parte più raffinata e differenziata del corpo, nonché la più delicata”.