Caritas: lavori di pubblica utilità alternativi alla detenzione

Lavori di pubblica utilità alla Caritas diocesana come misura alternativa alla detenzione. Si sintetizza in questi termini la convezione di collaborazione per servizi di assistenza e di giustizia riparativa tra Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna di Catania (Udepe) e l’organismo pastorale dell’Arcidiocesi di Catania, sottoscritta nelle scorse settimane dai rispettivi direttori Rosalba Salierno e don Piero Galvano. Ne dà notizia ieri la Caritas diocesana catanese su Sir spiegando che l’impegno a livello locale, definito da Caritas e Udepe, si inserisce all’interno del protocollo nazionale sottoscritto lo scorso novembre tra il presidente nazionale di Caritas italiana e il Capo gabinetto del ministero della Giustizia che promuove la stipula con i tribunali di convenzioni per svolgere lavori di pubblica utilità da parte di imputati maggiorenni, ai fini della concessione della messa alla prova. 

La convenzione

La convenzione sottoscritta a Catania sostiene conoscenza e sviluppo di attività riparative a favore della collettività, puntando contemporaneamente a iniziative di sensibilizzazione nei confronti della comunità locale, favorisce la costituzione di una rete di risorse per accogliere i soggetti ammessi a misura alternativa o alla sospensione del procedimento con messa alla prova che hanno aderito a un progetto riparativo. I soggetti individuati verranno assegnati ad attività a bassa soglia dell’Help Center della Stazione centrale: accoglienza, colazione, preparazione pasti per la mensa, pulizia locali e distribuzione vestiario a persone in disagio e in estrema difficoltà. Per don Galvano, “la misericordia di Dio è sempre grande per chi vuole veramente cambiare vita e mettersi a servizio del prossimo; pertanto, l’attività in Caritas è una concreta opportunità per chi, autenticamente pentito, vuole riabilitarsi davanti a Dio e agli uomini”. Chiosa Salierno: “Anche gli aspetti legati alla spiritualità e alla religione sono molto importanti per il recupero dei nostri utenti” perché “il vero cambiamento passa attraverso una diversa visione della vita e della realtà delle cose”.

Help Center

Lo scorso 9 ottobre sono iniziati i lavori di sistrutturazione nei pressi dell’Help center della stazione centrale della Caritas di Catania, in piazza Giovanni XXIII, destinati a bagni e docce dei locali “ex Postazione Amt” ed “ex Vigili Urbani” concessi in comodato d’uso dal Comune. Una sinergia tra le istituzioni e la cittadinanza che diventa “un passo verso gli ultimi”. “Mi pare sia esemplare – ha dichiarato in quella occasione l’arcivescovo di Catania, mons. Salvatore Gristina, che ha benedetto l’apertura del cantiere – metterci insieme per operare a vantaggio della comunità e nella comunità, in maniera particolare per le persone che affrontano disagi più evidenti”. Sono purtroppo in aumento i nuovi poveri nella città sicula. E' infatti triplicato il lavoro dei volontari della Caritas di Catania, coordinati da Salvo Pappalardo, poiché sono sempre di più le persone che si rivolgono all'Help Center o all'unità di strada per ricevere un pasto caldo, assistenza medica e legale, vestiti o una parola di conforto. “Ad avere bisogno di aiuto non è solo la gente che vive per strada – spiega Pappalardo – ma anche molte persone del 'ceto medio'. Insieme si può trovare la forza per superare i momenti bui”.

Il commento

InTerris.it ha chiesto un commento in esclusiva sull'importanza delle misure alternativa alla detenzione sia per i detenuti, sia per la società civile a Giorgio Pieri, responsabile della Comunità Educante con i Carcerati della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi. “L'iniziativa della Caritas di Catania – commenta Pieri – è molto bella e sicuramente è nella direzione di una presa in carico di soggetti che sono entrati in carcere per una povertà di tipo culturale o anche di tipo economica e che hanno soprattutto bisogno di un accompagnamento per ricostruire la propria vita e per il reinserimento della società come soggetti attivi, positivi, e non come criminali. Quindi, ben venga questa iniziativa, ma mi auspico altresì che questo sia da esempio anche per altri enti affinché diventi un percorso verso un concreto aiuto alle tante persone bisognose che oggi 'stazionano' in carcere senza nessuna risoluzione dei loro problemi, vale a dire di ciò che li ha portati a delinquere. E' dunque sempre più necessario espandere questo tipo di iniziativa verso l'avvio di dimore sociali per persone povere che si sono imbattute anche in problemi giudiziari. Questo, per evitare ricadute una volta usciti dal carcere: la recidiva in Italia è infatti altissima. Non così quando un detenuto viene inserito in un programma di recupero. Per esempio, in questi 12 anni, da quando nel 2008 è iniziata l'esperienza del progetto Cec, la recidiva di chi ha fatto il nostro percorso si è attestata sul 15%, contro l'80% di chi non ha fatto nulla oltre il carcere”.