Bufera sulla scuola che divide gli alunni per ceto

La scuola dovrebbe sempre operare per favorire l'inclusione. Descrivere e pubblicare la propria popolazione scolastica per censo non ha senso”. Il commento del ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, riassume in breve l'ondata di polemica scatenata dalla decisione di un istituto comprensivo romano di Via Trionfale che, nel quartiere popolare di Monte Mario, avrebbe scelto di applicare un regolamento quantomeno discutibile per suddividere gli alunni iscritti, creando delle classi divise “per classe”. Giochi di parole a parte, la bufera che ha travolto la scuola ha inevitabilmente scatenato l'ondata polemica dell'opinione pubblica che, nel prendere atto della politica adottata dalla scuola, ha immediatamente stigmatizzato il tutto, etichettando un presunto esperimento sociologico alla stregua di una logica classista.

La polemica

Era stato lo stesso istituto a descrivere il suo metodo attraverso una nota sul proprio sito: “La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario, accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”. E ancora: “Il plesso di via Vallombrosa, sulla via Cortina d'Ampezzo accoglie, invece, prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell'alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)”. Il testo è stato in seguito cancellato, comunque troppo tardi per evitare la polemica, nonostate dallo stesso istituto sia arrivato un tentativo di chiarimento, sostenendo che nel testo si esplicava “una mera descrizione socioeconomica del territorio secondo le indicazioni del Miur”, senza alcun intento di discriminazione. Spiegazione che non ha convinto, o comunque non arrestato l'indignazione: “Mi auguro che l'istituto romano di cui ci racconta oggi Leggo.it – ha detto ancora il ministro Azzolina – possa dare motivate ragioni di questa scelta. Che comunque non condivido”.

Anche l'Associazione presidi ha preso le distanze dall'istituto, sostenendo per voce del presidente Anp-Lazio Mario Rusconi che “la scuola è un luogo educativo ed inclusivo” e “non può evidenziare eventuali differenziazioni socio-culturali degli alunni iscritti poiché, tra l'altro, oltre a dare una cattiva rappresentazione di se stessa agli occhi di chi legge corre anche il rischio di originare idee o forme classiste”.