Appello delle ong: “Il Fondo per l’Africa impieghi risorse nello sviluppo”

E’ stato presentato dal ministro degli Esteri, Angelino Alfano, il piano per l’implementazione del Fondo per l’Africa, istituito dal Governo italiano e inserito nella legge di Bilancio per il 2017. Secondo quanto stabilito, il Fondo dovrebbe garantire un consistente supporto (di circa 200 milioni per l’anno in corso) a “interventi  straordinari  volti  a  rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie”. Il suo ruolo, quindi, prevede un intervento in loco, ossia nei principali Paesi africani dal quale si diramano i flussi migratori verso l’Italia (Libia, Tunisia e Niger), al fine di rallentarlo o, addirittura, frenarlo. A questo proposito, è giunto un appello delle principali organizzazioni non governative italiane operanti sul territorio in questione, aderenti all’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà (Aoi), a Cini e Link2007, le quali hanno peraltro accolto con favore la notizia dell’emanazione del decreto: l’augurio è che tale accordo non perda di vista la sua finalità orientandosi esclusivamente all’interruzione del traffico migratorio, ma favorisca lo sviluppo e contribuisca “ad affrontare le cause che determinano i fenomeni migratori attuali: violenza, violazione di diritti, fame, povertà, conflitti, conseguenze dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento delle risorse ambientali, prime fra tutte la terra e l’acqua”.

“No al trasferimento diretto di risorse”

Uno dei punti più delicati dell’accordo, secondo le ong, risulta essere l’intesa stabilita con i Paesi d’origine dei migranti, in molti casi ritenuti inaffidabili. Per questo è necessario che il Fondo “non preveda un trasferimento diretto di risorse, in accordi governativi bilaterali, a quei regimi africani che mettono in atto politiche aggressive e antidemocratiche e continue violazioni dei diritti umani, sia nei confronti dei migranti e rifugiati, sia delle popolazioni e comunità che amministrano”. Il timore, in sostanza, è che i termini alla base del Fondo si trasformino in strumenti per l’arresto delle migrazioni, senza che le risorse si traducano in investimenti concreti su piani di sviluppo e i cooperazione internazionale, al netto di un accordo con governi spesso impostati come regimi: “Non basta, da parte dei governi dei Paesi beneficiari degli aiuti del Fondo per l’Africa, una generica accettazione del vincolo del rispetto delle Convenzioni  europee ed internazionali dei diritti umani. Occorre un trasparente ed efficace monitoraggio permanente da parte delle agenzie umanitarie e di cooperazione internazionale del sistema delle Nazioni Unite, con la partecipazione delle ong italiane e africane”.

Viene dunque rinnovato l’invito a concretizzare in opere effettive quanto di buono si prospetta attraverso le pianificazioni del decreto, chiedendo una maggiore chiarezza sulle modalità di azione previste dal governo italiano: “Questo – ha spiegato il ministro – è un decreto che sancisce il passo in una direzione nuova: il Fondo Africa da 200 milioni di euro, è stabilito attraverso una legge specifica, che per la prima volta mira al  rafforzamento della frontiera esterna… L’obiettivo è incrementare i fondi alla Cooperazione: resta fondamentale infatti per noi il suo ruolo, che è quello di realizzare le condizioni che impediscano le partenze”.