Allarme gelo nei campi profughi dell’est Europa. L’appello delle ong: “Misure d’emergenza immediate”.

Il gelo dell’inverno non risparmia l’Europa, né tantomeno le migliaia di profughi stipate nei campi d’accoglienza nell’est del Continente, i più colpiti dall’ondata di freddo proveniente dai Balcani. Una situazione che, proprio in questi contesti, sta causando i maggiori disagi, palesando terribili scenari quotidiani di sofferenza e difficoltà, segnalati in particolare in Grecia e in Serbia. Nel Paese ellenico, è nelle isole dell’arcipelago dell’Egeo che si riscontrano i disagi più accentuati, legati soprattutto alla caduta di grandi quantità di neve, la quale ha in gran parte ricoperto le tende dei rifugiati, poco adatte a fornire un adeguato riparo. Le condizioni, già estremamente complesse, hanno ormai raggiunto i limiti dell’emergenza, spingendo le ong e le organizzazioni mondiali per i diritti umani a lanciare numerosi appelli ai governi locali e alla Comunità internazionale.

Scarsa organizzazione, sovraffollamento e assenza di mezzi realmente efficaci per fronteggiare le intemperie della stagione fredda, sono le principali problematiche rilevate dai volontari che agiscono fra i profughi, in particolare i sanitari di Medici senza frontiere: “E’ vergognoso vedere che, nonostante tutte le promesse e i proclami dell’Europa – ha spiegato sul sito ufficiale il capomissione, Clement Perrin -, uomini, donne e bambini vivono nelle tende in queste condizioni. Chiediamo alle autorità greche e all’Unione Europea misure d’emergenza immediate per garantire che tutti i rifugiati e i migranti sulle isole siano ospitati in condizioni dignitose e adeguate”.

L’insistenza degli operatori umanitari verso il governo centrale, perpetrata durante i mesi passati affinché venissero migliorati i luoghi di accoglienza in tempo per l’inverno, non ha trovato riscontri positivi. Nei giorni scorsi, al fine di scongiurare il rischio, sempre più concreto, di vedere ulteriormente peggiorate le condizioni dei rifugiati, l’alto commissariato Onu per i diritti umani (Unhcr) ha avanzato la richiesta di trasferimento sulla terraferma delle circa 15mila persone accolte nei campi delle isole. Quello vissuto nell’arcipelago, infatti, è uno stallo tremendo, che inficia notevolmente sulla resistenza fisica e psicologica degli accolti.

Non dissimile la situazione in Serbia dove, a causa della decisione dei governi di Croazia e Ungheria di chiudere le proprie frontiere, circa 7500 persone sono rimaste bloccate, radunate all’interno di aree male attrezzate, lontane dal poter essere considerate veri e propri campi profughi: si tratta di vecchi edifici posti in stato di abbandono o di strutture altrettanto fatiscenti, inadatte a rispondere alle esigenze dei rifugiati che, loro malgrado, si trovano costretti a trovarvi rifugio, affrontando temperature impossibili, anche inferiori ai 20 gradi sotto lo zero. “Per mesi la strategia è stata quella di bloccare gli aiuti umanitari per spingere queste persone a trasferirsi nei campi ufficiali. Ma i campi sono pieni e già oltre le loro capacità, quindi i migranti non hanno alternative se non dormire in edifici abbandonati, esposti a temperature glaciali”, ha spiegato il portavoce Msf locale, Stephane Moissaing.

Il blocco dei confini e l’assenza quasi totale di aiuti governativi, hanno contribuito a creare un’emergenza dai lineamenti drammatici, nonché potenzialmente tragici. Le basse temperature fatte registrare negli ultimi giorni, stanno via via logorando il fisico e la volontà delle migliaia di profughi rimasti in attesa di quel “via libera” necessario al prosieguo del loro viaggio. Un’autorizzazione che, a causa della controversa politica europea sull’immigrazione, tarda tutt’ora ad arrivare.