Alieni nel Mediterraneo

La giornata internazionale del Mediterraneo riporta alla ribalta il problema dell’inquinamento del Mare nostrum e delle specie non native del Mediterraneo che si stanno presentando nelle nostre acque. In Terris ha intervistato il biologo marino Paolo Balistreri, tra i promotori del progetto “Aliens in the sea” (Alieni nel mare), dedicato a sensibilizzare i cittadini sulla presenza di specie non native del Mediterraneo nei nostri mari.

In che cosa consiste il progetto Aliens in the sea?
“Il progetto ‘Aliens in the sea’ nasce nel 2017 da un’idea sviluppata insieme alla prof.ssa Anna Maria Mannino dell’Università degli Studi di Palermo) ed è volto a coinvolgere ogni persona nell’indagine scientifica, partendo dal presupposto che viviamo tutti sullo stesso pianeta ed ogni ambiente non è da considerarsi a tenuta stagna, ma vi è un’interazione tra ogni cosa. ‘Aliens in the Sea’ si prefigge, quindi, l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le categorie maggiormente interessate (pescatori, sportivi, diportisti…), al problema delle invasioni biologiche attraverso una corretta informazione. I cittadini, attraverso incontri, social media ed altri canali di informazione vengono informati ed invitati a partecipare attivamente alla  raccolta dati.  Il pdf informativo sulle specie aliene di su cui si fa ricerca è presente ormai in diversi siti web di enti come Amp Isole Egadi e Capo Carbonara, musei e diving, oltre che sulla pagina Facebook dedicata “Progetto Aliens in the Sea”. Qui è possibile visualizzare i file in formato jpeg e richiedere il formato pdf”.

Cosa si intende per specie aliena?
“Per specie aliena (introdotta, non nativa, non indigena, esotica) si intende un animale o vegetale proveniente da un’area esterna dove non era presente in passato. Ad oggi vengono considerate specie aliene quelle che entrano dal Canale di Suez. Attualmente il Mediterraneo presenta non solo queste specie, ma anche tanti altri organismi provenienti dallo Stretto di Gibilterra; quest’ultime non vengono inserite nel novero delle Nis (Non Indigenus Species). Le acque di zavorra delle navi sono considerate ad oggi un ottimo vettore per le specie aliene che, una volta arrivate nel Mediterraneo, possono trovare eventualmente le condizioni per svilupparsi e propagarsi. Ci sono diversi casi di specie aliene, ad esempio la Medusa Nomade (Rhopilema nomadica) ad oggi raramente segnalata nelle acque italiane, che ha apportato gravi danni all’economia locale di alcuni paesi del versante Sud Orientale. Ad esempio, alcuni pescatori sono arrivati a pescare nelle loro reti solo meduse. Grandi quantità di meduse portano ad una maggiore pressione sulle larve dei nuovi nascituri, siano essi pesci o crostacei: per tale motivo quello che è il quantitativo di pescato che in futuro può ottenersi viene a ridursi. Di recente si pensa ad introdurre alcune meduse sui menù in modo tale da mitigarne l’impatto. La medesima scelta si sta ipotizzando e verificando per alcune specie aliene considerate commestibili”.

Perché una persona dovrebbe imparare a riconoscere e segnalare le specie aliene?
“Perché ogni persona fa parte di una società attiva e di un mondo interconnesso. L’argomento relativo ai nuovi ospiti del Mediterraneo è collegato ad esempio al cambiamento climatico (famoso innalzamento delle temperature che hanno un ruolo sicuramente chiave nel mettere a loro agio le specie che provengono da mari caldi). Ma è solo uno degli esempi che si possono fare, ad esempio altro argomento che ci tocca direttamente perché ne siamo anche i fautori, è il problema della plastica che ad oggi è presente in ogni dove.

Quali sono i pericoli per l’ecosistema marino derivati dall’inquinamento? Cosa comporta la presenza di queste tipologie di organismi?
“L’inquinamento marino porta con la sua presenza uno stress per molte specie marine portandole alla morte o nel caso di specie commestibili trasformandole in vettori di veleni, vedi ad esempio molluschi come la cozza che, essendo filtratrice, immette dentro di sé diverse particelle di microplastica. Questo si evince anche da un’indagine condotta da Altroconsumo insieme alle associazioni di consumatori di Austria, Belgio, Danimarca e Spagna. La presenza di organismi come le specie aliene può destare sicuramente preoccupazione, soprattutto per quelle specie di cui non si conoscono bene gli effetti dell’interazione con altre specie, ambienti o organismi umani”.

Ci sono pericoli per l’uomo relativamente a queste nuove specie marine?
“Ci sono due esempi di  pesci che possono provocare problemi all’uomo, come i pesci palla ed i pesci scorpione. I primi sono tossici o causa della tetrodotossina, una potente neurotossina che rimane inalterata anche dopo la cottura del pesce. L'Ispra (Istituto Superiore dello Ricerca Ambientale) ha lanciato in merito ai pesci palla una campagna di sensibilizzazione e segnalazione, così come per lo Pterois miles (Pesce scorpione), pericoloso per via delle sue ghiandole velenose collegate alle pinne. La puntura può provocare forti dolori associati spesso a nausea, febbre, convulsioni, difficoltà respiratorie, vomito e diarrea. Ovviamente basta non mangiare queste  specie e prestare attenzione a non toccare il Pesce Scorpione”.

Perché ci deve stare a cuore la cura dell’ambiente marino?
“Perché è la culla della vita. Al mare siamo legati per molti aspetti. Rispettando il mare e le sue creature quindi, rispettiamo noi stessi”.

Come si può prendere parte al progetto Aliens in the Sea?
“Relativamente ai vegetali di interesse (descritti nel pdf di cui si è detto) si chiede di descriverne, grazie all’ausilio di una cornice di 20×20, la copertura, cioè quanto fondale ricoprono. Nel poster è indicato un range di copertura che può aiutare i cittadini per capire come muoversi per dare la segnalazione. Per gli animali si chiede invece di indicare il numero di unità. È fondamentale che le informazioni siano corredate da una documentazione fotografica che serve ai fini della verifica di ciò che ci si sottopone. Le informazioni serviranno a incrementare le conoscenze su queste ‘nuove’ specie presenti nel Mediterraneo e creare un database condivisibile con altri colleghi che si occupano di specie aliene anche al fine di individuare possibili strategie per mitigare gli eventuali impatti”.