#AleppoDay, l’appello dell’Unicef per fermare la sofferenza dei minori in Siria

Aleppo non esiste più. E’ una città fantasma martoriata dai bombardamenti. La guerra ha cambiato il volto di quella che una volta era il centro abitato più grande della Siria (vantava una popolazione di quasi due milioni di abitanti, diverse migliaia in più rispetto alla capitale, Damasco). La guerriglia tra i ribelli e le forze governative, iniziata nel 2012, prosegue senza sosta, trascinandosi dietro un triste primato: 23.863 bambini sono rimasti uccisi. Di questi, l’86% è deceduto per mano del regime di Assad.

Numeri di quella che si può considerare la più grande tragedia umanitaria del nostro tempo e che hanno spinto l’Unicef a proclamare per il 22 dicembre l’#AleppoDay, una giornata ” dedicata a informare, raccontare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione dei bambini di Aleppo colpiti dalla guerra. Sui bambini non ci sono schieramenti né con i ribelli né con Assad, bisogna stare dalla parte dei piccoli innocenti che patiscono l’inferno e basta – afferma Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia -. Bisogna rompere il muro dell’indifferenza che copre questa guerra infame da quasi sei anni. Sarà una giornata dove cercheremo di sensibilizzare i cittadini su quanto accade in Siria, dove raccoglieremo fondi per inviare coperte e beni di prima necessità”.

“Stanno arrivando inaspettatamente tante adesioni da molti settori della società civile. Mi auguro che anche la stampa faccia la sua parte, come già sta accadendo in queste giorni, dedicando servizi e approfondimenti no stop a questa emergenza – prosegue Iacomini -. Aleppo sta vivendo momenti bui. I nostri operatori sul campo, 200 circa in tutto il Paese, raccontano di bambini traumatizzati da ciò che stanno vivendo, testimoni di esecuzioni, violenze, incendi ovunque. Molti di loro hanno urgente bisogno di assistenza psicologica specializzata, perché hanno subito traumi violenti, conoscono solo la guerra”.

“Per i più piccoli è divenuto normale essere bombardati o dover fuggire, come se per loro i raid non sono un pericolo ma qualcosa che fa parte della vita di tutti i giorni”, prosegue il portavoce. “E’ orribile e inaccettabile. Il 22 dicembre mi auguro sia il giorno del ritorno dell’umanità per chiedere pace e porre fine a questa guerra ingiusta” che ha provocato quasi 5 milioni di profughi.

“Proteggere i bambini di Aleppo che hanno vissuto quattro anni infernali sia durante che dopo l’evacuazione, garantire loro sicurezza e assistenza umanitaria, sono le priorità. Per questo in occasione dell’#AleppoDay chiediamo a tutti i cittadini e le famiglie italiane di esporre sui loro balconi, per tutta la giornata di giovedì, una coperta, simbolo di calore umano e protezione, quella di cui hanno bisogno questi bimbi”, prosegue Iacomini. “Un gesto simbolico mentre il conflitto in Siria entra nel suo sesto anno di ferocia e crudeltà colpendo milioni di innocenti indifesi“.

“In attesa di una soluzione politica che metta fine alla guerra estendiamo l’invito anche alle istituzioni, al Parlamento, al Governo affinché espongano assieme alle coperte, nei luoghi simbolo della nostra democrazia, l’immagine dei bambini di Aleppo, perché al di là di ogni questione diplomatica o politica – conclude il portavoce -, tutti siamo concordi nell’affermare che i bambini vanno difesi ovunque essi si trovino, come recita la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che tutti i Paesi del mondo hanno ratificato ma che resta il trattato più violato del pianeta“.

Per l’Unicef, quella che si sta consumando in Siria è la peggiore strage di bambini del nostro tempo, più grave di quella della Bosnia e del Ruanda. I dati diffusi dall’ong mostrano un quadro a dir poco critico: “I bambini sono mutilati, uccisi senza pietà, gravemente scioccati da tutto quello che stanno vivendo come la perdita di genitori o parenti che spesso vengono giustiziati a freddo, torturati o costretti alla fuga“. Media locali riferiscono che durante l’escalation di violenza, seguita al fallito cessate il fuoco, decine di bambini sono rimasti feriti ma una volta arrivati nei pochi ospedali rimasti, i medici non hanno potuto fare molto poiché non ci sono più mezzi per farlo. I dossier diffusi raccontano di migliaia di minori che affrontano questo dramma separati dai loro genitori, spesso perché orfani. Di giorno si nascondo dai bombardamenti e dalle sparatorie, mentre di notte sono costretti all’addiaccio (le temperature scendono anche a 4°C sotto lo zero) senza avere la possibilità o i mezzi per potersi scaldare. Da questi bambini sale un grido rivolto a tutte le nazioni: “pace“. Ma il mondo pare sia sordo.