Alcolismo e giovani, don Aldo Buonaiuto: “Mai banalizzare”

Setta

In Italia la diffusione dell'alcolismo fra i giovani è un fenomeno in ascesa. Nel 2018, secondo i dati riportati dal settimanale Panorama, i minori che hanno preso l'abitudine di consumare occasionalmente alcol sono aumentati dell'1%. Un dato preoccupante, a cui si aggiunge un altro risvolto: sono cambiate le modalità di assunzione. Se, una volta, un “dito di vino” una tantum era la trasgressione dei giovani nelle cene familiari, oggi sempre più minori consumano bevande alcoliche fuori casa (quasi il 30%) e tali alcolici sono associati al cosiddetto sballo, cioè alla voglia di “staccare la spina” dalla quotidianità.


L'intervento di don Aldo Buonaiuto a Rai Parlamento su alcol e giovani – Video © Rai

Non banalizzare l'alcolismo

Tra i fenomeni più in voga, il cosiddetto binge drinking, l'abbuffata di alcol. Una pratica che i giovanissimi hanno mutuato dai Paesi anglosassoni e che, solo in Italia, interessa circa il 16% della popolazione, vale a dire 8 milioni di consumatori. “Quando parliamo di dipendenze, l'alcolismo viene sempre messo da parte” dice don Aldo Buonaiuto, sacerdote dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, ospite a Rai Parlamento, il quale ritiene che il legame fra giovani ed alcol sia, innanzitutto un problema culturale. “In Italia – continua don Aldo – c'è una banalizzazione del problema dell'alcolismo”. Banalizzazione ancora più forte, se si pensa che ad essere responsabili anche gli adulti: “I genitori spesso non si rendono conto, nemmeno quando un figlio torna a casa ubriaco. Anzi, spesso ci ridono su” denuncia il sacerdote.

Segni di un disagio giovanile

Prima di opporre delle soluzioni efficaci, don Aldo ritiene utile vedere alle nazioni in cui l'alcolismo è affrontato seriamente: “Negli Stati Uniti e in altri Paesi europei c'è una grandissima attenzione e prevenzione. Noi siamo sicuramente indietro su questo” denuncia. Una mentalità tutta italiana, che maschera il vero problema alla radice del consumo di alcol fra i giovani. Sacerdote impegnato nel sociale, don Aldo ricorda come “nei ragazi che hanno problemi con l'alcol spesso c'è un vuoto che viene colmato dalla bottiglia” e, quindi, espressione di un reale disagio sociale, spesso consumato nelle medesime mura domestiche in cui gli adulti dovrebbero prestare più attenzione. “E così – continua – se c'è questa mentalità che bere non faccia così tanto male, è chiaro che l'iniziazione all'alcolismo non è percepita”.

Partire dall'educazione

La soluzione che propone don Aldo parte dalle strutture educative: “Si deve partire dalle scuole – dice -, perché la scuola ha il dovere di aiutare le nuove generazioni a comprendere il problema del'alcolismo”. Accanto a una campagna di sensibilizzazione che deve partire dalle strutture deputate farlo, il sacerdote ricorda anche il “cattivo esempio” di alcuni spot pubblicitari, in cui l'alcol è associato a un'idea di successo: “La pubblicità deve mettersi in gioco per comunicare qualcos'altro, non fornire esempi negativi dove sballarsi fa tendenza, diventa un modello”. Per don Aldo, prendere consapevolezza del problema significa anche riconoscere la responsabilità degli adulti: “Gli adulti – ha ricordato – possono essere fabbricanti di vita o di morte”.