Al via la Cop25 sul clima. Guterres: “Sforzi finora insufficienti”

Time for action”. È lo slogan della Cop25, la venticinquesima riunione annuale delle Nazioni Unite sul clima, che ha lo scopo di invitare i 196 Paesi partecipanti e firmatari dell'accordo di Parigi a rivedere la loro agenda sulle emissioni di gas a effetto serra per ridurne significativamente l'impatto entro il 2020. I lavori, che dureranno una settimana, si aprono all'insegna delle novità. Inizialmente, il vertice era previsto a Santiago del Cile, poi è stato spostato a Madrid su richiesta dello stesso presidente Sebastián Piñera, incapace di ospitare la riunione in una capitale stretta nelle proteste contro il caro vita degli ultimi mesi. Gli Stati Uniti sono il grande assente, con Donald Trump che ha fatto marcia indietro sull'intesa caldeggiata dall'ex presidente Barack Obama nel giugno 2017. Alla prima linea del dissenso, si unisce anche il Brasile: in una recente visita nella regione amazzonica, il presidente del Paese, Jair Bolsonaro, ha bollato le politiche ambientali come un ostacolo allo sviluppo del Brasile, contro gli esiti di alcuni rapporti scientifici: secondo Imazon, un osservatorio indipendente che monitora la deforestazione in tutta l'ecoregione amazzonica, nel settembre 2018 sono stati sradicati alberi in un'area estesa oltre 444 chilometri quadrati: l'84 per cento in più rispetto al settembre 2017.

Conto alla rovescia

“Il punto di non ritorno non è più oltre l'orizzonte“, ha dichiarato il segretario generale dell'ONU, António Guterres all'apertura dei lavori questa mattina. Già tempo prima, il Cile aveva definito il vertice come “il più ambizioso mai realizzato. Sul punto sono d'accordo anche le Nazioni Unite, che hanno rivisto gli obiettivi di Parigi come “irrealizzabili” nel mantenere il riscaldamento del pianeta entro 1,5 °C. Per Guterres va cambiato il paradigma: “Nei prossimi 12 mesi sarà essenziale garantire impegni nazionali più ambiziosi, in particolare da parte dei principali produttori, per iniziare immediatamente a ridurre le emissioni di gas serra a un ritmo coerente con l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050”. Le parole di Guterres adombrano i dati del rapporto dell'Organizzazione meteorologica mondiale che verrà pubblicato questa settimana, secondo cui il riscaldamento globale è un fenomeno sempre più continuativo e dagli effetti di gran lunga fatali per molte specie del regno animale e vegetale. Il segretario generale dell'Onu riconosce che “manca ancora la volontà politica“, nonostante nutra “speranza” che la situazione possa essere affrontata.

Marzio: “Cambiamento climatico vuol dire democrazia”

Alla Cop25 sono presenti 25mila delegati, fra cui Greta Thunberg, la giovane attivista svedese promotrice del movimento globale Fridays for Future, che i venerdì degli ultimi mesi ha raccolto milioni di giovani nelle piazze di tutto il mondo. Alla protesta di Greta si sono unite le voci di tanti ragazzi, come Marzio Chirico, un giovane studente di psicologia clinica e fra gli organizzatori di Fridays For Future Roma: “Per me è stata una presa di consapevolezza, acquisita leggendo gli articoli sul National Geographic – ha detto -. Poi, grazie a Greta, è nato quello stimolo in più a interessarsi e a fare qualcosa di concreto. Grazie ai nostri scioperi, alle nostre azioni, le persone stanno gradualmente prendendo consapevolezza dei problemi”. E su Greta presa a modello da tanti di loro ha detto: “Per noi una ragazzina di 16 anni così ostinata da scendere in piazza ha sicuramente da insegnarci qualcosa. Vedremo la storia cosa ci dirà, però noi ragazzi ci prendiamo il fregio di essere dei modelli, perché stiamo cercando di far capire che quello del cambiamento climatico globale è un problema che riguarda tutti”. Per Marzio, non c'è futuro scevro dalla sostenibilità: “Mi vedo su mezzi di trasporto ecologici e molto più consapevoli. Si tratta di una responsabilità personale, ma parte anche dalle grandi aziende”. A chi li bolla come giovani che scioperano per andare contro-corrente, lui risponde: “Non vogliamo attaccarci alle etichette, che si tratti di lotta, combattimento o presidio. Scendere in piazza vuol dire capire che il cambiamento climatico è una questione epocale e totalizzante, perché riguarda tutti gli aspetti del sistema economico, produttivo e sociale: il cambiamento climatico non prescinde dalla democrazia“,