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La fragilità della snowflake generation

La cosiddetta “snowflake generation” (generazione fiocco di neve) riguarda la condizione di molti giovani, di tutto il mondo, nati nei primi anni ‘90, troppo fragili e sensibili per la durezza della vita contemporanea, sino a essere incapaci di accettare critiche al loro piano ideologico.

Fiocchi di neve

La caratterizzazione di questa gioventù contemporanea è definita con l’abituale locuzione di lingua inglese, stavolta molto centrata. Sta a evidenziare la debolezza dei ragazzi che, alle prime difficoltà, si perdono d’animo e, figuratamente, si sciolgono come fiocchi di neve.

Tale generazione pone in primo piano l’aspetto emotivo personale e pretende che sia tutelato in partenza; in un secondo momento si possono valutare le questioni sociali, economiche e politiche.

Si tratta di un fenomeno già noto, di carattere mondiale, globalizzato, che si trascina da qualche anno senza avere, al momento, via d’uscita. È molto importante, tuttavia, capire se, alla luce della pandemia, sia cambiato qualcosa per i “fiocchi di neve” italiani: se si siano responsabilizzati e sia cambiata la loro ferma posizione oppure se abbia subito un’accelerazione negativa.

I dati Istat

I dati statistici possono offrire delle indicazioni valide. Il rapporto annuale 2020, pubblicato dall’Istat lo scorso 3 luglio offre, infatti, uno spaccato interessante e variegato del mondo giovanile di adesso, alla luce delle variazioni intervenute con il virus che ha modificato abitudini e certezze. È utile estrapolare alcuni dati.

L’Istat afferma “Tra le altre categorie deboli della forza lavoro dipendente, vi sono i lavoratori relativamente più giovani (fascia d’età 15-29 anni) che guadagnano circa l’11 per cento in meno rispetto alla retribuzione mediana – un effetto implicito della bassa tenure lavorativa – e i lavoratori a tempo determinato la cui paga è inferiore del 9 per cento a quella mediana, con un differenziale rispetto ai lavoratori con contratto stabile che sfiora il 14 per cento”.

Snowflake generation

Durante la quarantena “I pasti sono diventati momenti conviviali anche nei giorni feriali. La quota di quanti hanno dedicato più spazio a queste attività è maggiore tra i più giovani (41,8 per cento tra i 25-34enni), decrescendo con l’età. Non cambia solo il tempo dedicato ai pasti, ma anche la loro quantità e qualità e sono stati soprattutto i giovani (39,5 per cento) a riferire di aver mangiato più del solito […] La riscoperta del piacere di cucinare è trasversale alle classi di età, ma riguarda di più i giovani da 18 a 34 anni anche maschi […] Sono soprattutto i giovani fino a 34 anni e le persone nelle classi di età centrali ad avere visto la TV in misura maggiore rispetto al periodo precedente: 53,2 per cento tra i 18 e i 34 anni e 50,1 tra i 35 e 54 anni. Il 22 per cento circa ha ascoltato la radio […] Quote più elevate di chi dichiara di non aver mai pregato durante il periodo di lockdown tra gli uomini (58,1 per cento) e i giovani fino a 34 anni (64,5 per cento) […] Quasi metà della popolazione di 18 anni e più ha fatto giochi di società o di altro tipo, con un coinvolgimento soprattutto dei giovani. La quota di chi ha usato videogiochi, è pari al 37,5 per cento tra i giovani fino a 34 anni”.

Scuola

A livello scolastico emerge che “In Italia hanno almeno un diploma quasi i tre quarti dei giovani tra i 30 e i 34 anni (+11 punti percentuali rispetto al 2009), ma nell’Ue27 la media è dell’84%. Il divario è maggiore, e crescente, se si considerano i 30-34enni con titoli universitari, pari al 27,6% nel nostro Paese (ultimo nell’Unione insieme alla Bulgaria), contro il 40,3% per l’Ue27”.

Vittimismo

Il senso del vittimismo è una caratteristica della snowflake generation. “Creati” da genitori iperprotettivi e caricati di troppe responsabilità, questi giovani non vogliono essere contraddetti e non riescono a fronteggiare un’opinione contrastante. Sono stati coccolati, spronati a coltivare e formare il più possibile la propria personalità, unica, senza rendersi conto dell’esistenza di quella degli altri. Il fenomeno è globalizzato e pone molti giovani in una situazione di difficile interazione con la società e con il mondo del lavoro.

In tal senso, il “fiocco di neve” non può sciogliersi al primo imprevisto o delusione né cristallizzarsi come un chicco di grandine ma deve, con una buona dose di umiltà, essere obiettivo, effettuare, se necessario, un passo indietro (o in avanti) e rendersi conto di far parte di una comunità, non solo della famiglia di origine.

Genitori iperprotettivi

È auspicabile che, allo stesso tempo, i genitori iperprotettivi, poco propensi a cogliere e capire i “danni” procurati ai figli, sappiano quantomeno far tesoro del messaggio di allarme che proviene dall’esterno, dai media, dagli psicologi. Gli “adulti giovani” devono accettare il confronto e non considerare l’opinione contraria come un’offesa personale, un affronto alla loro ideologia ritenuta consolidata e immune a critiche (come se gli si fosse rivelata la verità d’improvviso, alla loro tenera età).

La saggezza della Chiesa

San Paolo VI conciliava la presunzione giovanile, l’ideologia innovativa e risolutiva con l’assodata saggezza degli anziani, sostenendo “Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro”.

Nelle parole di Don Lorenzo Milani echeggia la via e lo sprone indicato ai giovani che suona come un gong, oggi, dinanzi all’apatia mostrata. “Non vedremo sbocciare dei santi finché non ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale”, affermava il maestro di Barbiana.

Negli anni ‘60 e ‘70 i giovani erano convinti di poter cambiare il mondo, ne avevano davvero voglia. Ci hanno provato. Quelli di oggi, sembrano aver accettato l’impossibilità di cambiarlo, nonostante qualche anelito di rivendicazione a livello ambientale. Le polemiche e le prese di posizione avvengono in forma surrogata, attraverso quelle osservate, minuziosamente, in alcuni programmi televisivi ad hoc o nel digitare infiniti messaggi nelle discussioni dei social.

Nativi digitali

Paradossalmente, proprio per essere quasi tutti “nativi digitali” sono più portati a risolvere problematiche di natura informatica e tecnologica anziché quelle di carattere sociale e relazionale.

La società si è adattata a loro e viceversa: c’è un forte e reciproco rapporto di scambio; è sufficiente, tuttavia, un semplice granello di sabbia (o un fiocco di neve) a inceppare un meccanismo che poi risulta quasi impossibile sanare, sia per la scarsa capacità di adattamento dei soggetti, sia per la loro immodestia.

Politicamente molto corretti, ortodossi a livello ideologico e intrisi di buonismo, risultano poco duttili nelle argomentazioni di varia natura.

Coronavirus

La crisi finanziaria del 2008 ha avuto la sua parte nel rendere ancora più fragili questi giovani adulti e a far apparire come ostacoli insormontabili le prime incertezze economiche e occupazionali. È interesse di tutta la comunità mondiale capire quale sarà, per i nuovi adulti, la reazione dinanzi a questa seconda gravissima crisi innescata dal COVID-19. Ci sarà una presa di coscienza e di reazione, con spirito di innovazione e di mea culpa o il fiocco di neve si scioglierà per aria, ancor prima di toccar terra, finendo tra le spire più difficili della condizione umana?

Marco Managò

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