Scuola e disabilità, storia e auspici per un futuro inclusivo

disabilità

La storia dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità nelle istituzioni scolastiche italiane ha inizio con la promulgazione della cosiddetta Legge Gentile in cui vengono nominati per la prima volta i cosiddetti minorati ed in seguito, nel 1928, furono istituite le classi differenziali per gli allievi con lievi ritardi e le scuole speciali per ciechi sordi ed altre gravi disabilità che venivano ubicate luoghi distinti. In queste prime scelte riguardanti la scolarizzazione delle persone con disabilità prevaleva la cosiddetta logica dell’esclusione che si esprimeva nel rifiuto della presenza della persona disabile all’interno delle stesse classi in conseguenza alla stigmatizzazione conseguente alla stessa che all’epoca permaneva.

Le evoluzioni normative in materia di inclusione scolastica

A partire dagli anni ‘60 del 900 c’è stato un cambiamento di notevole portata da parte delle istituzioni statali che sono intervenute in modo più incisivo nell’ambito dell’inclusione scolastica delle persone con disabilità. In particolare, il DPR n.1518 del 22 dicembre 1967 enunciava che “i soggetti che presentano anomalie o anormalità somato-psichiche che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni e che abbisognano di particolare trattamento e assistenza medico didattica sono indirizzati alle scuole speciali. I soggetti ipodotati intellettuali non gravi, disadattati ambientali, o soggetti con anomalie del comportamento, per i quali possa prevedersi il reinserimento nella comune sono indirizzati alle classi differenziali”. Da questo enunciato si capisce che la percezione in materia di disabilità è mutata: È presente un approccio prevalentemente sanitario dove il recupero riabilitativo e funzionale avevano una netta prevalenza sugli aspetti didattici.

Gli anni ‘70 e ‘80 segnano l’avvio della cosiddetta fase dell’integrazione delle persone con disabilità nella scuola italiana tanto che, con la Legge 517 del 1977, che ha abolito quelle che venivano definite classe differenziali e contestualmente a ciò, veniva definito il ruolo degli insegnanti di sostegno con un inserimento effettivo nelle scuole degli alunni con disabilità favorendo una visione più inclusiva e tesa all’integrazione. Successivamente a questo, grazie all’impegno e all’opera sinergica delle associazioni di tutela delle persone con disabilità, la Corte Costituzionale con la sentenza numero 215 del 1987, sancisce in via definitiva il diritto delle persone con disabilità frequentare gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, dando vita ad una società maggiormente attenta ai bisogni delle persone più deboli.

La fase dell’inclusione scolastica

Uno spartiacque fondamentale su questo tema è rappresentato dalla Legge 104 del 1992 la quale promuove il pieno rispetto della dignità umana e dei diritti di libertà e autonomia della persona con disabilità e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società. Questa legge quadro insieme alla Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità del 2007 la quale dice che “Gli Stati parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo l’arco della vita” , segnano l’inizio della cosiddetta fase dell’ inclusione che sottolinea il concetto secondo la quale la disabilità non può essere la causa per il rinvio della frequenza scolastica e devono essere fornite risposte precise alle esigenze educative individuali delle persone con disabilità.

La situazione attuale

Allo stato attuale, secondo i dati Istat, che alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane rappresentano il 3,5% degli iscritti, pari a 300 mila persone con un incremento percentuale che, negli ultimi anni, ha sempre sfiorato i sei punti percentuali. Tanto premesso, è utile sottolineare che, la pandemia da Covid-19 ancora in atto e la conseguente attivazione della didattica a distanza, ha dato vita ad un ostacolo nel proseguimento dei percorsi di inclusione precedentemente intrapresi tanto che tra – aprile e giugno dello scorso anno – oltre il 23% degli studenti con disabilità non ha preso parte alle lezioni per svariati motivi, quali ad esempio: il disagio socioeconomico, le difficoltà dei familiari e la gravità della patologia invalidante.

È fondamentale favorire la piena inclusione degli alunni con disabilità ma, nonostante negli ultimi anni siano aumentati gli insegnanti di sostegno, il 37% di loro non ha una formazione specifica e, oltre a questo, permangono i problemi di accessibilità, a titolo esemplificativo si pensi che oltre una scuola su tre nella penisola italiana non è accessibile agli alunni con disabilità motoria.

L’impegno del mondo associativo

Rispetto a questo importante tema impegno delle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità permane in maniera molto forte, a tal proposito la presidente della sezione di Aias di Sondrio Alda Cattelini ha dichiarato che: “L’inclusione scolastica delle persone con disabilità è di fondamentale importanza. lo dico sia da insegnante in pensione che da appartenente e presidente di un’associazione. Bisogna favorire in ogni modo la scolarizzazione in ogni ordine e grado delle persone con disabilità perché questo elemento rappresenta un primo passo verso una vita indipendente. Bisogna però puntare molto sulla formazione degli insegnanti di sostegno che devono essere molto preparati e formati per favorire in ogni modo l’apprendimento e l’espressione delle attitudini e delle competenze dell’alunno con disabilità all’interno della classe e non in solitudine con l’insegnante di sostegno”.