L’inclusione nella sartoria. Spiegano i promotori dell’iniziativa “Fila e sfila…siamo in centomila”: “La nostra società è attraversata da varie ferme di disagio. A volte marcatamente evidenti. Altre poco riconoscibili e ‘sfumate’. Che, pur essendo sotto gli occhi di tutti, sono difficili da intercettare. E perciò sono condannate all’invisibilità e al silenzio”. aggiungono gli organizzatori dell’iniziativa: “Il malessere crea solitudine, emarginazione, diversità. Incomunicabilità, barriere. Ci siamo mossi a Roma con l’obiettivo di favorire e potenziare la creazione di una rete di scambi, informazioni, supporto, solidarietà. Nel territorio del VII Municipio. Per consolidare il senso di identità e di appartenenza alla collettività. Soprattutto nelle fasce di popolazione più fragili ed emarginate”. L’iniziativa si propone come scopo la valorizzazione del “lavoro di rete“. Ai fini dell’inclusione sociale di persone connotate da diversi tipi di fragilità e di marginalità. Il punto di partenza è la promozione di un’idea di inclusione fondata sull’abbattimento dei pregiudizi. Sulla partecipazione attiva. Sull’esercizio dei diritti di cittadinanza. E sul potenziale originale ed innovativo (anche economico) di riserve invisibili. In quanto poco conosciute e considerate.
Sartoria sociale
Le reti sociali, istituzionali, informali e di prossimità sono fondamentali nell’aiutare le persone con fragilità. Ad uscire dall’isolamento. A promuovere nuovi legami. A ristabilire un vissuto di appartenenza alla comunità. A recuperate un ruolo sociale attivo. Creando partecipazione, empowerment. Acquisizione di consapevolezza, benessere. Migliore qualità della vita. L’evento si articola in varie date, quelle già svolte, 11-12 settembre alla sala della Protomoteca in Campidoglio (su invito). E il 1° ottobre a Villa Lazzareni, aperto al pubblico. Nell’ambito della settimana del festival dedicato alla salute mentale. Organizzato dal dipartimento di salute mentale della ASL Roma 2. Manufatti solidali che compongono i capi d’abbigliamento. Proponendo modelli adatti ad ogni età. In un originale mix di tessuti, forme e colori. Stop, quindi, all’ossessione della magrezza. Sfila in Campidoglio la sartoria “oversize”.
Sartoria oltre i pregiudizi
Oltre ogni forma di pregiudizio e discriminazione. L’iniziativa nella capitale è realizzata dall’associazione “AssemblAbili GlobAli”. Con il gruppo delle lavoratrici all’uncinetto di “Solidarietà al Quadrato”. Il Centro Diurno Villa Lais (dipartimento di salute mentale Asl 2). E la Banca del Tempo del VII Municipio. La prima fase si è tenuta lunedì a Roma. Con la sfilata di abiti ed accessori. Interamente realizzati a mano dalle utenti dei laboratori di tessitura e sartoria del Centro Diurno Villa Lais. Ed è stato prezioso il contributo delle “uncinette”. E di una serie di associazioni impegnate in progetti sociali. Accettarsi anche nelle proprie imperfezioni rientra in quella che papa Francesco definisce “ecologia umana“. Perché anche l’essere umano “possiede una natura che deve rispettare”. E che “non può manipolare a piacere”, sottoline l’enciclica Laudato si’. “Fino a che punto siamo consapevoli del valore del nostro corpo e che anch’esso risponda a delle regole iscritte nella sua natura?- si chiede sul Sir Giovanni M. Capetta-. Prima ancora che ‘Tempio dello Spirito’, come è chiamato dalla Scrittura, il corpo e ciò che ci mette in relazione con l’ambiente esterno e con gli altri”.
Accettazione del corpo
Quindi “l’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune” . Chi vive secondo una logica di dominio sul proprio corpo esercita in qualche modo una tendenza di dominio anche sul creato. “Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana”, osserva il Pontefice. “Questa verità si applica in famiglia non appena i figli e le figlie si affacciano all’età dell’adolescenza– aggiunge Capetta-. Cosa succederebbe se non ci fossero i genitori a consolare, ridimensionare e relativizzare quando allo specchio una figlia o un figlio si vedono brutti, grassi e pieni di brufoli? Quante lacrime in più andrebbero versate se un papà o una mamma pazienti non si sostituissero al verdetto autodistruttivo di un figlio. E sapessero ricucire in lui l’autostima necessaria per affrontare il mondo? Purtroppo spesso la buona volontà dei genitori non basta. E in questi anni d’età si consumano i drammi di patologie anche gravi (incluse le forme più violente di anoressia e bulimia). Che sono proprio l’esito di un rifiuto del proprio corpo. Come di un compagno scomodo che non si riconosce più”. Basti pensare a tutto il fenomeno delle diete, che talvolta sembra seguire l’andamento di una moda. Vi è una cura del corpo che è sacrosanta e impone dei sacrifici.
Prototipi di bellezza
Però vi sono anche delle esagerazioni in cui l’obbiettivo da raggiungere non è la salute. Ma un ipotetico criterio di bellezza, spesso dettato da modelli consumistici che sono lontani dal benessere corporeo. La stessa chirurgia estetica spesso sembra rincorrere dei prototipi di bellezza. Che non si adattano all’età delle persone che vi si sottopongono. “La stessa tendenza in crescita di tatuarsi su zone sempre più vaste della pelle sembra rientrare in quel bisogno di comunicare agli altri, attraverso questi segni applicati, significati e messaggi diversi. E alternativi a quelli che il corpo stesso offrirebbe- puntualizza Capetta-. Riconoscersi creature. Accettarsi anche nelle proprie imperfezioni. Tutto questo avviene principalmente fra le mura domestiche. Ed è fondamentale non perdere le occasioni di dialogo e confronto. Perché nessuno si senta solo. Ma possa sviluppare una sempre più solida consapevolezza di sé“.