Papa Francesco, in un recente messaggio rivolto alla Commissione Internazionale dell’Apostolato Educativo della Compagnia di Gesù, ci ha esortato a “passare dalla cultura dell’io alla cultura del noi” e di mettere “la persona al centro”. Questo obiettivo, in primis, va perseguito attraverso il fare comunità che presuppone l’impegno a 360 gradi per il bene comune e soprattutto per includere coloro che vivono in condizione di fragilità.
A Scalea, una città situata sull’alto Tirreno, in provincia di Cosenza, la “cultura del noi”, sta trovando concreta attuazione nelle attività della cooperativa “Progetto Germano” la quale, in un territorio molto particolare, si impegna per dare una nuova opportunità di inserimento sociale alle persone in difficoltà, dando loro una speranza futura nel solco del lavoro, della legalità e della fraternità, valorizzando le eccellenze della Calabria, come il peperoncino e il cedro. Interris.it, in merito a questa attività di prossimità e inclusione lavorativa, ha intervistato Fabio Cifuni, presidente della cooperativa sociale “Progetto Germano”.
Cifuni, come nasce e che obiettivi ha la cooperativa sociale “Progetto Germano”?
“Noi, con la cooperativa sociale ‘Progetto Germano’, non abbiamo un solo obiettivo, ma abbiamo tante piccole opportunità di lavoro. Basti pensare che, prima della pandemia, abbiamo partecipato a un bando con ‘Fondazione Con il Sud’ e abbiamo ottenuto un furgone che, in vari luoghi, ci permette di fare la pizza fritta napoletana, e sui cui operano cittadini extracomunitari che desiderano avere un lavoro dignitoso in Calabria e in Italia. Ad oggi, in tutto il Paese, esistono due furgoni di questo tipo, uno a Scalea e uno in provincia di Napoli. Vogliamo cercare, quanto più possibile, di far capire che, attraverso un lavoro dignitoso, si creano i presupposti di un futuro serio.”
Quali sono i vostri desideri per il futuro in riguardo allo sviluppo delle vostre attività e all’aiuto nei confronti delle persone in condizione di fragilità?
“Noi speriamo di crescere sempre di più perché, così facendo, riusciremo ad essere un punto di riferimento per le persone in condizione di fragilità. Si consideri che, essendo una cooperativa sociale di tipo B, il 70% dei nostri dipendenti, devono essere in condizione di svantaggio o disabilità. Al momento siamo arrivati ad un massimo di trentasei operai stagionali perché, in questa zona, durante l’inverno, si fermano quasi tutte le attività. In futuro quindi, attraverso diversi progetti, vorremmo riuscire non solo a lavorare nove mesi, ma per tutti i dodici dell’anno.”
In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione di prossimità?
“Chi lo desidera, può aiutare la nostra azione, venendoci a trovare e comprando i nostri prodotti, anche sul nostro sito internet, dove sono riportate tutte le informazioni in merito alle attività che svolgiamo e, soprattutto, perché le facciamo.”
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