Prof. Galli: “Covid? Tutti abbiamo avuto timore che la situazione sfuggisse di mano”

L'intervista al professor Massimo Galli, in libreria con "Gallipedia - Voglio dire", scritto con la giornalista scientifica Lorella Bertoglio

Di emergenza in emergenza, di criticità in criticità, sembra proprio che i virus siano diventati i nostri competitor. Una biologia diventata oramai ostile per la vita di ognuno di noi. Ma è proprio così oppure abbiamo finalmente compreso in questo Paese il valore che la scienza e la ricerca possono avere per l’equilibrio e i riflessi di ognuno di noi? Per rispondere a questa domanda è necessaria non solo una competenza di tipo scientifico, ma anche l’esperienza di un uomo che ha dedicato la propria vita a combattere i virus e germi patogeni di qualsiasi natura. L’uomo Massimo Galli non si discosta quindi dallo scienziato, ma anzi si integra perfettamente con colui che è andato oltre le competenze prettamente tecniche per fornire un’idea più esaustiva e completa di quello che stiamo vivendo e che ci aspetta nel futuro.

“Gallipedia – Voglio dire”

Diventato un volto noto al pubblico durante la pandemia, Galli è ora in libreria con un libro scritto insieme alla giornalista scientifica Lorella Bertoglio, “Gallipedia – Voglio dire” (Vallecchi, pagine 256, euro 18). Sin dalle prime battute del volume si percepisce subito la sua inquietudine e la sua fermezza nel voler trasmettere l’importanza della serietà e della perseveranza nell’affrontare in modo responsabile uno dei momenti più delicati e difficili della nostra esistenza. Con lui si coglie un’idea diversa del concetto di cultura, intesa come complessità della conoscenza invece che come competenza di settore, limitata. Il suo libro è un viaggio attraverso gli occhi di un protagonista assoluto della scienza moderna che passa attraverso le sfaccettature di vita di un uomo semplice e diverso.

Professor Galli, si percepisce un po’ ovunque un clima di esagerata euforia, però magari l’emergenza sanitaria non è ancora finita. Concorda?

“Basta andare un attimo in giro per rendersi conto che c’è una evidente manifestazione di chi è assolutamente ottimista. Siamo tornati a fare e a veder fare le cose che si facevano prima della pandemia”.

Lei cosa prevede? Può fare una previsione sulle ulteriori mutazioni che potrebbero esserci?

“Come dico spesso, non è che io abbia la sfera di cristallo per poter fare grandi previsioni. Nonostante questo, si può francamente dire che bisogna tener conto che il virus muta con grande velocità e che si prospetta la possibilità di avere altre mutazioni circolanti in Italia. La Omicron 4 e 5 sarebbero già arrivate, ora bisogna vedere come si comportano. Tutto questo considerando che si tratta di varianti con grande capacità diffusiva. Ci va bene che molti sono già vaccinati e che diversi hanno già fatto l’infezione da Omicron, ma non c’è protezione né nell’uno né nell’altro caso dall’infezione da Omicron 2, 4 o 5. Nulla è garantito in termini di protezione dall’infezione in quanto tale con le varianti nuove. C’è però una protezione rilevante, conferita dal vaccino, dalla malattia grave o gravissima e ciò ha fatto cambiare gli scenari in termini di possibili futuri nuovi momenti di collasso degli ospedali o di ipersaturazione dei reparti di interesse cruciale”.

Non è finita qui, insomma.

“Va comunque detto che la storia non è finita. Mi pesa dirlo perché vieni proprio guardato talvolta o con aria arrogante o con quella implorante. L’arroganza di chi vorrebbe chiudere le cose con decreto (e non parlo solo dei politici, ma anche di una parte della gente). L’implorazione di quelli che si vorrebbero sentir dire che questo problema è alle spalle”.

Lei ha nominato la politica. Ritiene possibile un suo sbocco in politica? C’è qualcuno che la sta corteggiando?

“I corteggiamenti ci possono anche essere, ma mi sembra che ci siano soprattutto azioni preventive di coloro che temono che io scenda in politica. Me ne attribuiscono continuamente la volontà, ma nel momento in cui questo comunque non avvenisse, come credo che non avverrà, queste persone avranno avuto modo di cercare di accreditare le posizioni che prendo come una presa di posizione di tipo politico, screditandone i contenuti. Io non ho mai nascosto di essere politicamente orientato, come credo sia dovere di ogni cittadino. La mia è una visione di sinistra e tutti lo sanno, quindi non sto nascondendo nulla, ma non ho nessuna appartenenza politica a questo o quel partito e trovo tendenzioso volermi attribuire per forza posizioni verso una componente politica. Non è certamente così, perché sto cercando di lavorare come sempre su una problematica che, come tutti sappiamo, è assai tosta”.

C’è stato un momento in cui ha avuto veramente paura che la situazione ci potesse sfuggire di mano?

“All’inizio siamo passati dalla speranza che non ci fossero grosse conseguenze in Italia. Sembrava che il passaggio dei due famosi turisti cinesi non avesse comportato danni. Poi quando il 21 febbraio 2020 ci siamo trovati di fronte al disastro, un momento di timore di non farcela a tenere sotto controllo le cose credo che lo abbiano avuto tutti, soprattutto chi era in una posizione tale da rendersi conto di quanto vasto fosse il disastro. Proprio in quei giorni c’erano personaggi che non definirei altrimenti che raccontavano in giro che non era nulla di più se non una brutta influenza. Più lontani erano dalla clinica e dal vedere i malati e più parlavano a vanvera”.

A proposito di questi personaggi c’è qualcuno verso cui si vorrebbe togliere un sassolino dalla scarpa?

“No. Non voglio perdere tempo”.

Come ha accolto l’idea quando le è stata proposto di scrivere questo libro?

“Ero scettico sul fatto che a qualcuno potesse interessare conoscere un po’ di fatti miei ed è uno scetticismo che non ho finito di avere. È stata bravissima Lorella Bertoglio a farmi una serie di domande e a riuscire a estorcermi amichevolmente delle risposte. Insieme abbiamo confezionato una cosa che da una parte vedeva la mia intenzione di sfruttare l’occasione per raccontare le malattie di cui mi sono occupato. Dall’altra, c’è stata la capacità di farmi raccontare un po’ di aneddoti che vanno dalla mia infanzia alle cose che faccio e al mio contesto familiare amicale e sociale”.

Tra cui, la sua passione per l’Inter.

“Sono un interista di terza generazione. Questa è una delle mie parti nazionalpopolari, lasciatemela! Mio nonno a 21 anni nel 1908, all’atto della fondazione dell’Inter, c’era, ma non aveva un quattrino in tasca, quindi non figura tra i soci e fondatori ufficiali, ma ha fiancheggiato questo percorso”.

Intervista di Giulia Sorrentino per il settimanale Visto