Un povero “ambientale” su tre al mondo. Le più colpite sono le donne

Le storie di Veronica Nerupe, allevatrice del villaggio di Nasuroi, in Kenya e di Maria Tlou, 45 anni e sei figli in Zimbabwe dove il Cesvi sostiene le imprenditrici agricole che producono arance, paprika e zafferano nei distretti di Beit Bridge e Makoni

Emergenza ambientale a carico soprattutto della popolazione femminile. Nei Paesi a basso reddito il 50% delle donne è impiegato nel settore agricolo. Ma meno del 15% possiede la terra che lavora. Le donne nutrono il mondo. Eppure restano in gran parte escluse dai processi decisionali. Dall’accesso al credito, ai servizi e alle tecnologie. La povertà ambientale stringe il mondo in un assedio dimenticato. L’opinione pubblica globalizzata ignora i devastanti effetti socio-economici del “climate change“. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc, il 40% della popolazione mondiale (oltre 3,3 miliardi di individui) vive in Paesi “altamente vulnerabili al cambiamento climatico”. E i disastri dovuti all’innalzamento delle temperature potrebbero spingere sotto la soglia della povertà estrema altri 122 milioni di persone entro il 2030.Ambientale

Impoverimento ambientale

L’uguaglianza di genere è indispensabile ad un futuro sostenibile. Le comunità più vulnerabili e marginalizzate sono anche le più esposte alle conseguenze del cambiamento climatico. Violenza di genere e matrimoni precoci tra gli effetti collaterali del riscaldamento globale.  Numerose le testimonianze. Gli effetti del cambiamento climatico non risparmiano nessuno. Ma a farne le spese sono soprattutto le comunità più vulnerabili e marginalizzate. A cominciare dalle donne che nel Sud del mondo convivono quotidianamente con la siccità. Le ondate di calore. E le inondazioni. Fenomeni estremi che stanno spingendo al limite la capacità degli ecosistemi di reagire. Con shock che si susseguono senza tregua. E minacciano la sicurezza alimentare di milioni di persone. Da qui l’urgenza di puntare i riflettori su un riconoscimento. E cioè quello del ruolo primario che rivestono le donne nella lotta al cambiamento climatico.ambientale

Paesi a basso reddito

L’impatto dei cambiamenti climatici, quindi, non è lo stesso per gli uomini e per le donne. Queste ultime rappresentano il 70% dei poveri del mondo (1,3 miliardi di persone). E dipendono in misura maggiore per il proprio sostentamento dalle risorse naturali. Nei paesi a basso reddito sono molti i modi in cui il cambiamento climatico incide sulla vita di donne e ragazze. A cominciare dalla violenza di genere. Che aumenta nelle emergenze (cicloni, siccità, inondazioni, sfollamenti). E in contesti di risorse scarse. Il compito di procurare alla famiglia acqua e legna, infatti, è affidato tipicamente alle donne. E questo accresce esponenzialmente il rischio. Anche le spose bambine sono un effetto collaterale del cambiamento climatico. Le famiglie ricorrono al matrimonio delle figlie ancora piccole come meccanismo di sopravvivenza. A oggi il programma di Fondazione Cesvi ha raggiunto oltre 1.380 bambini e ragazzi. Che hanno usufruito di spazi di ascolto e/o percorsi di promozione del loro benessere. 660 genitori, che sono stati coinvolti in percorsi di genitorialità positiva. E supportati con consulenze psico-pedagogiche. E 559 professionisti (operatori e insegnanti), che sono stati formati. Per diventare ancora più efficaci nell’affrontare e prevenire il maltrattamento e la trascuratezza. Ambientale

Kenya

In Kenya Cesvi promuove programmi per la salute materna e infantile. Veronica Nerupe è un’allevatrice del villaggio di Nasuroi. Racconta: “Le bambine di 10, al massimo 12 anni, vengono promesse come spose a uomini adulti. In cambio di bestiame. Le collane che portano al collo rappresentano la promessa della famiglia al futuro marito. Spesso una bocca in meno da sfamare è l’unica soluzione per salvare dalla fame la figlia. E il resto della famiglia”. Come fare, dunque, per invertire la rotta e garantire alle nuove generazioni un futuro sostenibile? E’ necessario intervenire sulle disuguaglianze di genere. È quello che fa Cesvi nei Paesi più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. Dove ha messo in campo programmi che mirano a promuovere la sicurezza alimentare delle donne. Fornendo loro gli strumenti necessari per raggiungere l’autosufficienza. Ossia sementi. Bestiame. Attrezzature. Accesso al credito. Formazione.ambientale

Tecnologia in agricoltura

È il caso dello Zimbabwe. Dove l’organizzazione sostiene le imprenditrici agricole. Che producono arance, paprika e zafferano nei distretti di Beit Bridge e Makoni. Promuovendo l’uso della tecnologia in agricoltura. Dai sistemi irrigui agli impianti a energia solare. “Noi donne abbiamo più tempo per la famiglia. Mentre prima passavamo la notte nei campi. Ora l’irrigazione è automatica. E nessuno deve lavorare la notte“, racconta Maria Tlou, 45 anni e sei figli. Più a nord, in Kenya, Cesvi sostiene le piccole allevatrici di bestiame e pollame. Che, come Veronica, sono alle prese con una delle peggiori siccità degli ultimi decenni.ambientale

Emergenza siccità

“Ora so che per vendere le capre bisogna rivolgersi agli intermediari. Oppure venderle all’ingrosso. Grazie al bestiame sono riuscita a pagare le tasse scolastiche dei miei figli“, spiega la donna, 38 anni. Fondazione Cesvi da oltre 35 anni protegge in tutto il mondo l’infanzia. E le categorie sociali più vulnerabili. Con le Case del Sorriso. Offrendo loro opportunità di crescita e sviluppo. Cure. Accesso all’istruzione. E alla formazione lavorativa. Proteggendoli da ogni forma di violenza. Abusi. Sfruttamento. Trascuratezza. Cesvi ha scelto negli ultimi anni di portare l’esperienza maturata nei Paesi del sud del mondo anche in Italia. Intervenendo a Bergamo, Napoli e Bari. In collaborazione con partner locali. Attraverso un programma di prevenzione e contrasto al maltrattamento infantile. E, allo stesso tempo, di approfondire e studiare scientificamente il fenomeno. Grazie all’indice regionale sul maltrattamento all’infanzia. Realizzato insieme ad esperti di settore e rappresentanti delle istituzioni.