Coronavirus: l’azione di AIFO in Italia e nel mondo

La testimonianza di una giovane volontaria dell'associazione: i progetti, le esperienze, come aiutare gli altri

AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follerau) (https://www.aifo.it/) nasce nel 1961 a Bologna da un’idea di alcuni missionari comboniani assistiti da medici volontari, prendendo ispirazione dal giornalista francese Raoul Follerau, noto per aver dedicato la vita alla lotta contro la lebbra e l’emarginazione delle persone malate ed escluse dalla società.

Negli anni l’associazione ha aperto sedi in tutta Italia e ha ampliato di molto il suo raggio d’azione, come ci ha raccontato Silvia Pisano, studentessa universitaria volontaria per la sezione di Cagliari di AIFO da più di dieci anni.

AIFO nel mondo

“Al momento abbiamo una cinquantina di progetti attivi in diverse parti del mondo, in Africa siamo presenti in Guinea Bissau, Liberia e Mozambico, ma operiamo anche in Paesi come la Mongolia e soprattutto l’India e il Brasile”, spiega Silvia. “In particolare, India e Brasile hanno percentuali altissime di disabili e di malati di lebbra, benchè adesso siano considerati fra i Paesi emergenti dal punto di vista economico e quindi con meno bisogno d’aiuto.” L’intento di AIFO è di aiutare le persone disabili mediante progetti di inclusione su base comunitaria, come possono essere per esempio dei corsi di formazione che permettano agli assistiti di imparare un lavoro. Inoltre, sono attivi numerosi progetti indirizzati alle donne, con l’obiettivo di renderle indipendenti economicamente.

Il personale di AIFO segue i progetti sul campo solo per il primo periodo, per continuare a distanza una volta completata la formazione delle popolazioni locali.

L’avvento della pandemia ha complicato di molto le condizioni di lavoro di AIFO, specialmente in Brasile, dove è mancata una linea chiara da seguire da parte del governo. In Africa invece il lavoro di sensibilizzazione della popolazione ha funzionato molto bene, soprattutto grazie al contributo delle donne.

AIFO è affiliata a FOCSIV, è partner dell’OMS e co-fondatrice di due delle più importanti organizzazioni mondiali sulla disabilità, l’International Federation of Anty-Leprosy Association (ILEP) e l’ International Disability and Development Consortium (IDCC).

AIFO in Italia

Un obiettivo che AIFO si è imposta recentemente è di rafforzarsi sempre di più su territorio nazionale. “Soprattutto con la pandemia ci siamo resi conto che anche nel nostro Paese ci sono persone che hanno molto bisogno di aiuto”, racconta Silvia. “A Cagliari stiamo collaborando con l’Agesci per la formazione di giovani volontari, poi ci stiamo occupando di sensibilizzazione al Covid e di cercare finanziamenti per sostenere i nostri progetti all’estero. Riteniamo più importante la sensibilizzazione rispetto all’aiuto economico, è quello che sta alla base della fiducia nella nostra associazione.”

In occasione della Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra (ultima domenica di gennaio) AIFO è presente nelle piazze di tutta Italia con dei banchetti dove vende prodotti equi e solidali che sono acquistabili anche tramite il sito dell’associazione.

Come possiamo aiutare AIFO?

È possibile effettuare delle donazioni (anche singole) e fare acquisti. AIFO prevede diverse modalità di collaborazione oltre al volontariato, infatti, essendo affiliata a FOCSIV, accoglie anche ragazzi e ragazze impegnati nel Servizio Civile Universale, ed è aperta a partnership con aziende e alla promozione di attività educative nelle scuole.

Chi desidera collaborare può contattare la sede di AIFO della propria città, e dopo un periodo di formazione è possibile anche che i volontari trascorrano un periodo all’estero per aiutare nell’implementazione di uno dei suoi numerosi progetti.

Come sottolinea Silvia, entrare a far parte del mondo di AIFO è permesso letteralmente a tutte le età: “Io sono diventata volontaria di AIFO quando ero molto piccola, ho partecipato a uno dei campi-scuola che organizza ogni estate e che sono aperti a ragazzi di tutte le età e anche alle famiglie. Un paio di volte all’anno i volontari più giovani si incontrano per aggiornarsi sulle attività svolte con i gruppi locali e per svolgere attività di volontariato in qualche località italiana. È un’esperienza che consiglierei assolutamente già a 15-16 anni, ti apre la mente e ti fa considerare cose a cui non avresti mai pensato”.

Elena Zanin è una tirocinante della cooperativa sociale Volunteer in The World