Senza sostegno in pandemia un’azienda italiana su due. Ocse: “Eccesso di burocrazia e ritardi sul digitale”

Indagine Ocse sulle piccole e medie aziende italiane in un anno e mezzo di emergenza sanitaria. A livello geografico l'area più colpita è stata la provincia di Bolzano con circa il 34% dei posti di lavoro totali a rischio

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Operaie al lavoro in fabbrica
Un’azienda italiana su due ha dovuto affrontare un anno e mezzo di pandemia senza ricevere alcun sostegno. A documentarlo è l’Ocse. Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Gravi ritardi, inoltre, sul digitale. Sos per le piccole e medie imprese (pmi).
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Pmi post-pandemia

Il 54% delle piccole e medie imprese in Italia hanno avuto accesso al sostegno statale. Durante la crisi Covid-19. Ancora peggio all’estero dove la media Ocse si ferma al 33,6%. Il rapporto Ocse è dedicato alle piccole e medie imprese. E all’impatto che la pandemia ha avuto sulla loro attività. L’Italia è stata tra i Paesi più colpiti dalla crisi. E il peso è più spesso caduto proprio sulle piccole e medie imprese, rileva lo studio. I settori più colpiti rappresentano infatti il 40,2% dell’occupazione totale in Italia. La media Ocse è del 39,7%. Le pmi italiane a loro volta rappresentano la maggior parte dell’occupazione in questi comparti. Ben oltre la media. 87% contro il 75%.

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Rischio-liquidità

Le micro-imprese con meno di 10 dipendenti sono le più a rischio di crisi di liquidità. E rappresentano circa il 60% dell’occupazione in tali settori. Il rapporto Ocse rileva che il turismo è uno dei comparti più colpiti dalla crisi Covid. E in Italia rappresenta l’8,8% dell’occupazione totale. Contro il 6,7% della media Ocse. A livello geografico, l’area più colpita è stata la provincia di Bolzano. Con circa il 34% dei posti di lavoro totali a rischio. Per effetto dell’elevata concentrazione regionale nel commercio al dettaglio. Il settore in assoluto più colpito. E nei servizi di ristorazione e ospitalità.

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Catene globali di valore

Molte le insidie per le piccole e medie imprese italiane durante la pandemia. Le pmi, infatti, sono state tra le più esposte alle interruzioni delle catene globali di valore. Essendo altamente coinvolte nel commercio internazionale. Soprattutto come esportatrici. Inoltre, indica l’Ocse, potrebbero essere ancora più a rischio. Se gli investimenti esteri diretti saranno influenzati a lungo negativamente dalla crisi. Sos, inoltre, per la capacità di resilienza. E i punti deboli delle pmi in Italia. Anche se il rapporto promuove l’Italia. “Offre un contesto complessivamente favorevole all’ imprenditoria”, si legge nello studio. Tuttavia vari indicatori sono decisamente peggiori della media dei paesi Ocse.

Burocrazia

Emergenza burocrazia

In Italia le procedure amministrative per un’azienda sono molteplici. Il relativo indice per l’Italia è pari a 173. Contro il 101 medio Ocse. E in Italia i costi per avviare un’impresa sono molto elevati. Con un’indice pari a 13,8 contro 1,6 medio dei paesi Ocse. Inoltre sono alti anche i costi per risolvere un’insolvenza. Ci sono  crescenti squilibri nelle competenze per l’innovazione sul mercato del lavoro. Particolarmente in quelle necessarie nell’elettronica. Nei computer. E nel problem solving. Che sono sotto la media Ocse.pandemia

Ritardi

Le piccole imprese italiane sono anche in ritardo nel digitale. In particolare nell’e-commerce. E questo potrebbe essere un ostacolo per la ripresa. Solo il 31,5% utilizza la banda larga con velocità di almeno 100M bit al secondo. Contro il 72% della Danimarca. Inoltre il 45,6% utilizza i social media. Contro l’oltre 70% delle pmi brasiliane. Solo il 15,2% utilizza l’e-commerce. Contro l’oltre 50% delle aziende australiane. Va un po’ meglio nel cloud computing. Utilizzato dal 58% delle piccole imprese tricolori. Ma prima della classe, la Finlandia, è al 73%.

Sopravvivenza

In generale, il rapporto sottolinea che il sostegno dei Governi durante la pandemia ha aiutato le Pmi dei Paesi industrializzati a superare la crisi. Le misure che sono state adottate hanno permesso loro di sopravvivere e in diversi casi di prosperare. In Francia e Australia, ad esempio, le start up sono del 20% piu’ numerose rispetto al pre-cresi (in Italia invece sono ancora sotto i livelli del 2019) e oltre il 50% delle Pmi nei Paesi Ocse ha aumentato l’utilizzo degli strumenti digitali durante la crisi, riducendo quindi il divario rispetto alle grandi aziende.

Autonomi in pandemia

Tuttavia, ammonisce l’Ocse, molti meccanismi di sostegno per le pmi e gli imprenditori italiani sono giunti nella forma di debito. E se il rientro dovesse essere richiesto troppo rapidamente, potrebbe causare un’ondata di fallimenti. E ciò metterebbe a rischio la ripresa. Il sostegno pubblico è stato meno efficiente nel raggiungere le imprese più piccole e più giovani. I lavoratori autonomi. Come pure le donne imprenditrici. E gli appartenenti alle minoranze. Ampliando così le disparità pre-esistenti.