Un’opportunità per coloro che soffrono nel segno di San Leonardo

Interris.it ha intervistato i referenti della Caritas di Aversa per l'Opera San Leonardo

Nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, in special modo durante il primo lockdown, la Caritas Diocesana di Aversa, alla cui guida vi è Don Carmine Schiavone, dopo un confronto con i volontari e gli operatori della stessa, ha deciso di aprire la Casa dei Figli per ospitare le persone senzatetto. Dopo questa esperienza, ispirandosi alle azioni di San Leonardo, ossia il protettore di coloro che sono stati incarcerati ingiustamente, grazie ad una lungimirante scelta del Vescovo di Aversa Monsignor Angelo Spinillo, si è deciso di dar vita all’Opera San Leonardo con l’intento di restituire la dignità agli ultimi attraverso la coltivazione della terra e la cura degli animali.Interris.it ha intervistato, in merito a questa esperienza, Davide Griffo, operatore della Caritas da nove anni, da sempre in prima linea nell’opera di carità nei confronti dei più bisognosi e Luigi Dongiglio, seminarista in formazione per il sacerdozio che sta svolgendo l’ultimo anno di preparazione allo stesso presso la Caritas di Aversa.

L’intervista

Come nasce e che obiettivi si pone l’Opera San Leonardo?

“L’opera San Leonardo nasce per dare una risposta al territorio e ai bisogni che ci siamo ritrovati di fronte. Noi, come Caritas Diocesana, ci troviamo sul territorio di Aversa che è molto ampia e raggiunge 29 comuni della Campania, partendo da Nicola Mare per giungere a Caivano, in cui vi sono molti senza fissa dimora che purtroppo vivono le storie di strada, le quali sono piene di abbandono – sia da parte della società che dalle famiglie – e poi quello che riguarda le dipendenze. Abbiamo pensato, dopo aver conosciuto e accolto i nostri amici, di pensare a un futuro – quindi non solo di dare un pasto caldo e un posto letto – ma di immetterli come nuove persone, con una nuova vita, all’interno della comunità attraverso la creazione di un orto sociale con una superficie di 1200 metri quadrati di terreno dove i ragazzi ogni mattina si impegnano a produrre e creare un terreno fertile attraverso la piantumazione di molte piantine di stagione per poterle restituire in seguito alla comunità, sia nella mensa diocesana della Caritas di Aversa che alle altre realtà del territorio”.

Chi era San Leonardo?

“San Leonardo è un monaco vissuto tra il V e il VI secolo, la cui devozione si è diffusa in particolare per un motivo, egli viveva un rapporto di amicizia con il Re Clodoveo, il quale gli affidò un particolare privilegio, ossia quello di poter liberare tutte le persone ingiustamente incarcerate qualora ritenesse opportuno farlo. San Leonardo approfittò di questo privilegio per rendere un servizio di liberazione a tutte le persone che incontrava. Per questo motivo abbiamo scelto di assegnare a lui quest’opera segno della Caritas Diocesana di Aversa in quando, la devozione nei confronti di San Leonardo, è radicata anche all’interno del nostro territorio, in particolare la devozione alla Madonna della Preziosa a Casal di Principe, nel cui quadro ritroviamo appunto due immagini, quella di San Leonardo e quella di San Donato. San Leonardo è un santo del luogo, in modo particolare – il nostro Vescovo – ha legato queste due figure perché dice che, la Madonna Preziosa rimanda, in un certo qual modo, al prezzo del nostro riscatto che è il sangue di Cristo. Tutto si orienta verso il nostro processo di liberazione dal peccato e quello degli schiavi dalla schiavitù; per questo motivo, – abbiamo voluto affidare a San Leonardo – gli schiavi di oggi in quanto siamo su un territorio che incontra diverse forme di schiavitù, si pensi ad esempio al caporalato, alle dipendenze e quindi abbiamo voluto affidare a lui questi nuovi schiavi affinché possano essere guidati in questo processo di liberazione nonché di emancipazione”.

Il terreno agricolo e gli animali dell’Opera San Leonardo di Aversa

Quali sono le attività che si pongono in essere all’Opera San Leonardo nei confronti di coloro che hanno bisogno?

“Le attività che si pongono in essere sono quelle dell’allevamento, per cui abbiamo delle galline con la relativa produzione di uova, abbiamo un pony e una capretta che danno la responsabilità ai ragazzi che sono qui di prendersi cura di una creatura accudendo, rispettando e accompagnando le stesse. Oltre a questo, abbiamo la coltivazione di stagione, ossia di pomodori, fave e insalata. Un vero e proprio orto nel quale i ragazzi vittime di caporalato o coloro che vengono da terre straniere nelle quali il campo, gli allevamenti e l’agricoltura sono la base per sostenere le famiglie, donano la propria esperienza per poterla in seguito restituire alla comunità nonché poterla collegare alla promozione della nostra mensa con dei prodotti bio e sani, avvicinandosi anche a quello che sancisce l’Agenda 2030, quindi con il rispetto dell’ambiente, della terra nonché del valorizzare la stessa. Questo è anche un messaggio di sensibilizzazione che viene lanciato al territorio”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro?

“Il nostro non è un auspicio di poter produrre quanta più merce possibile oppure di far crescere il campo in maniera incredibile ma semplicemente di sensibilizzare, poter lanciare un messaggio positivo in una terra che poi ricordiamo è la Terra dei Fuochi; pertanto, nei luoghi dove la stessa è stata spesso maltrattata e di conseguenza lanciare un nuovo messaggio alle generazioni future, in particolar modo ai giovani. Infatti, all’Opera San Leonardo, si affacciano i giovani, le carceri con dei progetti per i detenuti, le comunità di recupero per i giovani e quindi, il nostro, è un messaggio di bene e di riscatto verso le fasce deboli. Vogliamo aiutare e favorire quanto più possibile questo processo di liberazione nelle persone perché l’interesse è quello di aiutarle a stare in piedi, a camminare sulle proprie gambe. Riconoscersi in un contesto nonché a sentirlo come casa e, a partire da questo, avviare un processo di rinascita in cui le persone possano prendersi cura dell’ambiente prendendosi cura di loro stesse e viceversa attuando una circolarità positiva attraverso il coinvolgimento di quante più persone in questo progetto essendo segno per il territorio. Il senso del nostro percorso è quello di favorire delle buone pratiche perché possano poi fecondare ed essere generative per il territorio in cui viviamo”.