Nel Regno Unito posti letto solo a chi ha possibilità di sopravvivere

A Interris.it, il Professor Francesco Moscone esperto di economia e sanità descrive i problemi della sanità britannica e le soluzioni necessarie a livello europeo

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“Johnson non ha mai creduto né alla semplice influenza né alla fantasiosa teoria sull’ immunità di gregge. L’unica strada sostenibile e forse credibile nel lungo periodo sono gli Eurobond che distribuiscono il rischio fra gli Stati membri della Comunità Europea” così riporta ad Interris.it Francesco Moscone, professore ordinario alla Brunel University London e professore associato alla Ca’ Foscari di Venezia.

Professor Moscone l’era neocapitalista, l’era della post-globalizzazione ha aumentato l’incidenza del Coronavirus. In futuro dovremmo aspettarci situazioni sempre più simili a quella che stiamo vivendo ora?
“Che l’era neocapitalista abbia agevolato la diffusione del Coronavirus non credo si possa mettere in discussione. Molti governi hanno preferito infatti voltarsi rispetto ad una tragedia annunciata, in nome del dio denaro. Il Regno Unito e gli Sati Uniti sono l’esempio più lampante in cui i governanti hanno, almeno nella fase cruciale inziale, preferito la salute dell’economia a quella dei loro residenti. Se i governi saranno frettolosi nel ritornare alla giungla del mercato, ci dobbiamo aspettare altre ondate di questa pandemia. E comunque esistono altri problemi, come il cambiamento climatico,  per alcuni paesi “inesistenti” (penso ancora all’amministrazione Trump), che invece dobbiamo velocemente fronteggiare, sia come individui sia come popoli, se non vogliamo estinguerci come specie umana”.

Qual è la condizione della sanità nel Regno Unito? Quante terapia intensive si contano?
“Per comprendere la situazione critica in cui verte in questo momento il servizio sanitario pubblico Britannico, bisogna comprendere che ormai in alcune parti del paese i posti letto in terapia intensiva sono garantiti solo ai pazienti che hanno una “ragionevole certezza” di sopravvivere. Questo fa capire come NHS non sia pronto a sostenere l’impatto di questo shock. All’inizio di marzo si contavano più di 4000 posti letto in terapia intensiva con circa 4 su 5 già occupati. Si sono fatti e si stanno facendo sforzi per aumentare la capacità, per esempio aumentando l’offerta del settore privato, ma la situazione è ancora critica”.

All’inizio della diffusione del Covid-19, il primo ministro Johnson lo ha derubricato a semplice influenza. Era corretta la sua previsione sull’immunità di gregge? Perché ha cambiato repentinamente idea?
“Cerco di risponderle in maniere molto diretta. Secondo me Johnson non ha mai creduto né alla semplice influenza né alla fantasiosa teoria sull’ immunità di gregge. Il primo ministro sapeva che fermare l’economia britannica nel bel mezzo della transizione attraverso la Brexit, ovvero una delle fonti di maggiore incertezza economica auto inflitta, sarebbe stato il KO tecnico per il Paese. Soltanto quando il suo team si è messo seriamente a leggere le statistiche sui contagi e morti così come il report dell’Imperial College, ha capito che se non avesse fatto qualcosa sarebbe passato alla storia come il mostro di questo nuovo secolo”.

Le frizioni in Europa sono molte. Per quali motivi non esiste un coordinamento europeo in tema di sanità?
“Qualcosa in Europa è stato fatto, penso all’Agenzia Europea per i medicinali. Tuttavia, nei fatti, ogni Stato fa come crede, soprattutto per quanto riguarda il business dei farmaci, permettendo così le lobby delle aziende farmaceutiche di trarne vantaggio economico anche a discapito dei più vulnerabili”.

Perché la maggior parte degli stati nel mondo arrivano in ritardo nella lotta al virus e non seguono le indicazione dell’Oms?
“Questi stati vogliono ritardare la chiusura del mercato. Ma è un comportamento irrazionale perché così facendo rischiano di non uscire dalla pandemia e quindi di ritardare di gran lunga la ripresa economica”.

In futuro dovrà cambiare la modalità con cui viene affrontato l’investimento nella ricerca e nella sanità?
“Certamente. Oggi le scienze sono sempre più  frammentate e fanno piccoli passi nella comprensione dei fenomeni sociali. Inoltre si è smesso da troppo tempo di mettere l’uomo al centro della discussione, rimettendo alla tecnologia la soluzione di tutti i nostri problemi. L’illusione della crescita infinita attraverso la tecnica e il tecnicismo pervade ogni individuo e paese”.

Il Regno Unito può sostenere l’emergenza senza aiuti economici europei? E l’Italia?
“Il Regno Unito potrebbe avere fretta di tornare a una situazione di normalità economica, e questo potrebbe farli ricadere nella pandemia. In generale, il debito pubblico crescerà per tutti i paesi, anche per quelli più indebitati, come l’Italia. Tuttavia con un debito pubblico più elevato, i tassi di interesse crescerebbero facendo diventare l’indebitamento più oneroso e quindi insostenibile dal punto di vista finanziario. L’unica strada sostenibile e forse credibile nel lungo periodo sono gli Eurobond che distribuiscono il rischio fra gli Stati membri della Comunità Europea”.