Mezzo secolo nel braccio della morte. Appello per Hakamada Iwao

112 stati hanno abolito la pena di morte per tutti i reati e altri nove per i reati comuni. Un impegno costante che ha consentito ad Amnesty International, in 62 anni, di salvare oltre 50 mila persone

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Papa Francesco esorta i governanti: la pena di morte va abolita in tutto il mondo. “In ogni condanna deve esserci sempre una finestra di speranza– afferma  La pena capitale non offre giustizia alle vittime. Ma alimenta solo la vendetta. La pena di morte attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona. Preghiamo affinché  sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo”. Nel 2022 sono state eseguite 883 condanne a morte in 20 stati. Con un aumento del 53% rispetto al 2021. Un dato drammatico che emerge dal Rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo. Amnesty International evidenzia che non si può rimanere indifferenti nei confronti di quei governi che fanno ancora largo uso della pena capitale. morte

Nel braccio della morte

Hakamada Iwao, giapponese ormai quasi novantenne, ha trascorso 45 anni nel braccio della morte, perlopiù in isolamento. Amnesty International segue la sua vicenda da decenni. Perché Hakamada non solo è stato il prigioniero che ha trascorso più tempo al mondo in un braccio della morte. Ma anche perché la sua è la condanna di un innocente. Nel 1968 Hakamada è stato giudicato colpevole dell’omicidio del suo datore di lavoro, della moglie e dei loro due figli. Per i decenni successivi, ha lottato per dimostrare che la sua confessione di colpevolezza era stata estorta dopo interminabili interrogatori gestiti con costanti pestaggi e intimidazioni. Dopo alterne vicende giudiziarie, uscito dal braccio della morte nel 2014, finalmente nelle ultime settimane l’Alta Corte di Tokio ha ammesso che ha diritto a un nuovo processo.morte

Speranza

La Dichiarazione universale dei diritti umani compie 75 anni. E la notizia della revisione del processo di Hakamada apre alla speranza di un lieto fine per questa storia lunga quasi mezzo secolo. Un lieto fine che è frutto anche dell’impegno incessante di Amnesty International contro la pena di morte e altre violazioni dei diritti umani. “Per molti anni, attraverso il 5×1000 in favore di Amnesty International Italia, abbiamo finanziato iniziative, mobilitazioni, appelli ed eventi in favore di Hakamada Iwao. Anche grazie alle tante persone che hanno deciso di sostenerci in questo modo, finalmente ce l’abbiamo fatta”, dichiara Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Scrivere ancora tante altre storie a lieto fine: questo l’impegno dell’organizzazione. Il numero delle esecuzioni registrate nel 2022 è il più alto da cinque anni. Si registrano 883 esecuzioni in 20 stati. Con un aumento del 53% rispetto al 2021. Il notevole incremento non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina. I dati rimangono un segreto di stato, dipende dagli stati dell’area Medio Oriente-Africa del Nord. Il cui totale è salito da 520 nel 2021 a 825 nel 2022. Nell’ultimo anno, sono cinque gli stati in cui sono state riprese le esecuzioni. Afghanistan, Kuwait, Myanmar, Palestina e Singapore.morte

Stop alle esecuzioni

“Non si può mai accettare – spiega Noury – che lo stato uccida per mostrare che non si deve uccidere. Ma quando a rischiare l’esecuzione è un innocente o addirittura viene messo a morte un innocente, è ancora più inaccettabile. Hakamada Iwao per ora è salvo. La vita di tante persone, condannate alla pena capitale per reati che non hanno commesso, è ancora in pericolo: come quella dello scienziato Ahmadreza Djajali, che da sette anni rischia l’impiccagione per ciò che non ha mai fatto: la spia. Per difendere i diritti umani in tutto il mondo, dal 1961 Amnesty International dà voce a migliaia di persone che vedono minacciate o violate la propria dignità e libertà. Un impegno costante che ha consentito all’organizzazione, in 62 anni, di salvare oltre 50 mila persone. Con la campagna #Amnestyseitu, l’organizzazione chiede di sostenere il suo impegno quotidiano contro la pena di morte. E contro tutte le altre forme di violazione dei Diritti Umani. Amnesty International si oppone incondizionatamente alla pena di morte. Ritenendola una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più di due terzi dei paesi nel mondo. La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente. E il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione.

Cultura di morte

Oggi, più di tre quarti dei paesi al mondo ha abolito la pena capitale per legge o nella pratica. Il numero delle esecuzioni registrate nel 2022 è il più alto da cinque anni, a causa dell’aumento delle condanne a morte eseguite nell’area Medio Oriente-Africa del Nord. Abbiamo registrato 883 esecuzioni in 20 stati, con un aumento del 53% rispetto al 2021. Il notevole incremento, che non tiene conto delle migliaia di condanne a morte presumibilmente eseguite in Cina, dipende dagli stati dell’area Medio Oriente–Africa del Nord, il cui totale è salito da 520 nel 2021 a 825 nel 2022. Il dato preoccupante è che il 90 per cento delle esecuzioni registrate, dunque esclusa la Cina, ha avuto luogo in soli tre paesi dell’area Medio Oriente-Africa del Nord. In Iran sono salite da 314 nel 2021 a 576 nel 2022; in Arabia Saudita sono triplicate, da 65 nel 2021 a 196 nel 2022. Il più alto numero registrato da Amnesty International in 30 anni. E in Egitto, dove sono state messi a morte 24 prigionieri.morte

Pena capitale

L’uso della pena di morte è rimasto circondato dal segreto in diversi stati – come Cina, Corea del Nord e Vietnam – comunque noti per l’ampio uso della pena capitale. Il numero reale delle esecuzioni è dunque assai più alto. Sebbene non sia chiaro quante volte sia stata applicata la pena di morte in Cina, è evidente che questa sia rimasta in testa alla lista delle esecuzioni, seguita da Iran, Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti d’America. Di fronte a questa situazione, un po’ di speranza arriva dai sei stati che, nel 2022, hanno abolito in tutto o in parte la pena di morte. Kazakhstan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone hanno abolito la pena di morte per tutti i reati, Guinea Equatoriale e Zimbabwe per i reati comuni. Alla fine del 2022, 112 stati avevano abolito la pena di morte per tutti i reati e altri nove stati l’avevano abolita per i reati comuni.