Papa Francesco, nel corso del suo pontificato, ha sottolineato più volte l’importanza della formazione nell’ambito della comunicazione come strumento vitale per il futuro della società, incoraggiando un approccio prudente nella comunicazione, specialmente nell’ambito del digitale. In particolare, il Santo Padre, qualche tempo fa, incontrando la Federazione Italiana Settimanali Cattolici, ha rimarcato l’importanza di rafforzare l’etica e l’integrità della professione, richiamando, sulla base del Vangelo, i giornalisti ad essere “prudenti e semplici”. Interris.it, su questi temi e sulle sfide che attendono il mondo dell’informazione cattolica, ha intervistato Monica Forni, giornalista e presidente regionale lombarda dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana.
L’intervista
Forni, in che modo, i giornalisti cattolici, possono coniugare il diritto all’informazione e il rispetto dell’opinione pubblica in questo frangente storico fortemente connotato da una crescente tensione internazionale?
“Semplicemente facendo il loro lavoro nel modo più corretto possibile. A questo riguardo vorrei ricordare che l’UCSI è nata nel 1959 con uno scopo che, anche in questo momento storico, potrebbe essere riproposto. Il documento che dava il via alla nostra assemblea costitutiva diceva che, l’Unione dei Giornalisti Cattolici, doveva essere finalizzata a ‘valorizzare il contributo dei laici cattolici impegnati nella comunicazione, per accrescere nell’opinione pubblica la stima per il giornalismo quale strumento di verità, giustizia e fraternità’. In queste tre parole è racchiusa la nostra missione di giornalisti cattolici, che devono guidarci in questo momento storico in cui, il diritto all’informazione, è a rischio per molti motivi, come ad esempio i regimi dittatoriali, l’Intelligenza Artificiale e per la grave crisi dell’editoria. Ormai, da quasi vent’anni, assistiamo a una perdita di copie dei giornali e della loro lettura, anche per quanto riguarda l’online. Le persone tendono ad informarsi in un altro modo oppure a non farlo. Dobbiamo quindi cercare di far capire che, il giornalismo, è diverso: la comunicazione è una cosa e l’informazione è un’altra. Finché noi porteremo avanti verità, giustizia e fraternità e faremo con serietà il nostro lavoro saremo credibili e riusciremo a fermare la crisi del giornalismo e anche della libertà di stampa”.
Negli ultimi tempi si parla sempre più spesso di Intelligenza Artificiale. In che modo, il mondo del giornalismo, può affrontare questa nuova sfida dal punto di vista etico e professionale?
“Papa Francesco si è posto questa domanda e ne ha fatto l’oggetto del suo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali. L’Intelligenza Artificiale, certamente, ci pone davanti a dei pericoli, a delle sfide, ma anche a delle opportunità. Non possiamo far finta di non sapere che, all’estero ma anche in Italia, molte testate, si appoggiano a questo strumento, con l’intento di velocizzare i processi, ma non ne siamo così sicuri. Il pericolo è la perdita di posti di lavoro e credibilità. Sono sotto gli occhi di tutti le fake news e le immagini che sono circolate. L’I.A. lavora moltissimo su queste ultime e può ricreare diversi elementi, tra cui anche le voci nelle interviste. La possibilità per i lettori di discernere ciò che è vero da ciò che non lo è o è verosimile, costituisce per noi, un grosso richiamo. Dal punto di vista etico e professionale, noi giornalisti, dobbiamo fare il nostro lavoro con serietà. Non devono venire meno le caratteristiche fondamentali della nostra professione, ovvero l’interpretazione dei dati, la relativa contestualizzazione, il collegamento ad altri ambiti di interesse e la presentazione degli stessi. Solo in questo modo, forse, riusciremo ad arginare lo strapotere e il pericolo dell’I.A. la quale, quando diventa generativa, può minare, non solo il nostro lavoro, ma anche diversi altri ambiti della nostra vita”.
Quali sono, a suo parere, i fondamenti di quello che potremo definire “giornalismo costruttivo”? Che ruolo dovranno avere i giornalisti cattolici su questo versante?
“Il ‘giornalismo costruttivo’, nato nei Paesi del nord, sta prendendo vita, come prospettiva, anche da noi. Dobbiamo metterci in mente che, non basta più, presentare i dati e rispondere alle cosiddette ‘5W’ del giornalismo, ovvero ‘che cosa’, ‘chi’, ‘dove’, ‘quando’ e ‘perché’. Dobbiamo fare un salto qualitativo e spiegare quali sono gli aspetti positivi e dare tutti gli strumenti necessari. Siamo all’inizio. Ucsi sta collaborando con alcune associazioni che si occupano di questo tema. È un modo un po’ diverso di affrontare le notizie: una volta raccontati i fatti dobbiamo chiederci dove guardare, cosa può accadere e ciò che stanno facendo le persone di cui abbiamo raccontato le vicende. In altre parole, è un cambio di prospettiva, raccontando come si può mettere in campo una soluzione, magari sulla base delle esperienze degli altri. Insomma, una narrazione diversa e più completa rispetto a quella delle ‘5W’ e ci dice qualcos’alto. Dobbiamo far crescere nei lettori l’interesse per questa nuova forma di giornalismo, più completo e vicino alle esperienze delle persone. Mi auguro che possa riavvicinarle all’informazione corretta e non a quella di poche righe diffusa sui social, magari senza nessuna rispondenza alla realtà perché è li solo per conquistare qualche click”.