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Maternità surrogata, Di Leo (Steadfast): “Certezza della pena per chi sfrutta donne e bambini anche all’estero”

Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast, intervistato da Interris.it commenta il sì definitivo alla proposta di legge in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano

Da oggi sfruttare una donna per produrre un bambino su commissione, tramite maternità surrogata, sarà reato anche se commesso all’estero. Un importante risultato che, dopo anni di dure battaglie, vediamo concretizzarsi. Un doveroso ringraziamento va all’On. Carolina Varchi, prima firmataria e relatrice di questa proposta di modifica alla legge 40 del 2004, al Governo e all’attuale maggioranza del Parlamento italiano”. Così Emmanuele Di Leo, Presidente di Steadfast, Organizzazione umanitaria in difesa dei diritti umani, ha dichiarato in seguito al sì definitivo del Senato alla proposta di legge, originariamente a firma della deputata Maria Carolina Varchi, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano e già approvata dalla Camera dei Deputati il 26 luglio 2023.

L’intervista

Presidente Di Leo, da anni, la Steadfast porta avanti una dura lotta di contrasto alla cosiddetta maternità surrogata, ritenendola una nuova forma di schiavitù. In cosa consiste?

“La maternità surrogata è una vera e propria nuova forma di schiavitù. Una pratica che coinvolge più soggetti: gli adulti committenti, la madre surrogata, ovvero che ‘affitta’ o ‘concede’ il proprio utero, nella maggior parte dei casi, anche una donna donatrice di ovuli e o un uomo che fornisce i propri gameti e il nascituro. Definita in alcuni casi ‘volontaria’, anche se retribuita o indennizzata tramite il rimborso delle spese sostenute, la maternità surrogata, chiamata da alcuni anche ‘gestazione per altri’, lede, innanzitutto, la dignità e i diritti della donna e del nascituro, recidendo brutalmente il legame naturale ed oggettivo che si crea tra madre e figlio, al fine di soddisfare il ‘desiderio’ di due facoltosi committenti di avere una prole. Nonostante le numerose banalità ribadite in aula dall’opposizione, la verità è sotto gli occhi di tutti. Una pratica subdola e violenta che sfrutta il corpo della donna, la quale spesso è in stato di indigenza”.

Quali sono i Paesi in cui la pratica della maternità surrogata è maggiormente diffusa?

“India e Tailandia sono stati i leader mondiali nella maternità surrogata a basso costo fino al 2012-2014, creando un vero e proprio turismo procreativo, contrastato successivamente dai rispettivi Governi. Ma nonostante ciò, questa “industria” non si è fermata, si è semplicemente trasferita in altri Paesi, come Nepal, Cambogia, Messico, Colombia, Nigeria e, più recentemente, in Ucraina, Repubblica di Georgia, Kenya e Ghana, solo per menzionarne qualcuno. Inoltre, può accadere che le donne, provenienti da Paesi in cui la maternità surrogata è illegale o non regolamentata, vengano trasferite in cliniche situate in Stati in cui è la pratica è invece legale o tollerata. Un vero e proprio ‘mercato dell’umano’, in cui fiorenti agenzie operano per eludere le norme o restrizioni, incrementando questo orrendo business ai massimi regimi”.

Quali sono le fonti giuridiche, non italiane, che vietano la maternità surrogata?

“Sono molte le fonti giuridiche in materia. In primis, ricordo la votazione al Parlamento Europeo dello scorso aprile che, con 563 voti a favore, 7 contro e 17 astensioni, ha decretato lo sfruttamento della maternità surrogata quale crimine europeo.  Inoltre, la Risoluzione del 2011 sul quadro politico dell’UE in materia di lotta alla violenza contro le donne e la Risoluzione del 17 dicembre 2015 ‘Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014’, in cui il Parlamento Europeo si è così espresso: ‘Condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani’. Altra importante Risoluzione, quella del 12 dicembre 2018, ‘Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2017’, con cui è stato chiesto nuovamente di ‘far fronte alle violazioni dei diritti umani correlate alla gravidanza surrogata’. Esistono ulteriori fonti internazionali, quali la Carta europea dei diritti fondamentali, la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW), la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla schiavitù, la Convenzione sui diritti dell’infanzia, il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia sulla vendita di bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile, la Convenzione del Consiglio d’Europa sull’adozione dei bambini, la Convenzione del Consiglio d’Europa sull’azione contro la tratta di esseri umani e la Convenzione del Consiglio d’Europa sui diritti umani e la biomedicina e via dicendo… È importante però ricordare che la maternità surrogata non lede solo la dignità della donna, ma è al tempo stesso gravemente lesiva del ‘superiore interesse del minore’, come si legge agli artt. 7 e 8 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (New York, 20/11/1989, ratificata dall’Italia con la legge n. 176/1991), che sanciscono per ogni bimbo il ‘diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi’, impegnando gli Stati a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi comprese … le sue relazioni familiari, così come sono riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali. L’art. 9, poi, prescrive al comma 1 che ‘gli Stati parti vigilano affinché́ il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà̀’, e al comma 3 che ‘gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò̀ non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo’. L’art. 12 garantisce, inoltre, il diritto del minore a partecipare alle scelte che lo riguardano, il che si traduce anche nel diritto di conoscere le proprie origini, la propria madre, colei che lo ha portato in grembo e che lo ha messo al mondo”.

In Italia, la maternità surrogata è vietata dalla Legge n. 40 del 19 febbraio 2004. L’approvazione ieri, anche da parte del Senato, della modifica dell’art. 12 della stessa Legge n. 40, quali effetti avrà?

“La legge n. 40 del 2004 ritiene la maternità surrogata, realizzata in Italia, un reato, ma nessuna sanzione era prevista, fino a ieri, per il caso di surrogazione di maternità attuata all’estero da cittadini italiani. Un vuoto normativo che andava assolutamente colmato. In questi anni, infatti, è stato possibile aggirare la norma semplicemente recandosi all’estero, restando impuniti ed ottenendo, poi, quel riconoscimento del vincolo di filiazione tra il cosiddetto ‘genitore intenzionale’ e il minore nato all’estero, permesso in alcuni casi dalla giurisprudenza, proprio a causa del vulnus di legge, con elusione oltretutto del sistema delle adozioni internazionali e di tutte le normative e dei presidi posti a tutela dei minori. Contro questa falla normativa, il Legislatore è finalmente intervenuto, estendendo e disciplinando il reato di maternità surrogata anche se commesso all’estero da cittadini italiani e, per di più in un Paese dove è legale”.

Il Parlamento italiano ha ribadito dunque la natura di reato della surrogazione di maternità ovunque attuata. È possibile ed auspicabile che tale posizione venga seguita anche da altri Paesi?

“Il Parlamento italiano ha scritto una nuova pagina nel contrasto a questa abominevole pratica e siamo speranzosi che la netta e chiara posizione dell’Italia possa essere da traino per una moratoria internazionale, al fine di tutelare donne e bambini e riconoscere, così, la surrogazione di maternità, in ogni sua modalità e variante, anche contrattuale, come reato universalmente perseguibile”.

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