Nei mari la sfida per il futuro del pianeta. Cofi36

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Foto di Geoffroy Hauwen su Unsplash

Garantire la crescita dell’acquacoltura sostenibile nel mondo è fondamentale per i consumatori. Si tratta di un comparto che ha un ruolo decisivo nella lotta all’insicurezza alimentare, alla malnutrizione e alla povertà. E’ il messaggio che ha aperto la 36ma sessione del Comitato per la Pesca (Cofi36) che si è tenuta alla Fao. “E’ un settore in continua espansione che sta portando l’offerta di pesce e prodotti ittici a nuovi record”, ha detto il direttore generale Qu Dongyu in un videomessaggio. Ricordando che nel 2022 aveva superato la pesca di cattura, con una produzione mondiale di 223,2 milioni di tonnellate nel 2022. Da qui l’urgenza sottolineata dal direttore generale, “di sviluppare catene del valore degli alimenti acquatici, anche riducendo le perdite e gli sprechi e facilitando l’accesso dei prodotti ai mercati”. C’è una minaccia silenziosa e spesso invisibile che si aggira tra le onde: si tratta delle cosiddette “Ghost Nets”, le “reti fantasma” utilizzate per la pesca che vengono abbandonate o perse in mare e rappresentano una delle forme più insidiose di inquinamento marino. Nell’ambito del progetto Mer (Marine Ecosystem Restoration) finanziato dal Pnrr, Ispra, insieme a Rtc Ghost Nets (composto da Castalia, Conisma e Marevivo), ha dato il via alle procedure per ripulire le acque da queste attrezzature in 20 siti lungo le coste italiane di Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Marche, Emilia-Romagna e Veneto. Il piano, che include la rimozione, la raccolta, il trasporto, lo smaltimento e il riciclo delle “reti fantasma”, andrà avanti fino al 30 giugno 2026.

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Allarme Ispra

I dati Ispra mostrano che l’86,5% dei rifiuti in mare è legato alle attività di pesca e acquacoltura. E il 94% di questi sono reti abbandonate, alcune lunghe addirittura chilometri. Le “Ghost Nets” sono pericolosissime. Le praterie di Posidonia oceanica vengono danneggiate per effetto fisico dell’ombreggiamento e dell’abrasione meccanica del fondale che uccide e strappa le piante, molte specie vengono soffocate a causa dell’eccessivo accumulo di sedimenti. Anche le specie animali subiscono un danno perché le attrezzature da pesca perse in mare continuano a catturare milioni di pesci, mammiferi, tartarughe, grandi cetacei e persino uccelli in modo non selettivo e indiscriminato. Senza il controllo umano, colpendo quindi anche specie minacciate e a rischio. Una volta intrappolati dalle reti fantasma, non sono in grado di muoversi morendo per fame, infezioni e lacerazioni. Si stima che da sole le reti fantasma catturino. L’acquacoltura è l’allevamento e la raccolta di organismi acquatici in acqua dolce e salata per il consumo umano e la conservazione. Si tratta di un’attività con varie e molteplici ricadute. E’ di oltre 400 milioni nel 2023 di euro il fatturato (solo pesci, non molluschi) della piscicoltura italiana nel 2023. E’ quanto rendono noto Confagricoltura e l’Associazione piscicoltori Italiani (Api) con un’analisi di mercato sull’allevamento di pesce in Italia e nell’ambito di una presentazione di un case history aziendale. L’azienda Agroittica Toscana con stabilimento di acquacoltura a Piombino (Livorno) e una produzione annua di oltre 2600 tonnellate. L’impresa è specializzata nell’allevamento di spigola, orata e ricciola con 48 gabbie di allevamento all’interno del golfo tra Piombino e Follonica, in Toscana.

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Report sui mari

Il report di Confagricoltura e Api registra che in Italia sono presenti 800 siti produttivi di acquacoltura concentrati per il 60% al Nord, il 15% al Centro e il 25% al Sud. Le specie ittiche sono 25, allevate in ambienti diversi: acqua dolce, lagune, mare. Il pesce più allevato è la trota. Oltre 30.000 tonnellate e più di 280 milioni di uova embrionate. Seguono orata e spigola, con 17.000 tonnellate. L’Italia produce 160 milioni di avannotti di specie ittiche marine pregiate. L’Italia inoltre, segnalano Confagricoltura e Api, è leader europeo e secondo Paese al mondo dopo la Cina, nella produzione di caviale di storione, con più di 65 tonnellate (2023). Sotto il profilo dei consumi il Belpaese è il primo consumatore al mondo di spigole e orate. “Ma solo poco più del 20% – registra lo studio di mercato – è prodotto da allevamenti italiani”. Il consumo attuale dei prodotti ittici (pesca e acquacoltura) in Italia raggiunge i 30 kg pro capite. A fronte di oltre 8.000 chilometri di coste “sono attualmente attive solamente – rimarcano i ricercatori- 20 concessioni off-shore per maricoltura”. La produzione italiana di prodotti ittici (pesca e acquacoltura) è di 2,05 kg pro capite. “Serve – commenta Andrea Fabris, direttore dell’Associazione piscicoltori italiani – più spazio per l’acquacoltura. Noi stiamo mangiando pesce che viene all’80% da altri Paesi. Ci sono 8 mila km di costa in Italia e ci sono 20-21 concessioni. E’ troppo poco. E ci sono aree che sarebbero idonee.” 

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Acquacoltura e futuro

L’acquacoltura ha avuto origine oltre 4.000 anni fa in Cina, da dove poi si è gradualmente diffusa nel resto del mondo raggiungendo il picco della popolarità nel XXI secolo. Oggi è l’industria in più rapida crescita per la produzione di proteine, uno dei principali macro-nutrienti che compongono la nostra dieta. Oltre il 50% del pesce che viene consumato a livello globale proviene dall’acquacoltura. In Italia con questa tecnica, nel 2022, sono state prodotte 53.900 tonnellate di pesci appartenenti a venti specie diverse, dalla spigola allo storione. In luoghi come la Florida, riferisce il National Geographic,  l’acquacoltura di molluschi aiuta a ripulire le acque dalle fioriture algali dannose, dette anche maree rosse. L’uomo non può consumare i molluschi in presenza della fioritura, ma questi fungono da filtro. E, eliminando le tossine dall’acqua e dal proprio corpo, tornano ad essere commestibili. Si è appena tenuto un evento per il decimo anniversario dell’approvazione delle “Linee guida volontarie per garantire una pesca sostenibile su piccola scala”. Dove sono stati evidenziati i contributi del comparto alla sicurezza alimentare e ai mezzi di sussistenza, in particolare nei paesi a basso e medio-basso reddito. Qu Dongyu ha ricordato che si tratta del primo e unico strumento normativo globale al mondo interamente dedicato alla pesca su piccola scala, che rappresenta almeno il 40% del pescato globale di cattura e circa il 90% del numero totale impiegato, per un valore economico stimato di 77,2 miliardi di dollari. “Le necessità e le aspirazioni di oltre 500 milioni di persone in tutto il mondo si riflettono in queste linee guida”, ha detto il direttore generale, riferendosi a coloro che dipendono almeno in parte dalla pesca su piccola scala per il loro sostentamento.

Giacomo Galeazzi: