Un piano per combattere la malnutrizione infantile. Progetto MMI in Africa

Alle cicliche carestie nel Sahel è sempre corrisposta una reazione solidale internazionale "a tempo determinato". Non così nell'ultimo decennio. E ciò ha consentito nell'attuale tragedia umanitaria causata dalla pandemia e dallo stop al grano ucraino di arginarne i pur devastanti effetti

fame

Allarme malnutrizione. Da sempre il vulnus della cooperazione occidentale nell’Africa subsahariana è l’assenza di continuità. E di programmazione a lungo termine. Alle cicliche carestie nel Sahel è sempre corrisposta una reazione solidale internazionale “a tempo determinato”. Non così nell’ultimo decennio. E ciò ha consentito nell’attuale tragedia umanitaria causata dalla pandemia e dallo stop al grano ucraino di arginarne i pur devastanti effetti. In Africa occidentale e nel Sahel le persone che soffrono la fame sono triplicate dal 2019 ad oggi (45 milioni). Rispetto alle crisi alimentari del passato c’è, però, una differenza che stavolta limita in parte i i contraccolpi. “Dal 2011 in poi non c’è stata la riduzione dei fondi internazionali tipica nel Sahel di ogni post-emergenza – spiega a In Terris Virginio Pietra, medico ed ex rappresentante in Burkina Faso di Medicus Mundi Italia (MMI)-. Perciò nell’ultimo decennio gli interventi in ambito nutrizionale sono proseguiti. Affiancando la prevenzione alla cura della malnutrizione”.malnutrizione

Continuità anti-malnutrizione

Nel centro ovest i medici e volontari di MMI hanno così continuato a lavorare. Anche attraverso il supporto della Cooperazione italiana. “Non più in un contesto di emergenza- specifica Virginio Pietra-. Ma sul lungo termine. Sempre in collaborazione con il sistema sanitario locale”.Si è dato inizio, quindi, ad un programma di educazione nutrizionale. Basato su indicazioni Oms. Per migliorare le pratiche alimentari. Nei mille giorni che vanno dal concepimento ai due anni di età del bambino”. Queste pratiche comprendono l’aumento del consumo di cibi di origine animale. Per le donne in gravidanza e che allattano. La messa al seno precoce. E l’allattamento esclusivo nei primi mesi di vita. Seguito dall’introduzione di un’alimentazione di complemento al latte materno. Adeguata per frequenza e per qualità. Per l’alimentazione di complemento sono proposte ricette basate su ingredienti che le famiglie producono. O che possono reperire facilmente sul mercato locale. “Oppure disponibili spontaneamente nella savana. Come i frutti del karité o del baobab. Sono proposti, poi, alimenti di origine animale che sono naturalmente i più cari. Si tratta principalmente di quelli più diffusi ed abbordabili. Ossia uova, pesce secco e carne di pecora- precisa il medico-. I messaggi di educazione nutrizionale sono trasmessi dal personale sanitario. Affiancato da animatrici. Che, dopo una specifica formazione, conducono dimostrazioni culinarie con gruppi di madri“.malnutrizione

Contro la malnutrizione

“Sempre seguendo indicazioni OMS, l’educazione nutrizionale è stata affiancata da interventi di supplementazione in ferro e acido folico delle donne in gravidanza e dopo il parto- prosgue Virginio Pietra-. E con la fornitura alle madri di sacchetti di polveri di micronutrienti. Da aggiungere ogni giorno al cibo dei figli”. In totale, le coppie madre-bambino che, nel centro ovest del Burkina Faso, beneficiano ogni anno dell’insieme di queste prestazioni sono circa 60 mila. “Grazie a tutto questo i risultati si vedono- puntualizza il medico-. Nella regione la percentuale di bambini sotto i 5 anni di età in ritardo di crescita (statura troppo bassa rispetto all’età) si è ridotta da oltre il 30% a meno del 20%”. Oltre ad ottenere simili risultati, questi anni di lavoro hanno permesso di scoprire i limiti degli interventi. E dunque di identificare le nuove sfide da affrontare.malnutrizione

Controllo degli alimenti

“In primo luogo, l’educazione nutrizionale si rivolge alle donne. Spesso, infatti, acquisiscono conoscenze senza però avere la possibilità di metterle in pratica. In quanto il controllo degli alimenti a più alto valore nutrizionale o la capacità di comperarli dipende dal marito– evidenzia Virginio Pietra-. Fortunatamente però la gestione patriarcale sembra inalterabile solo con i mariti più anziani. Mentre i giovani, se informati, sono disponibili al cambiamento per il benessere della famiglia. Il tempo gioca quindi a nostro favore. A patto di smettere di ragionare in termini madre-bambino. E di passare ad un approccio madre-padre-bambino“. Un secondo limite risiede nel fatto che gli alimenti a più elevato valore nutrizionale sono riservati alla vendita. E non all’autoconsumo. Come accade in ogni tempo nel mondo rurale povero. “Ad esempio, per i capifamiglia, il pollaio rappresenta qualcosa che sta a metà tra il conto in banca ed un’assicurazione – aggiunge il medico-. Ed anche le uova sono preziose perché destinate alla cova. Un tabù sancisce l’esclusione dei bambini dal consumo di uova. In quanto li renderebbe ladri. Ma ormai è chiaro a tutti che questa credenza ha motivazioni solo materialistiche“.malnutrizione

Sfida

“Una sfida è, quindi, l’identificazione e la volgarizzazione di semplici tecniche per selezionare le uova non fecondate. Da sottrarre alla gallina e destinare alla cucina – sostiene Virginio Pietra-. Altri esempi riguardano l’agricoltura, in cui tecniche di trasformazione e conservazione potrebbero permettere di non sprecare il surplus. Tutto questo esula dalle competenze di MMI, che ha quindi dovuto coinvolgere altre Ong italiane specializzate in questi campi per interventi coordinati nel Centro Ovest”. Su tutti questi progressi e queste nuove sfide pesa però la guerra del Sahel. Un conflitto che coinvolge ormai quasi la metà del Burkina Faso. E che nelle regioni più colpite dall’insurrezione jihadista ha annullato dieci anni di miglioramenti della situazione nutrizionale. Finora nel centro ovest ci sono state solo poche incursioni. Nella guerra del Sahel non si intravvede una soluzione né militare né negoziata. “Le spese belliche assorbono risorse nazionali ed internazionali. A scapito dei budget dei settori sociali. Dobbiamo prepararci a tempi più duri. E la gente dei villaggi lo sa meglio di noi- conclude Virginio Pietra-. Nella lingua locale, sia la pace che la salute si traducono con la stessa parola“.