L’esempio di Falcone e Borsellino per una società più giusta

Il valore dell'esempio dei giudici martiri antimafia e il coraggio di raccontare la lotta dello Stato alla criminalità organizzata

Livatino

I giudici martiri antimafia come esempio, testimonianza e modello per rendere più giusta la società. “Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con il loro esempio, hanno già trasmesso un patrimonio immenso alle giovani generazioni”, afferma a Interris.it Francesco La Licata, tra i più autorevoli esperti di lotta alla mafia, biografo e amico di Giovanni Falcone.

Il valore dell’esempio

Francesco La Licata, palermitano, 73 anni, comincia la sua carriera da giornalista negli anni Settanta alla redazione del quotidiano L’Ora. Da allora non ha mai smesso di indagare sulle vicende legate alla più grande piaga della sua terra: la mafia. Ha seguito tutti gli eventi più importanti della lotta dello Stato ai clan. In tv ha collaborato a Mixer e Blu Notte. Testimone delle pagine di storia più nera del nostro Paese. Dalle stragi di Capaci e via D’Amelio alla cattura dei boss e degli uomini di mafia, da Riina a Provenzano. Approfondisce da mezzo secolo le modalità attraverso cui la criminalità organizzata si diffonde e corrompe la politica e la vita pubblica. Fra i suoi libri (molti dei quali bestseller tradotti in tutto il mondo), due sono dedicati al grande magistrato Giovanni Falcone. Storia di Giovanni Falcone edito da Rizzoli, e Falcone Vive (Flaccovio), che riporta un intervista del giornalista al magistrato realizzata nel 1986. E poi “Pizzini, veleni e cicoria” edito da Feltrinelli e scritto in collaborazione con il magistrato antimafia Pietro Grasso. Vi si racconta il volto della mafia prima e dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, definito “l’ultimo padrino”. E Sbirri edito da Bur, in cui è descritto il lato più umano e fragile degli agenti di polizia, la loro quotidianità e la loro professione.Qual è il valore sociale dell’informazione in un mondo sempre più globalizzato e interconmesso?

“L’informazione, la libera informazione è uno dei capisaldi della democrazia e del vivere in libertà. Un valore che viene ancor di più esaltato in un mondo globalizzato e connesso. Perché permette ai cittadini, agli uomini sparsi per il globo di confrontarsi col prossimo. Con tutti gli altri uomini diversi da loro e diversamente organizzati. Socialmente, religiosamente e politicamente”. Può farci un esempio? 

L’informazione è arricchimento individuale e collettivo. La storia ci ha insegnato quanto pernicioso sia stato il silenzio dell’informazione che ha prodotto società chiuse. E assenza di conoscenza delle diverse realtà. Per rimanere nel nostro ambito, basti pensare all’arretratezza del nostro Meridione. Spesso cancellato dai mezzi di comunicazione e relegato in un oblio permanente. E ciò lo ha tenuto immobile rispetto ad altri territori culturalmente più attrezzati”.

Murales dedicato a Giovanni Falcone (sx) e Paolo Borsellino (dx)

I social media possono aiutare a trasmettere il valore della legalità alle nuove generazioni?

“L’avvento di Internet ha certamente costituito un grosso passo avanti nella conquista di spazi di conoscenza e di libertà. Ha contribuito alla conoscenza e al dibattito su argomenti per troppo tempo negati o trascurati. Come la presenza di una grossa fetta di illegalità in un vasto territorio del paese. In questo senso, attraverso i social, hanno potuto avere voce realtà del paese ‘abbandonate’ dall’industria della cultura. Eppure bisogna stare molto attenti”.Perché?

“La velocità dell’informazione non sempre è garanzia di correttezza. Anzi spesso lascia passare errori e interpretazioni in malafede. A questo proposito, penso sia necessario che l’informazione venga sempre offerta da specialisti del settore (meglio se giornalisti). Capaci di valutare e prevenire la diffusioni di notizie distorte o, peggio, addirittura false. L’alternativa sarebbe una giungla informativa dove informazione e deformazione non si riconoscono più”.Da eroi civili come Falcone e Borsellino quale lezione possono trarre oggi i giovani?

“Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con il loro esempio, hanno già trasmesso un patrimonio immenso alle giovani generazioni. Fanno testo le numerose richieste, avanzate da moltissimi giovani laureati all’indomani delle stragi del 1992, di entrare in magistratura. Da più di 25 anni ormai la scuola italiana coltiva la memoria dei propri caduti sulla trincea della legalità. Passi avanti certamente ne sono stati fatti. Bisogna non allentare questa tensione morale e vigilare giorno dopo giorno. In questa direzione l’informazione può fare tantissimo”.A cosa si riferisce?

“La memoria ha bisogno di essere coltivata per dare buoni frutti. L’insegnamento dato da Falcone e Borsellino sta nelle loro vite e nella loro morte. Due giudici, due cittadini, che hanno sacrificato la loro stessa esistenza, i loro affetti, sull’altare del compimento del loro dovere. Morto Giovanni Falcone, Borsellino sapeva quale sarebbe stato il proprio destino. Ma non si è fermato. A chi gli chiedeva il perché rispondeva: ‘Non possiamo deludere le aspettative di tante brave persone’. E Falcone, qualche tempo prima, a chi gli chiedeva ‘Perché lo fa?’, ribatteva: ‘Semplicemente per senso del dovere’”.Quanto conta nella società attuale il rispetto delle regole?

“Il rispetto delle regole è il terreno necessario su cui si fonda il vivere civile con le sue regole di libertà, in senso politico e personale. Il rispetto degli altri, il riconoscere gli altri, i diversi da noi, l’accettazione della collettività e del vivere comune dovrebbero essere opzioni imprescindibili. Se non si capisce questo, non si capisce il valore di tante battaglie che sembrano rivolte verso risultati che non ci interessano. E invece ci interessano molto da vicino”.Anche quando si ha a che fare con la criminalità organizzata?

“La battaglia contro le mafie cos’è se non una guerra di liberazione collettiva per una vita migliore e più libera? Ma non si può intraprendere una strada così nobile se non si è consapevoli della necessità di dover anteporre la tutela della collettività al nostro piccolo ‘particulare’. E il rispetto delle regole è altamente formativo, in questo senso”.Un’emergenza collettiva come la pandemia rende o meno più pervasiva  l’informazione?

“La pandemia, con la sua devastante carica di paure, condiziona molto le nostre vite. E forse, bisognerà attendere ancora qualche tempo per poter valutare le conseguenze e i guasti prodotti. Anche qui l’informazione può svolgere un compito fondamentale. Nel tentativo di non ‘liberare’ il peggio che è in ognuno di noi. E anche qui c’è bisogno di moltissima attenzione e cautela”.In che modo?

“Sforzandosi di fornire notizie attendibili. Rifiutando la tentazione di facili scoop, sia in senso catastrofistico che minimalista. Forse abbiamo assistito ad un eccesso di esternazioni, non sempre qualificate, soprattutto sui social. E’ vero: probabilmente l’informazione si è fatta più pervasiva. Ma l’esigenza di conoscenza di ciò che accade anche lontano da noi la rende indispensabile”.