Lagrotteria (Acli Lombardia): “Dare ai giovani la possibilità di contribuire al bene comune”

L'Intervista di Interris.it al dott.Tony Lagrotteria, segretario generale di Acli Lombardia in merito alle sfide future del welfare lombardo

Il sistema di welfare lombardo ha una storia lunga e articolata ed è stato fortemente messo alla prova dagli ultimi anni di pandemia e di uscita dalla crisi economica e sociale provocata dall’emergenza sanitaria e dalle ripercussioni economiche della guerra in Ucraina che hanno evidenziato nuove fragilità sociali. Da qui è emersa maggiormente la necessità di una visione condivisa del welfare con l’obiettivo di cogliere la natura dei problemi, i criteri con i quali si intendono affrontare, le direzioni che si intendono imprimere alle politiche sociali partendo dalle possibili difficoltà e dalle opportunità che caratterizzano il territorio lombardo. Interris.it, in merito alle nuove frontiere e sfide che attendono il welfare lombardo in ogni sua declinazione, ha intervistato il dottor Tony Lagrotteria, segretario generale di Acli Lombardia.

Welfare

L’intervista

Quali sono i nuovi orizzonti del welfare che la pandemia e la guerra alle porte dell’Europa stanno delineando?

“C’è stato un acuirsi dei fenomeni di disuguaglianza a diversi livelli. Essi vanno considerati in una prospettiva plurale, ossia le disuguaglianze, le povertà e le fragilità. Gli stessi hanno molte dimensioni e sfaccettature e anche una complessità correlata. Ad esempio, se si parte da un contesto familiare dove ci sono dei fenomeni di povertà educativa, essi sono spesso collegati ad altri aspetti che hanno a che fare con la tenuta economica della famiglia e con le prospettive lavorative degli altri componenti della famiglia. La prospettiva formativa si sostiene anche dentro una prospettiva esperienziale. A volte, la povertà materiale è strettamente correlata all’assenza di opportunità, di apertura e di respiro. Inoltre, se si collegano tali elementi a una prospettiva di benessere a 360 gradi, come la salute e la socialità, diventa estremamente importante. Quindi, su questi temi, ci sono degli aspetti strutturali, politici e organizzativi, ossia di livello istituzionale, che richiedono la riorganizzazione del sistema ai vari piani. Poi, dentro la crisi antropologica che stiamo vivendo, c’è anche una componente umana, collegata al fatto che, le persone, si trovano in un momento di transizione nonché difficoltà e, di conseguenza, si trovano un po’ perse. In tal senso, l’acuirsi dei fenomeni di individualismo e solitudine non aiuta. Il mio richiamo va ai contenuti dell’enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco in quanto, la dimensione fraterna, è un elemento su cui rifondare le dimensioni di welfare, di presenza sul territorio e, per quanto riguarda i corpi intermedi e le associazioni, un modo per ridare senso alle relazioni che ci sono dentro le comunità”.

In che modo, secondo lei, il sistema di welfare dovrebbe mutare per venire incontro alle nuove fragilità che stanno emergendo in questo frangente storico?

“Per quanto riguarda la dimensione più evidente del welfare, ossia quella che riguarda l’aspetto sociale, sociosanitario, sanitario e assistenziale credo che, un ruolo di coordinamento più forte da parte del sistema pubblico, con la capacità di rendere comuni i temi che sono sia pubblici che privati nella prospettiva del bene comune. L’obiettivo è di ridurre, ad esempio, i tempi di accesso al sistema e focalizzarsi sulla dimensione preventiva dei diversi fenomeni in riguardo alla salute e al benessere. Bisognerebbe poi considerare le varie transizioni, digitale, ecologica e demografica, come cause di fenomeni dei quali il welfare deve occuparsi. Se, ad esempio, si allungano le aspettative di vita ma aumentano anche le necessità di cura della non autosufficienza e le famiglie si restringono sempre di più dal punto di vista demografico, occorre che il welfare pubblico se ne faccia carico. Ciò non significa sostituire o eliminare la dimensione privatistica, ma consentire, anche a coloro che hanno meno possibilità e opportunità, di accedere a cure e servizi dignitosi nonché essere riconosciuti nella propria dignità e guidati adeguatamente nelle misure di sostegno”.

Quali sono le azioni che Acli Lombardia sta mettendo in campo su questo versante? Quali sono i vostri auspici per il futuro?

Ucraina

“Stiamo individuando alcune aree sulle quali dare il nostro contributo. Ciò non può essere realizzato da soli, ci riconosciamo nella collaborazione con altri perché immaginiamo che possa generare maggiori benefici per la comunità e la collettività. Questo si realizza sia attraverso le nostre strutture interne, come le sedi provinciali delle Acli, le realtà presenti sul territorio e, in modo mediato dalle province, i circoli. Inoltre, ciò avviene, anche attraverso la collaborazione con altre realtà, come il Forum del Terzo Settore. Ci deve essere una sorta di alleanza per il bene comune che passa attraverso diversi enti, privati e pubblici con cui coprogrammare e coprogettare, che ha come obiettivo ultimo la tutela dell’interesse generale e del bene comune. In particolare, abbiamo scelto alcune aree su cui focalizzarci, ossia la cura, l’assistenza e la salute. È stata recentemente approvata una legge di iniziativa popolare sul caregiver familiare che è stata costituita da noi, insieme ad altre reti e soggetti del Terzo Settore e siamo molto contenti che si sia giunti alla formulazione di una legge con la quale, il ruolo del caregiver vede riconosciuta una sua dignità che troverà integrazione anche nelle norme di natura nazionale su cui si sta discutendo. Oltre a ciò, ci stiamo occupando della riorganizzazione del sistema sanitario regionale e della legge regionale recentemente approvata nonchè delle misure collegate al piano nazionale di ripresa e resilienza, in particolare le Case di Comunità, che auspichiamo siano luoghi accoglienti in cui ci si prenda cura attraverso una presa in carico multidimensionale dei bisogni delle persone. Inoltre, tali luoghi, con prevalente coordinamento del sistema pubblico, devono ospitare figure nuove, in grado di integrare i bisogni sanitari a quelli sociali ed assistenziali. Siamo poi concentrati sul tema del lavoro in cui, insieme alle misure di assistenza e di tutela che eroghiamo attraverso il patronato, immaginiamo serva un forte investimento nell’ambito della formazione, anche professionale, per la quale Enaip, con il programma G.O.L. (Garanzia di Occupabilità), gioca un ruolo centrale. Tale programma, finanziato da risorse del Pnrr, punta a sostenere persone con fragilità, per un reinserimento nel mondo del lavoro, mediante una dimensione formativa in grado di collegare la dimensione del mercato ai bisogni delle persone in un momento in cui, la Repubblica fondata sul lavoro, è molto in crisi ed è come se ci fosse stato uno scivolamento a “fondata sul reddito”. Il lavoro deve consentire anche di realizzare la persona e, credo che, in questo momento, ci sia una forte crisi di identità del sistema lavoro. Un altro nostro ambito di azione è quello legato ai giovani, che devono essere presi in considerazione e sostenuti nel loro impegno, con l’obiettivo di accompagnarli nel compimento di esperienze significative nel mondo del lavoro e del sociale. In questo, i percorsi di servizio civile che proponiamo guardano a tale orizzonte, ossia offrire, nello spazio di un anno, la possibilità di contribuire al bene comune e fraterno, nonché fare esperienza attraverso l’inserimento in un mondo che porta alla realizzazione personale e al lavoro per il bene della collettività. In conclusione, con queste azioni, vogliamo contrastare le disuguaglianze e sostenere le fasce di popolazione più fragili e vulnerabili”.