La storia di Krystyna e Michaela: “Pensionate, ma pronte a partire per fare volontariato”

Intervista a Michaela e Krystyna che, a quasi 70anni, hanno messo in gioco la loro vita per aiutare gli altri

Fino a quale età ci si può impegnare nel volontariato e nel servizio agli altri?. Per quanti se lo chiedessero, possiamo dire che un limite di età non esiste, tutto è possibile, basta volerlo. Lo testimonia la storia di Krystyna Jacyna e Michaela Wolff, rispettivamente 66 e 69 anni, che hanno scelto di mettersi in gioco e fare del volontariato.

Dopo alcune peripezie, hanno incontrato la Cooperativa Onlus di Bologna Volunteers in the world che le ha messe sulla strada giusta, aiutandole a scegliere un progetto adatto alle loro caratteristiche e così sono partite per la Grecia, destinazione Atene.

La Love and Serve whitout Boundaries

Krystyna e Michaela hanno svolto la loro opera di volontariato presso un’associazione che si chiama Love and Serve whitout Boundaries fondata da una donna originaria del Kenya di nome Maria. Questa associazione si occupa di organizzare lezioni di lingua, principalmente inglese, tedesco e greco, per i rifugiati locali. Inoltre una volta a settimana distribuiscono beni primari donati da privati: quali capi di abbigliamento, pannolini, assorbenti, omogenizzati, pasta, riso… Il sabato cucinano insieme un pasto caldo e lo distribuiscono fuori dalla fermata della metro di Victoria, dove ci sono molte persone di strada.

E’ un centro che viene interamente portato avanti da volontari locali e da volontari internazionali, proprio come Krystyna e Michaela. Non riceve finanziamenti dal governo, ma va avanti grazie a donazioni. La cosa incredibile è che Maria è un’immigrata, ma sapendo parlare l’inglese è riuscita a trovare sin da subito un lavoro ad Atene, che le ha permesso di affittare un appartamento e dar da mangiare ai suoi 3 figli. Non è riuscita però a rimanere indifferente quando ha visto tanti suoi connazionali in situazioni di povertà. Questa è stata la ragione per cui ha fondato il centro LSWB.

Come mai avette deciso di fare questa esperienza di volontariato?

“Dobbiamo fare un piccolo passo indietro. Abbiamo ospitato una mamma nigeriana con i suoi bambini per circa tre mesi. Il periodo di accoglienza doveva essere più lungo, ma a un certo punto è andata via. Questo fatto ci ha lasciato tristi, ci eravamo molto affezionate ai bambini. Questa delusione ci ha spinto a cercare altri modi di fare volontariato. In un primo momento avevamo scelto di andare in Bosnia, ma saremmo dovute rimanere per troppo tempo e, forse, per quel progetto cercavano anche persone più giovani. Alla fine abbiamo trovato in internet Elena Massari e Volunteer in the world e siamo partite per la Grecia”.

Che bilancio fate di questa esperienza?

“E’ stata una bellissima esperienza. Ad Atene siamo state reclutate per fare le baby sitter mentre i genitori facevano lezione di inglese e francese. Io ho insegnato un po’ di tedesco, mentre erano molto frequentate le lezioni di inglese. La direttrice dell’associazione ha organizzato una specie di doposcuola, facevamo giocare i bambini, alcuni dovevano fare i compiti”.

Voi avete fatto il viaggio di andata per Atene prima via terra e poi via mare, mentre quello di ritorno tutto in autobus fino in Piemonte. E’ stato molto impegnativo?

“Sottolineerei che è stato bello. Impegnativo neanche tanto. Abbiamo avuto l’occasione di vedere tantissime cose interessanti. Per noi è stata davvero un’avventura”.

Questa esperienza di volontariato, cosa vi ha lasciato? Ha cambiato il vostro modo di pensare?

“Cambiato il modo di pensare no. Sicuramente ha approfondito la nostra conoscenza di tutto questo movimento di immigrazione. Abbiamo conosciuto le persone da vicino, abbiamo avuto la possibilità di parlare con loro. Ci è stata data la possibilità di mettere le mani nella pasta. Si parla sempre di immigrati, ma è una parola generica. Noi abbiamo visto facce, abbiamo ascoltato storie, abbiamo potuto dare un volto a queste persone. Abbiamo stretto molte amicizie. E’ stato molto interessante, con alcuni di loro siamo ancora in contatto. Nonostante tutto, si ha solo una minuscola idea di quello che passano queste persone, in cammino dall’Afghanistan per raggiungere un altro Paese. E’ toccante sapere quali strade fanno”.

Avete avuto modo di fare altre esperienze ad Atene?

“Sì, abbiamo lavorato con altre associazioni che preparavano il cibo per rifugiati, preparando i pasti e poi distribuendoli per strada. In questo modo abbiamo avuto modo di parlare con la gente locale. Questa esperienza ci ha ampliato molto la visione del mondo”.

Verso gli immigrati, molte persone esprimono  sentimenti di odio o di razzismo. Avete percepito questo aspetto?

“Dobbiamo dire, per quel piccolo che abbiamo visto noi, che verso gli immigrati, rispetto all’Italia, in Grecia c’è un altro clima. Nel pulman che noi usavamo spesso, dal posto dove si lavorava a centro, c’era un bel ‘miscuglio’ di persone, non solo greci. C’è una tolleranza ben visibile. Ce ne sono tantissimi di immigrati ad Atene”.

Sareste pronte a ripartire per un’altra esperienza di volontariato? E cosa vi piacerebbe fare?

“Certamente sì. Mi piacerebbe di più andare in prima linea, ma so dal racconto degli altri che è molto più difficile. Mi interesserebbe davvero. Diciamo che le isole sono un po’ un tabù perché noi non prendiamo l’areo. Anche stare lontano da casa tre o quattro mesi sarebbe difficile per noi. Però ci piacerebbe fare un’altra esperienza come questa”.

Consigliereste questa esperienza ad altre persone?

“Si, sicuramente. Lì ad Atene c’erano tanti volontari, spinti anche da motivazioni diverse: chi lo fa per la sua religione, per girare il mondo in modo sensato. E’ bello perché ci sono persone di tutte le età. Le motivazioni sono tante, così come gli spiriti ed è bello anche questo lato qua dell’esperienza che fai. Fa piacere vedere la presenza di tanti giovani che si mettono in gioco per fare tre-quattro mesi di volontariato. Abbiamo visto un mondo di giovani che normalmente non incontri tutti i giorni. Forse, il mondo gira anche per il verso giusto per queste cose”.

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