La Croce nelle strade del lockdown. Flashmob della fede

Devozione e assistenza come nelle pestilenze e nelle alluvioni. La Chiesa ospedale da campo non lascia solo il popolo di Dio. Intervista di Interris.it a don Roberto Tomaino, rettore a Soveria (Catanzaro) del Santuario della Madonna di Fatima

Un flashmob della fede contro la pandemia. E’ l’iniziativa di don Roberto Tomaino, parroco in provincia di Catanzaro della comunità di Soveria Mannelli, rettore del Santuario della Madonna di Fatima che sorge nella città del Reventino.

Don Roberto, qual è stato il significato della sua processione solitaria con la Croce lungo le vie deserte per la pandemia?

“Mi sento di dire che il senso di quel gesto è stato un senso che non ho dato io, ma che ho ricevuto e vissuto dalla fede semplice della comunità che mi trovo a servire. Il venerdì Santo è un giorno attraversato da un evento, la Croce di Cristo. L’arco della giornata ruota attorno alle 15. C’è un prima e c’è un dopo. In condizioni normali, a Soveria Mannelli, al mattino si fa la Via Crucis in ospedale, poi la celebrazione della Passione e infine una Via Crucis che si snoda per tutto il paese, suggestiva, raccolta, semplice. In pratica tutta la giornata passa nella memoria della morte di Cristo. La mia domanda prima della settimana santa è stata questa: come riscattare il venerdì santo dall’anonimato di un giorno qualunque di quarantena all’ombra minacciosa del covid? Nel programma di quaresima – saltato negli eventi, ma non nella vita – ci eravamo dati come tema: La Croce punto irrinunciabile! Beh, per come sono andate le cose, la croce è stato l’unico segno sacro che i cristiani hanno potuto avere con sé, tenere nelle case e sentire vicino, insieme alla Bibbia e al Rosario. Qualche giorno prima della Settimana Santa ho chiesto al Sindaco L. Sirianni e al Capitano dei Carabinieri, F. Zangla – che ringrazio sempre – di avere una autorizzazione a lasciare la mia canonica e dirigermi sino all’ultima Chiesa, quella in alto, dedicata a San Michele”. Come si è articolato il “corteo solitario”?

“Alle 10 ho percorso da solo – insieme a una volante dei carabinieri perché si assicurassero del rispetto delle norme – le strade di Soveria Mannelli. Il senso vero del gesto lo posso recuperare dopo averla vissuta. Ed è normale che sia così. Il gesto non era un gesto per me. Il gesto è stato un gesto per la mia gente! Sono stati i miei parrocchiani a restituirmi il significato vero di quella processione. Vederli dai balconi, adornati di rosso porpora, in una giornata di sole, in ginocchio, con lacrime e in preghiera è stato cogliere per me il senso di una processione che ha superato ogni intuibile precomprensione. È la fede di un popolo che plasma il cuore di un presbitero e in quel venerdì santo, con la croce da solo, mi sono sentito forgiato dalla fede della mia comunità. È ovvio che non avrei mai immaginato una tale diffusione della cosa, fuori dal mio paese di montagna, e questo mi ha provocato non poco imbarazzo, perché ogni gesto decontestualizzato rischia di perdere la sua genuinità. Ma ho benedetto Dio, perché in tanti giovani affacciati dalle finestre, sentivo le parole del Padre nostro affiorare come così naturalmente come fosse un respiro”.Lei ha ripetuto durante la pandemia del Covid ciò che avevano fatto Fra’ Cristoforo nella peste manzoniana dei Promossi Sposi e don Camillo durante l’alluvione del Polesine. A chi si è ispirato?

“Sono cresciuto con don Camillo da bambino! Il modello dei suoi dialoghi con il crocefisso, sono stati un’immagine che mi ha aiutato molto, quando appena seminarista, i miei padri spirituali mi hanno educato all’orazione mentale e alla meditazione. Ovviamente ricordo benissimo la scena. Don Camillo rifiuta la bandiera del Pci e il Peppone gli boicotta inizialmente la processione. Eppure don Camillo, dopo il dialogo in sagrestia con il Crocefisso che dice di voler andare a benedire il fiume, inizia questa processione con il cane che lo segue. Perché era importante quel gesto da solo? Perché alcune volte, nella vita, puoi fare qualcosa da solo per gli altri. Senza essere sostenuto, capito o appoggiato dagli altri. Puoi fare qualcosa in prima persona per gli altri senza aspettare nulla in cambio e soprattutto senza che qualcuno te lo chieda. Penso che un papà e una mamma, sono più esperti di questa verità. Il giorno della mia prima messa, il mio buon parroco, mi disse: “Roberto ricorda di benedire sempre. È l’unica cosa che puoi fare sempre e che puoi fare per gli altri”.  Benedire e bene volere si può fare sempre anche da soli!”.All’inizio dell’emergenza sanitaria, si è messo la mascherina e ha portato con sè il crocifisso della sua parrocchia per andare da solo nelle vie deserte del suo paese a benedire la popolazione, passando sotto i balconi recitando il rosario per chiedere al Cielo la protezione degli abitanti dal contagio. Come è cambiata la vita spirituale in pandemia?

“Che tutto è grazia. Che la grazia opera nonostante noi e che come direbbe Charles Peguy, la grande empietà dei chierici è aver tolto il primato della grazia! Non è stato facile vivere una Quaresima e la Settimana Santa e la Pasqua senza i sacramenti. Non è stato facile vedere interrompersi il cammino dei gruppi parrocchiali, degli Scout, dell’Azione Cattolica e dei giovani soprattutto. All’inizio è sembrato tutto una battuta d’arresto, ma poi ti rendi conto che il Risorto entra con il suo Spirito, quando il Cenacolo è sbarrato ed è a porte chiuse. Non tiro somme che non competono a me, ma nel mio piccolo, ho ricevuto tante testimonianze di persone che hanno riscoperto la Santa Messa, celebrata in streaming, il Rosario in famiglia, la lettura della Bibbia e poi la solidarietà verso i bisognosi. Come comunità abbiamo aiutato e stiamo aiutando molte famiglie in difficoltà e questa corsa di generosità ha toccato molte persone. Proprio oggi un club giovanile appassionato di fantacalcio mi ha chiamato dicendo che, vista la non ripresa del campionato, hanno pensato di devolvere il ricavato del fantacalcio per la caritas parrocchiale. È una cosa da nulla, qualcuno può dire, ma mi sono sembrati quei cinque pani e due pesci che ha il ragazzo nel vangelo e che permette il miracolo della moltiplicazione dei pani. Non so di preciso cosa sia cambiato. Abbiamo vissuto, la realtà ci ha provocato, il cuore ha risposto e le risposte del cuore sono quelle che cambiano il mondo, innestano i processi. Ritengo sia stato un tempo di semina e non di abbandono! Ma, il Signore agisce sempre e ha agito tanto! Ed è una confessione di fede dopo questi mesi”.Ora, dopo due mesi, nessun abitante del comune è positivo al coronavirus e la gente del paese continua a pregare. Potrebbe contestualizzare questa situazione nel clima di devozione mariana che lega il suo comune a Fatima?

“L’8 marzo abbiamo fatto un voto alla Madonna come comunità per gli abitanti di Soveria e per i figli di Soveria che sono in Lombardia, Piemonte, Gran Bretagna, Australia. Ovviamente il significato del voto non è innestare un pagano commercio di doni. Tu Madonna fai questo e noi faremo quest’altro. Il significato della preghiera infatti era questo: sappiamo che sei nostra Madre, che ci sei vicina e non possiamo fare altro che rivolgerci a te. Noi da parte nostra vivremo nella memoria fiduciosa e sempre grata di quanto accade e accadrà. Ad oggi così è stato. Figli di questa città in regione e fuori regione e fuori Italia non hanno contratto il covid19 e siamo grati al Signore. È vero che ogni giorno qui si è pregato, spinti e guidati dal nostro vescovo Giuseppe Schillaci, per i contagiati, i defunti, le famiglie e il personale sanitario. Abbiamo pregato e vissuto questa supplica alla Vergine, coinvolti e non distaccati, cercando di fare nostre le angosce e i dolori di chi ha sofferto e soffre. Mai, come in questo tempo, le vicende di altre terre sono state irrinunciabilmente le nostre! Soveria Mannelli ha una devozione mariana molto particolare. Nella storia ogni forma particolare di titolo mariano ha trovato accoglienza qui. Dalla Madonna della Purità, di matrice teatina, all’annunciazione, alla Vergine del Rosario, della Salute, degli Abbandonati, all’Addolorata, alla Vergine di Lourdes, al Rosario di Pompei. Ogni secolo ha lasciato memoria e una traccia mariana”.Come si intreccia la devozione mariana con la pastorale?

“Il legame con Fatima nasce quando, volendo ultimare i lavori di una chiesa che duravano da 14 anni, appena arrivato nel 2017, centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, la comunità si dà da fare per ultimare la Chiesa che ora è Santuario Diocesano. Questo legame con Fatima, mistero mariano che ha attraversato la storia del XX secolo come forse nessuna delle apparizioni della Vergine, appare quando chiedo al Cardinale Marto, Vescovo di Fatima, una copia autentica della Madonna e una sua lettera con cui ci lega spiritualmente alla basilica. Sua Eminenza risponde favorevolmente – e la cosa già mi appare come un miracolo, perché ero certo del diniego – così il 25 aprile 2018 Papa Francesco ha benedetto e incoronato l’immagine della Madonna di Fatima, in piazza san Pietro. Il 13 maggio 2018, davanti a migliaia di persone, la Vergine portata a spalla dai carabinieri entra in città e inizia una storia che sa di presenza piena di tenerezza”.