Kabul indietro tutta. L’Afghanistan, rileva l’Ispi, sta completando il suo regresso all’oscurantismo. Dopo aver ripristinato l’obbligo ad indossare il burqa, aver chiuso le scuole di ogni forma e grado e precluso alle donne tutti gli spazi pubblici e di lavoro, Kabul ha introdotto nuovamente la lapidazione delle adultere. Il leader supremo Hibatullah Akhundzada è intervenuto alla televisione di stato dalla roccaforte talebana di Kandahar. E ha sintetizzato così il punto di vista del governo: “Qualcuno potrebbe definirla una violazione dei diritti delle donne, quando le lapidiamo o le fustighiamo pubblicamente per aver commesso adulterio. Perché ciò è in conflitto con i loro principi democratici. Ma io rappresento Allah, e loro rappresentano Satana”. Il leader supremo del regime più illiberale al mondo, aggiunge l’Ispi, difende la decisione che sancisce, una volta per tutte, il ritorno all’apartheid di genere. E smantella ogni residuo diritto e protezione per 14 milioni di donne e ragazze. Così è iniziato un nuovo capitolo di punizioni private e le donne afghane stanno sperimentando la profonda solitudine, osserva Safia Arefi. Avvocato e capo dell’organizzazione afghana per i diritti umani Women’s Window of Hope. “Nessuno è più al loro fianco per salvarle dalle punizioni dei talebani. La comunità internazionale ha scelto di rimanere in silenzio di fronte a queste violazioni dei diritti delle donne”, aggiunge.
Intanto il governo “de facto” dell’Afghanistan, controllato dai talebani, ha reciso i legami consolari con la maggior parte delle ambasciate afghane nei paesi occidentali i cui diplomatici erano rimasti fedeli all’ex amministrazione sostenuta dall’estero. La presa del potere da parte dei talebani nell’agosto 2021 ha lasciato i diplomatici che lavoravano nelle missioni estere dell’Afghanistan nel limbo. Erano al servizio del governo caduto nel caos creato dal ritiro delle truppe Usa e degli alleati. Nessun paese ha ancora formalmente riconosciuto il governo talebano. Negli ultimi tre anni, però, le autorità di Kabul hanno nominato ambasciatori talebani in alcune ambasciate vicine. Ora il ministero degli esteri afghano ha affermato che “non ha alcuna responsabilità” per le credenziali. Inclusi passaporti e visti, rilasciati da missioni non in linea con i nuovi governanti di Kabul. Fra le ambasciate “incriminate” ci sono anche quelle in Italia, Regno Unito e Germania. Ma anche in Belgio, Svizzera, Austria, Francia, Grecia, Polonia, Svezia, Norvegia, Canada e Australia. “Il ministero degli Affari Esteri ha ripetutamente sollecitato le missioni politiche e consolari afghane nei paesi europei a giurare fedeltà a Kabul”, si legge in una dichiarazione. “Purtroppo, le azioni della maggior parte delle missioni vengono svolte in modo arbitrario. Senza coordinamento e in esplicita violazione dei principi accettati”, secondo i talebani.
Gli afghani che vivono all’estero dovrebbero, raccomanda il ministero, rivolgersi alle missioni diplomatiche affiliate all’autoproclamato Emirato Islamico dell’Afghanistan, il nome che i talebani hanno dato al loro regime: per ora si trovano in Pakistan, Cina e Russia. Ora le altre rappresentanze rischiano di ritrovarsi senza fondi per le attività consolari. “Ho avuto molti problemi in Afghanistan. E ho deciso di partire. Mi ci sono voluti sei mesi per arrivare in Germania via terra, con qualsiasi mezzo, camminando, facendomi trasportare. È già una vittoria solo essere qui a gareggiare, anche senza vincere. Sono davvero felice di far parte della squadra olimpica dei rifugiati”, ha detto il judoka afghano Sibghatullah Arab. Dopo essere stato eliminato al primo turno dal bronzo olimpico Casse nella categoria -81kg. “È stato un combattimento duro, lui è molto bravo. Ha una medaglia olimpica ma sono molto felice perché ho guadagnato un punto”, spiega Arab, che raccontando del sostegno ricevuto dalla famiglia ha così precisato: “La mia famiglia e i miei amici in Afghanistan mi hanno detto: ‘Niente stress, solo combattere’, ma ora non sono riuscito a combattere così bene. Ma sono pronto per il prossimo incontro, posso fare meglio. È molto importante che noi possiamo competere qui, sia uomini che donne, provenienti dall’Afghanistan“.
La situazione è aggravata a Kabul dagli eventi climatici estremi. L’Unicef è allarmato per le notizie di bambini e giovani colpiti da piogge torrenziali, alluvioni improvvise e frane che hanno flagellato Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal e Pakistan. “Le nostre condoglianze vanno ai bambini e alle famiglie che hanno perso i propri cari a causa di eventi metereologici estremi in Asia del Sud. Siamo profondamente preoccupati per il benessere la sicurezza di oltre 6 milioni di bambini e le loro famiglie in questi paesi, che hanno perso le proprie case o sono stati sfollati. E lottano per sopravvivere”, afferma Sanjay Wijesekera, direttore regionale Unicef per l’Asia Meridionale. “Le alluvioni rappresentano un rischio per la salute dei bambini che va oltre la morte e le lesioni. Compromettono le forniture di acqua sicura. Questo aumenta il rischio di malattie e diarrea e, se non trattate, possono portare a disidratazione e malnutrizione tra i bambini”, prosegue. In Afghanistan, l’ultima alluvione lampo nella regione orientale ha causato 58 vittime e ha colpito più di 1.900 famiglie. Già decine di migliaia di bambini sono stati colpiti da molteplici alluvioni improvvise che hanno spazzato via le province settentrionali di Baghlan e Badakshan e la provincia occidentale di Ghor a giugno. Le forti piogge e inondazioni in Pakistan hanno ucciso almeno 124 persone, fra cui 74 bambini da aprile. Le piogge monsoniche che stanno colpendo il paese mettono le vite e la salute dei bambini a rischio. L’Unicef sta lavorando con il governo e i partner per predisporre misure di preparazione.
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